giovedì 30 aprile 2020

Che cos’è la Libera Muratoria? Stefano Bisi intervistato da Giuliano Bertelli



Che cos’è la Libera Muratoria? Qual è stato il suo ruolo nel Risorgimento e qual è il suo ruolo oggi? Come ci si sente alla guida di quell’enorme vascello spirituale che è il Grande Oriente d’Italia, la principale istituzione  massonica italiana? Ma soprattutto, che cosa dobbiamo aspettarci dalla nuova era che si profila all’orizzonte dopo la fine dell’emergenza Covid-19? Sono alcune delle domande poste al Gran Maestro Stefano Bis nel corso dell’intervista i realizzata in collegamento telefonico da Giuliano Bertelli per Mgo Visual. Di previsioni, ha detto il Gran Maestro, soffermandosi sul difficile momento che stiamo attraversando, ne sento tutti i giorni e tante. Invidio coloro che hanno certezze su quello che succederà. Bisogna non farsi prendere dalla ricerca delle certezze in una fase di assoluta incertezza come questa. Dobbiamo piuttosto riscoprire e coltivare, è stato il suo invito, l’arte della pazienza, la pazienza attiva, che ci permette di superare i problemi di ogni giorno. Le tornate rituali delle logge sono sospese, ha riferito poi Bisi, soffermandosi a parlare del modo in cui il Grande Oriente sta vivendo questa fase. Ma i fratelli, ha sottolineato, continuano a sentirsi. Usano le nuove tecnologie per restare in contatto.  Molti  si sono impegnati in iniziative solidali e certo la preoccupazione per quello che sarà il futuro di ciascuno è diffusa. C’è preoccupazione, ha proseguito il Gran Maestro, ma vedo anche tanta voglia di fare e continuare il percorso massonico e tutti siamo  nell’attesa che ci dicano che possiamo ricominciare e riprendere la nostra normale attività e nell’attesa dell’appuntamento con la prossima  Gran Loggia, che si terrà l’11, 12 e 13 settembre.

Replicando a Bertelli,  Bisi ha  ripercorso la storia della Massoneria italiana dal Risorgimento alle persecuzioni subite durante il fascismo fino  alla P2 e raccontato di come e quando entrò nel  Grande Oriente, sintetizzando attraverso le parole del fratello Mario Calvino, padre di Italo, gli scopi della Libera Muratoria, che sono soprattutto, ha ricordato, difendere il Libero Pensiero e  operare per il bene dell’Umanità.  La Massoneria, ha anche spiegato il Gran Maestro , non è schiava del tempo, ma opera nel suo solco. E’ per questo che è sempre attuale e continua ad avere appeal. Anche in questi giorni, ha riferito, c’è chi si mette in contatto con noi attraverso il nostro sito perché vorrebbe far parte della nostra Comunione.

