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Uomini, angeli, demoni, dei, negli scritti dei filosofi neoplatonici. Di questo parla il nuovo saggio di Crystal Addey. «Fior di pensatori – da Porfirio a Giamblico e a Proclo – hanno indagato quelli che potremmo chiamare i "quadri intermedi" della grande azienda del cosmo. L'uomo dell'età tardo antica era come ossessionato dalla continuità. Una catena ininterrotta legava cielo e terra, come un passamano, che faceva scendere dall'alto l'influsso superno, e salire dal basso preghiere e suppliche», ha scritto Giulio Busi giusto ieri sul Sole 24 Ore. Una idea che troviamo anche nella Qabalah e in molte società iniziatiche in occidente.
«Più raffinati degli uomini anche se più grossolani e impacciati degli dei, i demoni facevano l'ufficio di traduttori e interpreti. A loro si rivolgeva spesso l'adepto dei misteri, o il sacerdote oracolare, affinché gli dessero ali e impulso per ascendere. Senza questa minuziosa gerarchia dell'invisibile non si capirebbe la stessa teurgia, ovvero il tentativo di imbrigliare le forze cosmiche attraverso l'uso di simboli e la recitazione di formule arcane. Pratiche che il mondo greco-romano non considerava affatto superstiziose o magiche in senso deteriore. La vera filosofia, credevano i neoplatonici, sa ascendere di grado in grado, e, dopo essersi avvalsa dei demoni, si libra fino alle soglie della luce incorruttibile».
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