venerdì 3 luglio 2020

Ancora sul Mito Gnostico

di Filippo Goti



La manifestazione eonica è un costrutto, un immaginario utile a raffigurare una moltitudine di psichismi atti a spiegare cosa è l'uomo e quale dovrebbe essere il suo tendere oltre la natura e il tempo.
Il degradare degli Eoni, la rottura della divina sizigia (la coppia maschile/femminile eonica), altro non è che l’idealizzazione simbolica, perla in un racconto mitologico, atta a rappresentare il passaggio da un mondo di pienezza e realtà, ad un mondo di frammentazione ed irrealtà.

Il problema che si trova innanzi un lettore moderno dello gnosticismo, è relato all’evidenza che oggi siamo abituati a comunicare in forma enunciativa; la parola ha perso completamente ogni valore simbolico ed evocativo, risultando incapace di stimolare l'immaginazione del lettore.
La nostra lente di lettura è piatta e povera, e difficilmente comprendiamo che in epoche ed ambiti diversi dai nostri la comunicazione poteva avvenire in altre forme e modi; anche negli ambienti in cui si pretenderebbe di comunicare in chiave simbolica, si tende, a causa della ridondante verbosità, a confondere il simbolo con il segno, collassando in una ridda infinita di suggestioni e fraintendimenti. L'inadeguatezza dell'uomo contemporaneo, quando si avvicina allo studio del mito gnostico, ha molteplici cause. La prima riguarda la contestualizzazione dell'oggetto trattato. Causata dall'essere completamente digiuno attorno alle forme di comunicazione, il binomio mythos e logos, e alle categorie concettuali in cui si articola la dialettica tradizionale. La seconda è la pretesa che l'interno scibile umano debba essere piegato alle sterili e lamentose inadeguatezze del singolo: ciò si traduce nella presunzione che tutto il cosmo, tutta la creazione e il divino abbiano ad operare per una sua redenzione o per fornire spiegazione e soluzione ai disagi e ai tormenti della sua anima angustiata. La terza è la cieca arroganza di utilizzare le forme e i significanti della "cultura" moderna per "leggere ed interpretare" il fluire dell'Essere nel Divenire. Senza minimamente valutare i gradi di separazione fra il suo punto di osservazione e i tempi e le menti che hanno partorito, in questo caso, una trama mitologica che risale a quasi venti secoli fa.
Senza colmare tale divari, con ampia dose di umiltà e pragmatismo, l'uomo moderno si trova a travisare confondendo forma e contenuto, e a proiettare su tali affreschi i patemi, le angosce e i bisogni in cui si dibatte come individuo, oramai divelto da ogni insegnamento tradizionale e immerso in un flusso caotico di informazioni parziali ed illusorie. Rimanendo, in definitivo, prigioniero di se stesso

Gli antichi gnostici elessero a mezzo espressivo la forma mitologica, essi comunicavano attraverso immagini, cercando in tal modo di conseguire vari obiettivi:

Il primo permetteva loro di veicolare un maggior numero di informazioni; prendiamo ad esempio l'immagine di una rosa, essa per sua stessa natura solletica i sensi, e attraverso i sensi la nostra capacità associativa. Quindi con una sola immagine vengono richiamati colore, forma, composizione, periodo dell'anno di fioritura, ed una serie di sensazioni collegate ad ognuno di questi elementi.

Il secondo offriva uno scrigno simbolico a chi aveva la giusta chiave interpretativa; gli ambienti iniziatici hanno spesso elaborato una sorta di linguaggio riservato che non si fondava su di una semplice crittografia del segno, ma bensì di una crittografia del senso. Pensiamo all'ermetismo dei testi alchemici, che pongono in profondo imbarazzo gli stessi studiosi di simbolismo o di alchimia moderna; così gli gnostici attraverso parole e frasi di apparente significato lineare, offrivano diversi livelli di lettura ai propri fratelli.

Il terzo poneva a disposizione all'interno della comunità elementi simbolici, onirici, atavici, archetipali su cui lavorare tramite una progressione associativa del profondo; una sorta di estasi filosofica tramite la costruzione del pensiero ed il suo radicarsi in immagini, con cui sprofondare lentamente su di un piano profondo e avulso dalle logiche del mondo sensibile.

Per lo gnostico antico niente esisteva tranne il proprio spazio intimo o laboratorio interiore (per chi maggiormente è abituato a tale termine). In tale ottica deve quindi essere trattata la comunicazione gnostica, ossia una serie di miti cosmici, con cui affrescare le membrane psichiche dello gnostico, in modo tale che essi siano il giusto alambicco ove l'anima e lo spirito possano trovare giusta e degna unzione celeste. Non siamo in presenza della sola capacità dell'anima di produrre il mito (mitopoiesi), ma della possibilità attraverso il Mythos, e non del Logos, di andare oltre gli angusti spazi della dimensione e della dialettica filosofica umana.