FONTE: GOI

Massoneria e Cabala: la lettera vav

di Luca Delli Santi

La Vav è la sesta lettera dell’alfabeto ebraico, il suo valore ghematrico è sei, questo numero ci riporta al libro della Genesi, in ebraico Sefer Bereshit. La parola bereshit è tradotta con “in principio” e può essere letta anche come bara shit, creò il sei, il primo numero citato nella Scrittura, il suo asse portante, è composta da sei lettere, una per ogni giorno della creazione. Il sei è il numero del piano dell’azione, il mondo di assiah, è il numero della percezione fisica dell’esistenza, nella dimensione macrocosmica e nella dimensione microcosmica, come ben rappresenta la stella a sei punte che si traccia incrociando due triangoli equilateri con i vertici posti in senso opposto l’uno rispetto l’atro, verso il basso, il microcosmo,  l’umano, verso l’alto, il macrocosmo, il divino.
Il Sigillo di Salomone è un simbolo ben noto in tutte le culture abramitiche, carico di significati esoterici e magici, intendendo per magia quella pratica che ricerca, attraverso atti e formule, il contatto fra l’essere umano e i mondi spirituali, ma il simbolismo principale è quello di richiamare istantaneamente e visivamente il noto principio che i filosofi ermetici riassumono con il motto: “come in alto così in basso “. Nel tempio massonico, che si ispira all’archetipo del Tempio eretto dal re israelita, il richiamo immediato al Sigillo è l’unione di squadra e compasso, elemento rituale che, in forma diversa secondo il grado in cui si opera, è sempre presente nei lavori muratori. Inoltre nella massoneria azzurra, se le dimensioni del tempio lo consentono, la disposizione dei dignitari di loggia rispetto al Maestro Venerabile forma un Sigillo di Salomone.
La forma della Vav richiama diversi elementi, l’ideogramma originale da cui si è sviluppata rappresentava un gancio, rimane traccia di questo carattere nel simbolismo della lettera che la vede come elemento di mediazione e di unione. La Vav è la terza lettera del Tetragramma YHWH, posta fra i principi maschile e femminile superiori rappresentati dalla Yod e dalla prima Hey e la quarta lettera, la seconda Hey, il mondo fisico e della materia, la sephira Malkut, l’elemento del femminile inferiore, l’emanazione che riceve dalle altre.  Nel Tetragramma la Vav rappresenta l’elemento di connessione fra lo stato dell’essere umano e gli stati dell’essere spirituali superiori, nonché fra tutti i diversi aspetti della creazione.
La Vav all’interno del Tetragramma assume un’altra funzione fondamentale, questa lettera ha infatti la capacità di fare cambiare i tempi verbali dal passato al futuro o dal futuro al passato. 
Il Tetragramma infatti contiene le tre forme del verbo essere: YHWH, HWH, HYH, Egli era, Egli è, Egli sarà. Il nome YHWH ci comunica la realtà eterna dell’essere divino, al di fuori del tempo che esercita la sua influenza nella dimensione della nostra percezione.  La funzione della Vav è trasformare permanentemente il passato in futuro, proiettando la creazione e le creature verso l’Olam ha Ba, il Mondo Futuro nel quale si avvererà la profezia messianica.
Questa lettera esprime inoltre la potenza fecondativa, anticamente la sua forma era considerata una simbologia fallica, è un elemento che genera nascita e vita, sul piano spirituale è il distacco dell’essere dall’elemento originario da cui deriva, nella dimensione umana è il sentimento che si prova nei confronti di qualcuno portato sul piano volitivo e concretizzato nell’agire.
Altri cabalisti hanno ritenuto di trovare la corrispondenza della Vav nel corpo umano con la colonna vertebrale, in effetti la forma ricorda anche quella di una colonna, la tradizione cabalistica narra che vi sono dodici colonne che sostengono tutto l’universo, le cui vibrazioni si esprimono nei dodici segni dello zodiaco, simbolo presente in tutte le culture, come è noto i dodici simboli dello zodiaco sono rappresentati anche nel tempio dei liberi muratori.
Il riempimento della parola Vav ( Vav, Alph, Vav ) ha ghematria tredici, che corrisponde alle parola Echad e Ahavah, unità ed amore che confermano il potere unificante della vibrazione di questa lettera.
La Vav ha anche una simbologia affascinante riguardo l’Albero della Vita, lo Zohar le attribuisce una connessione con la sephira Chesed, il che è comprensibile considerando quanto si è detto sin qui, in altri testi si precisa che essa ha la sua origine in Chesed ma corrisponde a tutto il pilastro centrale dell’Albero, la via regia, che consiste nel porre in equilibrio tutte le forze che promanano dalle emanazioni divine. La ghematria della lettera la pone in relazione, inoltre, con le sei midot, le misure, i sei attributi fondamentali dell’animo umano che hanno corrispondenza con le sei sephirot intermedie dell’Albero della vita: Chesed, Ghevurà, Tiferet, Hod, Netzach e Yesod;  Amore, Forza, Bellezza, Splendore, Vittoria e Fondamento. 
La Vav è anche uno strumento di misura, come il regolo dei liberi muratori, in questo simboleggia la necessità di interrogarci sul nostro percorso di vita e sulla nostra scelta di compiere la ricerca del senso per cui abbiamo chiesto e ricevuto l’iniziazione, un’opportunità, una potenzialità, che dobbiamo sviluppare quotidianamente, misurando, o meglio valutando, dove siamo e la nostra capacità di sviluppo.

lunedì 27 aprile 2020

In libreria con Il Turbante Ottomano si chiude la trilogia bizantina



Il Turbante Ottomano completa la “Trilogia Bizantina” che racconta la vita appassionante di Berengario da Paradyse, allievo di Meister Eckhart. Dopo Il Bimbo e la Quercia, ambientato tra Germania e Francia nel primo ’300 e Nati nella Porpora, che porta il lettore alla Corte degli Imperatori di Bisanzio, l’ultimo capitolo della saga apre lo sguardo a nuovi mondi: il nascente impero ottomano e i primi albori del rinascimento nella Firenze ai primordi del potere dei Medici. Dopo la profonda spiritualità di Meister Eckhart e le meditazioni dei monaci del Monte Athos, il racconto di questo volume fa scoprire il misticismo islamico dei Sufi, completando un viaggio non solo nel tempo e nello spazio ma anche dentro i segreti della nostra anima. La caduta dell’Impero d’Oriente si rivela essere non solo un punto finale ma anche la partenza per la rinascita dei classici che guideranno l’Europa fuori dal medioevo…

