lunedì 30 marzo 2015

La decorazione del Tempio e la bellezza

di Aurora Distefano




La decorazione del Tempio ha a che fare con la Bellezza e con l’armonia, argomento che va inteso (anche) come armonizzazione degli opposti sulla via di mezzo.
Comprende la scelta di un supporto olfattivo adatto al Grado: “... a prevalente base di incenso puro (tipo olibanum, legato al fuoco) ...”;  le resine vengono variate a seconda dello stato in cui si lavora (razionale, animico-emozionale, spirituale-mentale).  Si comprende appieno l’importanza di questo elemento se si considera che in ebraico la parola reach (odorato, profumo) ha peso semantico 218 come Briah, il mondo della creazione, ed ancor più con l’espressione reach nichoach, profumo gradito, che ha lo stesso peso semantico (300) di Ruach Elohim, lo spirito di Dio.  Proprio quello che aleggiava sulle acque, in principio; lo spirito stesso (essenza) della natura/legge che si manifesta, e che si racchiude nella lettera Shin (=300, lettera che rappresenta il fuoco quale elemento dinamico).

“Ma di soavità di mille odori / vi facea uno incognito e distinto”, scriveva l’Alighieri,  e così mille odori, che si confondono, si accorpano guidando i sensi, fino a poter cogliere (si racconta che un profumo particolare accompagni l’estasi) quello nascosto,  l’unico (ruach elohim), che ad essi sottostà.

Ruach Elohim,  lo spirito che aleggia e può formare (Yatzer=300), o distruggere (pakhar),  oltre ad aprire la mente verso gli aspetti divini del Creatore, Distruttore e Conservatore raggruppati nella Trimurti indiana (Brahama, Shiva e Vishnu),  riporta in evidenzia le fasi dell’Opera (SOLVE/COAGULA), ben simboleggiati dalla Fenice, che risorge dalle proprie ceneri.  Si dice, di essa, che questo passaggio avvenga ogni cinquecento anni, tempo inteso come necessario a passare ad un successivo livello spirituale.

Nel qual tempo ( ? ), il Testimone brilla (sempre acceso) nel Tempio, e per suo tramite si vivificano le luci in ogni Grado, e alla sua luce si vigila affinché non si passi impropriamente tra le Colonne (da una all’altra), una volta che esse siano stabilite nella loro forza.

Sarà consentito solo il movimento guidato dal MdC, che rappresenta in tal modo la capacità di salire e scendere i gradini (cfr. la scala di Giacobbe, rappresentata anche nel Mutus Liber), mantenendosi nello stato interiore adeguato al presente, adatto a non perturbare l’energia del Lavoro. In tale funzione si legge la necessità/capacità di essere “il punto in se stesso”. E in altre tradizioni troviamo un analogo nella meditazione “camminata”, forse uno degli esercizi più vicini all’idea trasmessa dal Vedanta dell’unità di osservato-osservatore-osservazione.

Raggiunto tale stato, ci si muove con “eleganza”, cioè in (un) mo(n)do pieno di Bellezza, possibile con lo svelamento a sé stessi di quella luce che si cerca, che è strumento (“nella luce l’informe si riveste di forma e diventa elemento costruttivo”) e raggiungimento. Non si spegne mai, perchè essa fu.

Tuttavia:  «Ti servono tre testimoni:  il primo testimone è la tua coscienza;  guardati dunque con la tua propria luce.  Il secondo testimone è la coscienza di un altro;  guardati dunque alla luce altrui.  Il terzo testimone è la coscienza dell’essenza di DIO (G.A.D.U.):  guardati dunque [in tale luce, poiché]... vedere l’essenza divina senza veli:  ciò è la vita». (Iqbal, maestro sufi).

Ma se… “per fare un tavolo, ci vuole il legno, per fare il legno, ci vuole l’albero...”, è per tramite delle Luci (Forza-Bellezza-Sapienza) che ci si riporta a quella che brilla nel Sancta Sanctorum,  dentro se stessi,  nel Sé, osservatore imparziale. “Un fuoco sempre vivo si cela in quel Tempio / e Vesta non ha nessuna effigie, come non ne ha neppure il fuoco” (Ovidio, Fasti).