di Michele Leone
Dai blocchi di partenza studenti, insegnanti, genitori ecc. attendo l’inconfondibile suono della pistola, ops campanella, che segni l’inizio dell’Anno scolastico 2020/2021. Certamente sarà una falsa partenza per le scuole sede di seggio elettorale e probabilmente lo sarà per la confusione che regna sovrana a più livelli e in più luoghi; se alla confusione aggiungiamo la paura avremo un mix esplosivo.
La scuola depauperata della sua funzione d’accesso alla conoscenza diventa il luogo dello scontro per battaglie di potere, demagogia e asservimento delle future generazioni al nulla e all’Internazionale dell’egoismo e della lobotomizzazione di massa.
Su educazione e futuro tornano utili le parole di Marc Augé in risposta alla domanda posta da Filippo la Porta: Esiste secondo te un diritto al futuro, oggi negato dalla società?
A questo proposito occorre fare una riflessione ad ampio respiro. Il sentimento di abbandono che abita i giovani è dovuto innanzitutto al fatto che essi sono stati privato del lavoro. Al di là dell’esclusione lavorativa, ve n’è anche un’altra ancora più consistente, che si traduce nei fallimenti scolastici, in forme di isolamento, nella formazione di bande giovanili. Trovare un rimedio a questa situazione non è semplice.
Sono convinto che l’unica utopia in grado di farsi valere oggi sia quella dell’educazione per tutti. Da questo punto di vista, bisognerebbe attuare una vera e propria rivoluzione. Si tratta davvero di un’utopia, perché se guardiamo i programmi scolastici osserviamo facilmente che la tendenza attuale è opposta: nel migliore dei mondi possibili, l’educazione dovrebbe essere uguale per tutti, e, soprattutto, efficace. È forse solo un ideale, ma possiamo individuare degli errori, seppure piccoli, e suggerire delle modifiche, offrire un orientamento.
Mi concedo qui il piacere di abbozzare alcune linee generali. In primo luogo, non bisogna pensare che la prosperità economica vada di pari passo con lo sviluppo dell’educazione. Vale esattamente il contrario: più l’educazione aumenta, più l’economia funziona. Inoltre, dovremmo invertire anche il rapporto tra scienze fondamentali e scienze applicate. L’essenziale è sapere cosa conosciamo; le applicazioni, poi, si trasformano subito in consumi.
Mi rendo conto del carattere utopico delle mie parole, ma penso che dovremmo fare di tutto per provare a implementare un vero e proprio capovolgimento della nostra mentalità; scardinare, ad esempio, l’idea diffusa secondo la quale le università sono fatte per trovare lavoro. Al contrario, bisognerebbe pensare che il compito dell’università consista nel formare i giovani, nell’istruirli, e non nel trovare loro un impego.
Si tratta certamente di un piano ideale, e nondimeno credo che potrebbe orientare e plasmare in modo benefico le nostre condotte..