venerdì 24 aprile 2020

Il mito gnostico secondo Filippo Goti



Questo libro altro non vuole che presentare alcuni degli innumerevoli miti gnostici e fornirne una chiave di lettura. Ciò al fine di permettere a colui che si avvicina allo gnosticismo di comprenderne il significato profondo, un significato che va ben oltre gli aspetti formali dei suoi stilemi, dell’apparenza dell’immagine e della linearità dell’informazione; questi ultimi elementi sono certamente importanti in chiave comunicativa, ma rappresentano solamente una particola del messaggio gnostico: il quale vuole essere fondamentalmente formativo. Una formazione tesa a fecondare l’anima, in colui che risuona identica armonia interiore, e determinare quella vibrazione atta a mutare il percepito di quanto è reale e di quanto è illusorio, e di tradurlo in nuova linfa vitale..

giovedì 23 aprile 2020

Cabala e Massoneria. La lettera Tzadek

di Luca Delli Santi



La vibrazione della Tzadek è connessa con la capacità trasmutatoria, è quella forza che nell’Atanor dell’alchimista consente di separare lo spesso dal sottile, di liberare lo spirito prigioniero nella materia, è il simbolo dello stato che precede la sublimazione. La trasformazione governata da questa lettera sul piano umano può avvenire in modi diversi: può essere il superamento della vita passando attraverso la morte con la conseguente elevazione ad un superiore livello spirituale, o, preferibilmente, in questa vita consiste in una concatenazione di atti ed intenzioni che permettono il raggiungimento di una consapevolezza che si espande al di là della dimensione individuale. La forza sprigionata da Tzadek coinvolge gruppi di persone, è una luce che diventa punto di riferimento, stella polare per coloro che abbiano la capacità di coglierla.
Il sefer ha Bahir, il libro dell’illuminazione, insegna che la Tzadek è la lettera dello Tzadiq, il giusto. L’archetipo biblico che più si attaglia a questa figura è il patriarca Giuseppe, venduto come schiavo dai fratelli seppe, grazie alla sua sapienza esoterica (era capace di interpretare i sogni), conquistare la fiducia del Faraone divenendo suo consigliere per la gestione delle derrate alimentari, una sorta di superministro dell’economia. Giuseppe, oltre ad essere un profondo conoscitore sia dell’arte esoterica che del sapere essoterico del suo tempo, aveva un perfetto controllo della propria energia sessuale, come dimostra la vicenda della “tentazione” della moglie del faraone. L’episodio non va letto in alcun modo in una chiave moralistica, il declinare l’offerta della donna è funzionale alla conservazione dell’energia sessuale, prezioso potere, veicolo che permette di raggiungere superiori stati dell’essere che non va sprecato in fugace piacere momentaneo. In proverbi del resto è scritto: “ Tzadiq yesod olam”, il giusto è il fondamento del mondo, yesod è la sephira del fondamento connessa con l’energia sessuale e con la prerogativa di trasmettere l’iniziazione.
Questa lettera è simbolo di rettitudine ed umiltà, è la forza che sorregge chi è animato da buoni propositi, l’energia che alimenta l’iniziato nella propria ricerca del frammento di verità che gli appartiene, in una dimensione collettiva è la giustizia di Dio verso il suo popolo, quella addolcita dalla Chesed, dalla grazia, che porta con se il dono della Conoscenza. È connessa con il divino femminile, il divino celato nell’immanenza della creazione.
La forma della lettera è delineata da una Nun ricurva, che si ricollega alla qualità dell’umiltà, sovrastata da una Yod, simbolo della consapevolezza che discende dai mondi superiori; un’altra interpretazione cabalistica propone nella Nun un’allusione all’Arca dell’Alleanza e nella Yod un’allusione a Giuseppe il giusto che è degno di connettersi con i segreti che essa custodisce. La Tzadek è il simbolo del Massone dell’Arco Reale, che ha completato il suo cammino nel deserto, ha incontrato la potenza vivificante del cosmo espressa dalla Shin ed è pronto ad apprendere i più sublimi insegnamenti che l’Arte Reale possa offrire ed a trasmetterli, con umiltà, ai suoi fratelli della Corporazione.
La ghematria di questa lettera è 90 come domen, silenzioso, la condizione indispensabile per ogni lavoro iniziatico, la creazione di quello spazio sacro interiore che consente di raccogliere tutte le proprie forze, eliminando ciò che è superfluo, orientandosi verso lo Spirto nella sua forma più pura, quel centro da cui provengono le nostre emozioni più nobili e le nostre facoltà intellettuali più elevate.
Novanta è anche la ghematria della parola maim, acqua elemento dai molteplici significati, nella dimensione più bassa è il turbine degli istinti meno nobili che spingono alla soddisfazione dei bisogni primari, il caos informe delle pulsioni che si addensano nell’inconscio, ma a livello elevato è la potenza creatrice divina, la sapienza della Torah è acqua, superna coscienza divina che pervade il creato. L’acqua è l’elemento della purificazione e della trasformazione, il mabùl, il diluvio è scomposizione e riaggregazione, la potenza del solve et coagula, la forza vitale del cosmo da cui siamo partiti. La Tzadek è disgregazione e ricomposizione, ma soprattutto unità fra alto e basso.
Novanta è anche il re, il melek il perfetto iniziato che domina le sue passioni inferiori sublimandole in energia che alimenta il suo veicolo, il corpo sottile che si proietta verso i mondi superiori, o meglio verso i mondi interiori. In una dimensione collettiva la prerogativa regale è la coesione nella pluralità, la capacità di una comunità di essere protesa verso i più nobili fini dell’essere umano, non a caso 90 è anche il valore della colonna del tempio di Salomone Jakin, che letteralmente significa stabilità ed i cui valori, che fanno riferimento alla solidarietà universale, ben si incardinano nell’Istituzione della Libera Muratoria.

martedì 21 aprile 2020

Sulle orme di Geminiani, violinista e primo italiano iniziato in Massoneria



Tra i tanti grandi liberi muratori e celebri musicisti, un posto di primo piano merita sicuramente Francesco Xaverio Geminiani, compositore ed eccelso violinista nato a Lucca nel 1687 e morto a Dublino nel 1762. Non solo per il suo straordinario talento, ma anche è stato in assoluto il primo italiano ad essere iniziato in Massoneria, nella loggia The Apple Three poi divenuta Queen’s Head. Evento che ebbe luogo il primo febbraio 1725. Vero virtuoso contribuì a far conoscere all’estero la tecnica di Arcangelo Corelli, il massimo autore barocco di sonate e concerti e di Alessandro Scarlatti, compositore di opere, cantate e musiche strumentali. A Londra per il modo appassionato delle sue esecuzioni era chiamato “il furibondo Geminiani”. Dal 1733 si trasferì a Dublino. Ci ha lasciato un importante trattato The Art of playing on the violin stampato a Londra nel 1751. Geminiani ritornò in Italia, a Napoli, assieme al fratello Giorgio Olivares per erigere la Loggia De la Perfetta Unione su mandato del Gran Maestro Lord Coreleine. Questa Loggia fu in non solo la prima Loggia napoletana ma anche la prima loggia italiana di cui si abbia notizia. Vi fecero parte tra gli altri Raimondo di Di Sangro, Principe di San Severo.

In piazza Guidiccioni a Lucca il 18 ottobre 2017 con il contributo del Grande Oriente d’Italia gli è stata dedicata una statua, voluta dall’officina che porta il suo nome. L’opera, in marmo bianco, è dell’artista Maurizio Lunardi, che ha fatto dono al Goi del bozzetto..

FONTE: GOI

lunedì 20 aprile 2020

Meuccio Ruini e la Massoneria



In attesa di festeggiare i 150 anni dalla presa di Porta Pia e di riprendere le celebrazioni di un secolo e mezzo di Roma capitale, aperte ufficialmente dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 3 febbraio scorso prima di precipitare nell’emergenza Covid 19, può farci compagnia e aiutarci a immergerci nel clima fervido che portò alla nascita della nostra nazione un libro davvero prezioso: «Pensatori e politici del Prerisorgimento e Risorgimento d’Italia», del massone e giurista Meuccio Ruini, nato a Reggio nell’Emilia, la città del Tricolore, il  14 dicembre 1877 e spentosi a Roma il 6 marzo 1970, iniziato a Roma nel Grande Oriente nel 1901. Figura straordinaria di intellettuale, Ruini fu testimone diretto di epocali cambiamenti, dalla crisi dello stato liberale ai  due conflitti mondiali alla Resistenza e alla nascita dello stato repubblicano, partecipò  alla prima Guerra Mondiale, dove si conquistò una medaglia d’argento, e intensa fu la sua attività politica: si oppose all’avanzata del  fascismo, partecipò alla lotta clandestina al regime, alla Resistenza,  fece parte della Consulta Nazionale, fu presidente del Consiglio di Stato prima e dopo la seconda guerra mondiale, presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, senatore e poi senatore a vita. Ma il suo nome è soprattutto legato alla nascita della Repubblica italiana. Ruini fu infatti chiamato a presiedere la Commissione dei 75, istituita in seno all’Assemblea Costituente, il 15 luglio del 1946 con il compito di redigere la nostra Costituzione. Il volume è una raccolta di saggi, scritti tra il 1928 e il 1943, durante quello che Ruini chiamò il suo “esilio in patria”. Il filo comune che lega i protagonisti di questa antologia risorgimentale è quello, come si legge nella prefazione a firma di Rosario Altieri, che compone in un “tessuto storico” il pensiero e l’azione di coloro che dal ‘700 in poi hanno sperato e operato per l’unità d’Italia. E non solo, perché, nelle menti illuminate, anche l’Europa era già presente. Alcuni scritti sono completi, altri paiono incompiuti, “ma ciò nonostante rimangono come segno tangibile di una memoria storica che non può e non deve disperdersi”. L’introduzione è di Marieli Ruini, nipote del grande giurista.

FONTE: GOI

In ricordo di Angelo Raffaele Lacerenza, Repubblicano e Massone


di Antonino Zarcone

Il 19 aprile 1811 a Barletta (BT), nasce Angelo Raffaele Lacerenza. Volontario nel reggimento di fanteria “Regina” borbonico nel 1831, animato da idee democratiche, si avvicina alla carboneria ed alle idee di Mazzini, per cui viene arrestato con l’accusa di cospirazione. Liberato, lascia il Regno e si reca in esilio a Corfù, poi a Smirne dove aderisce alla Giovine Italia, quindi a Costantinopoli, in Egitto, a Bombay ed a Madras dove esercita la professione di medico. Nel 1848, incaricato da Mazzini di sostenere la rivoluzione in Francia ed in Italia, si stabilisce a Firenze, da dove diffonde a proprie spese in tutta Italia seimila copie del “Decreto di grazie ed onori” concessi dal governo di Montevideo ai legionari italiani comandati da Garibaldi nella Guerra dei Farrapos. Dopo una sosta a Napoli, per convincere il Re a concedere la Costituzione, torna a Barletta, dove costituisce la Guardia Civica, subendo ancora l’arresto per organizzazione di bande armate. Liberato continua il suo impegno per promuovere le idee repubblicane. Nel 1860, formato un reparto di volontari, si unisce a Garibaldi e partecipa alla Spedizione dei Mille alle dipendenze di Bixio. Inviato nel continente per fomentare la rivolta e preparare lo sbarco di Garibaldi, a Foggia organizza il battaglione Volontari “Cacciatori dell’Ofanto”. Promosso maggiore da Garibaldi nel 1860, viene ammesso nell’Esercito italiano con il grado di capitano ed assegnato al 47° fanteria con cui partecipa alla guerra del 1866. Massone, accusato di diffondere le idee repubblicane nell’esercito, lascia il servizio nel 1871 e si trasferisce a Milano poi a Napoli, dove organizza e presiede la Società dei reduci garibaldini. Astensionista convinto, rifiuta la candidatura al Parlamento per fedeltà alle sue idee repubblicane. Muore a Napoli il 29 dicembre 1889.

venerdì 17 aprile 2020

In pietra mutata ogni voce. Letteratura italiana e Massoneria



In libreria prossimamente il nuovo libro di Marco Rocchi. Otto letterati italiani, accomunati dalla loro iniziazione massonica. Un’appartenenza solitamente neppure accennata nei manuali scolastici, sebbene la dimensione iniziatica permei le loro opere, a volte dichiaratamente ed altre in maniera più occulta.
Il titolo è tratto da un verso di Salvatore Quasimodo: la voce dei poeti diventa la pietra dei liberi muratori, attorno alla quale orbita tutto il simbolismo massonico.

giovedì 16 aprile 2020

Massoneria e Cabala. La lettera Hey, l'espressione

di Luca Delli Santi



La lettera He è composta da una Dalet ed una Yod, l’asta verticale e quella orizzontale della Dalet simboleggiano il mondo fisico, la Yod il mondo spirituale. La He ci comunica così che la separazione fra il mondo fisico e quello dello spirito è legata alle percezioni umane, in effetti tutto è interconnesso.
La He è la materializzazione nel mondo fisico di un principio di natura spirituale, è la lettera dell’espressione e dell’esprimersi, della volontà di rivelare e di rivelarsi, in relazione all’essere umano si usa la metafora dei rivestimenti dell’anima, sono le forme in cui questo concetto puro può esprimersi nel mondo della percezione umana: pensiero, parola, azione, ciascuno di questi rivestimenti è una delle tre linee della He.
La linea orizzontale è il pensiero in uno stato di equilibrio, la linea verticale collegata alla linea orizzontale è la parola che con il suo estendersi verso il basso ci indica una forma meno nobile di quella del pensiero ma comunicabile, grazie alla quale abbiamo la possibilità di interagire ed intessere legami, infine abbiamo l’azione non collegata alle altre linee, questa separazione è un invito a riflettere su quanto troppo spesso l’azione sia separata dagli altri  due elementi e quanto invece sia necessario che essa sia in armonia con la parola e con il pensiero in stato di equilibrio.
In relazione al piano divino la linea staccata rappresenta la manifestazione, l’immanente, è staccata perché connessa con le capacità e con le convinzioni soggettive, condizionate anche dall’influenza  del contesto sociale e culturale, che determinano la percezione del divino e di come esso si manifesti nella creazione, la linea verticale attaccata a quella superiore è il divino trascendente, avvolge la creazione e le creature, discende nei piani della manifestazione ma ci è precluso coglierlo con gli strumenti  della dimensione sensoriale e del conoscibile sul piano empirico. La terza linea orizzontale superiore rappresenta l’Essenza Divina, al di là di ogni realtà fisica e spirituale, da cui tutto proviene ed in cui tutto è Uno, può essere percepita attraverso l’unificazione di Comprensione e Sapienza, due delle tre sephirot superne dell’Albero della Vita, la linea orizzontale superiore simboleggia un ponte che connette queste due emanazioni.
La He compare due volte nel Tetragramma, il nome ineffabile, rappresenta l’elemento divino femminile. Il divino maschile è simbolo di quanto rivelato espressamente nella Torah, il divino femminile è simbolo di quanto celato, è l’elemento che va ricercato, svelato, è connesso con il  Sod ( segreto )della bibbia, il livello di lettura più esoterico degli insegnamenti delle sacre scritture. La prima He è il femminile divino superno, determinante nel generare la Creazione a cui da indirizzo e forma, la seconda He è il femminile inferiore, elemento esclusivamente ricettivo, connesso con la sephira Malkut e con il mondo di Assiah, azione, l’ultimo dei quattro balzi, quello in cui la manifestazione prende forma dando vita al mondo fisico così come lo conosciamo.
L’origine della parola He è incerta, si ritiene sia connessa con l’antico ideogramma utilizzato per descrivere la finestra, il che è coerente con quanto esprime la forma, una connessione fra i mondi, si tratta infatti della finestra attraverso cui l’anima si manifesta nel mondo prendendo forma nel corpo umano. Il suono della He è una semplice esalazione d’aria senza alcun movimento della lingua o della bocca, è un’immagine della Parola creatrice del mondo. In genesi la He è scritta più piccola delle altre lettere nell’espressione “Behibaram”, che si trova nel quarto versetto del secondo capitolo: “Queste sono le origini dei cieli e della terra nella loro creazione  (behibaram)”. La lettera è scritta più piccola, secondo la lettura che ne danno molti cabalisti, perché la creazione per l’Eterno non fu un grande sforzo, fu come “ se pronunciasse una He”. Questa lettura esegetica vuole trasmettere l’insegnamento che i cieli e la terra, il creato, per quanto possano sembrare vasti e di fondamentale importanza dal punto di vista dell’essere umano sono solo una piccola parte della realtà divina.
La ghematria della lettera è il numero cinque, come i cinque libri del Pentateuco di Mosè ed i cinque gradini dell’anima della cabala lurianica, dal più basso al più elevato sono: nefesh, ruach, neshamah, chaya, yechidah.
Il cinque è l’essere umano incarnato nella dimensione materiale, il microcosmo che si relaziona al macrocosmo, si tratta delle conoscenze che vengono trasmesse al libero muratore apprendista quando viene elevato al grado di Compagno d’Arte, quando di fronte alla stella a cinque punte viene chiamato alla sua missione di ricercatore del senso, della gnosis rappresentata dalla lettera G che si illumina insieme alla stella fiammeggiante. La forma, la ghematria, la vibrazione della He custodiscono gli insegnamenti sapienziali che i liberi muratori ricevono nel grado di Compagno d’Arte e a cui dovranno saper attingere nel lavoro di M.M.

mercoledì 15 aprile 2020

In ricordo di Luigi Mascherpa

di Antonino Zarcone



15 aprile 1893, Genova, nasce Luigi Mascherpa. Ufficiale di Marina, partecipa alla Grande Guerra come pilota di idrovolanti guadagnando la medaglia d'argento al valor militare. Iniziato alla Massoneria in una Loggia della Gran Loggia d'Italia nel 1922, in seguito è imbarcato sull'incrociatore San Giorgio, nel 1926 comanda il battaglione San Marco, nel 1931 è sottocapo di stato maggiore del Comando Marina di Pola, nel 1936 assume il comando in 2ª del Deposito C.R.E.M. di Taranto, e con il grado di contrammiraglio, dal 1942, comanda la piazzaforte di Leros e delle isole vicine. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 rifiuta la resa ai tedeschi e conduce la resistenza italiana fino al 16 novembre 1943. Catturato dai tedeschi, che uccidono gli ufficiali e parte dei soldati italiani che avevano partecipato alla resistenza, viene trasferito in Germania quindi consegnato al Governo della Repubblica Sociale italiana e rinchiuso nel carcere degli Scalzi di Verona poi in quello di San Francesco di Parma. Durante la detenzione rifiuta di fuggire nonostante l'opportunità fornita da un bombardamento alleato che colpisce il carcere e l'assalto dei partigiani per liberare i detenuti politici. Processato dal Tribunale Speciale di Parma il 22 maggio 1944, nel cosiddetto Processo degli ammiragli, dopo un processo condizionato da un clima di forte intimidazione, viene condannato a morte "per alto tradimento", ovvero non essersi arreso ai tedeschi. Muore fucilato nel poligono di tiro di Parma il 24 maggio 1944. Viene insignito della medaglia d'oro al valore militare alla memoria.

Motivazione delle decorazioni:

Medaglia d'argento al valor militare
«Aiutante di bandiera e ufficiale di rotta della divisione, con intelligenza e solerzia coadiuvava il suo ammiraglio nella preparazione ed istruzione di una importante missione di guerra. Durante l'esecuzione di essa e sotto il fuoco nemico in modo intelligente ed encomiabile esplicava ogni incarico a lui affidato, mostrando animo sereno e grande spirito di abnegazione — Durazzo, 2 ottobre 1918»

Medaglia d'oro al valor militare alla memoria
«Ufficiale Ammiraglio di eccezionali doti morali e militari, assumeva, in circostanze estremamente difficili, il comando di un'importante base navale nell'Egeo. Attaccato da schiaccianti forze aeree e navali tedesche, manteneva salda, in oltre cinquanta giorni di durissima e sanguinosa lotta, la compagine difensiva dell'isola. Dopo una strenua ed epica resistenza protrattasi oltre ogni umana possibilità, ormai privo di munizioni e con gli effettivi decimati, era costretto a desistere dalla lotta. Catturato dal nemico e condannato a morte da un tribunale di parte asservito ai tedeschi, coronava fieramente col sacrificio della vita una esistenza nobilmente spesa al servizio della Patria — Zona di operazioni, settembre 1943 - maggio 1944».

Igne Natura Renovatur Integra: il segreto dei Philosophi per ignem?

di Michele Leone



La cattività forzata mi tiene lontano da buona parte della mia biblioteca, dai libri che mi servirebbero per le ricerche che debbo concludere, ma, questa lontananza è una opportunità per portare le indagini verso nuove direzioni e riflette.

Così è accaduto oggi, avevo in animo di pubblicare un post, i materiali irraggiungibili, perché il cibo dell’anima in questo nostro mondo non è considerato un bene primario e necessario, così ho iniziato di buon mattino a scartabellare i miei archivi. Dopo svariati caffè ho ricordato che oggi è Pasqua per Cattolici. Giovedì scorso, forse, i Rosa+Croce si sono incontrati per la loro mistica cena annuale e condiviso il frutto delle loro ricerche. Oggi sulla Croce vuota spiccano quattro lettere I.N.R.I., oltre al significato che chiunque abbia fatto catechismo conosce, a queste quattro lettere, a questo acronimo nel corso dei secoli sono state date diverse interpretazioni, la più conosciuta è: Igne Natura Renovatur Integra.

Oggi più che mai deve essere festa se è vero che Igne Natura Renovatur Integra (la Natura è rinnovata integralmente nel Fuoco). Non solo quel fuoco che è entrato a fecondare l’umida e oscura terra nel giorno del Solstizio di Inverno e che ritroveremo nel Leone in estate, ma soprattutto il fuoco della conoscenza, della purificazione e dell’evoluzione.

A questo fuoco guardavano i Magi, a questo fuoco nei millenni hanno dato credito i ricercatori della conoscenza ed ancora oggi per molti iniziati non vi è che la Via del Fuoco.

Tra il finire dell’età di mezzo ed il principiare dell’età moderna sembra essersi sviluppata e diffusa in quasi tutte le terre del continente europeo la setta dei Philosophi per ignem. Per alcuni, questi filosofi di/del fuoco erano gli alchimisti, per altri erano dei seguaci di Paracelso.

Questi Philosophi per ignem se erano alchimisti erano probabilmente gli eredi della filosofia presocratica di Eraclito, i figli di Ermete Trismegisto, i genitori dei mitici Rosa+Croce e progenitori di tutti i moderni iniziati che nel fuoco, – sia esso della carità, sia esso della purificazione, sia esso quello della speranza (guai a chi spegne questa fiamma) – ardono e danzano da secoli.

Di Philosophi per ignem oggi ve ne sono sempre meno, in un circo di arroganti pagliacci, in una terra dove Ignoranza, Fanatismo e bieca Ambizione sembrano dominare incontrastate, la Fiamma del Sacro Fuoco si sta spegnendo ed i Philosophi per ignem sono quasi estinti.

Agrippa che per certo era filosofo naturale e forse membro della setta dei: Philosophi per ignem, ci dice: Le proprietà del fuoco superno sono il calore che feconda tutte le cose e la luce che a tutto da vita.

Più avanti avrò modo di approfondire le varie possibili interpretazioni di I.N.R.I e del simbolismo del fuoco.

Oggi, mi occorre la necessità di essere imperativo: non lasciate spegnere la Fiamma del Mondo, non spegnete la scintilla che è in ogni essere umano, non lasciatevi spegnere.

Cantate e danzate giaculatorie, ma, soprattutto pregate per voi stessi e che la vostra preghiera non sia un asservimento che sia tuono prorompente come il vagito di un neonato, sia figlia di Volontà e non paura.

Nel fuoco sono state forgiate le armi, gli strumenti da costruzione e le anime, fate sì che la vostra anima sia radiosa e porti luce nelle tenebre di questo evo oscuro.

Ardete senza bruciare, rinnovatevi nella natura

       Amore – Coraggio – Scienza.

Online il nuovo numero di YRM@gazine



È online il nuovo numero della rivista YRM@gazine. Nell'editoriale del Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell'Arco Reale, Domenico Bilotta, si ricorda la figura del suo predecessore, Tiziano Busca, grazie a cui il Rito negli ultimi anni è riuscito a crescere e consolidarsi. «Abbiamo navigato, sinora, nella stessa direzione e dobbiamo continuare a farlo, nella consapevolezza che la Massoneria è un lavoro collettivo, che è indispensabile che ciascuno di noi ponga la sua pietra e fornisca il suo contributo, all'insegna di quei valori di eguaglianza, laboriosità ed umiltà, che sono le doti di ogni Maestro del Marchio». «Il Rito di York ha vissuto negli ultimi anni una stagione di luminoso splendore, dove mente e cuore hanno trovato una potentissima sinergia nel lavoro del Sommo Sacerdote Tiziano Busca, che ha saputo unire le diverse anime presenti nelle camere rituali del Rito di York, esaltando il senso iniziatico di un percorso che congiunge il “regno della materia” a quello dello spirito. Un percorso che inevitabilmente trova il suo completamento proprio nell’Ordine Templare, custode e interprete della pregnante sacralità insita in ogni manifestazione materiale», ha aggiunto il Gran Commendatore Massimo Agostini.
Segue una veloce carrellata delle tante iniziative fatte in questo primo anno di nuova vita del Rito: le celebrazioni al Vascello, il convegno a Trieste su Ebraismo e Massoneria con il Rabbino Capo, gli Appendant a Milano lo scorso autunno, l'incontro formativo a Siracusa dedicato al Tempio di Re Salomone, il Convegno a La Spezia sul dialogo interreligioso di due mesi fa e le tante iniziative rituali a Firenze, Torino, Roma, Piombino, Cagliari. Per scaricarlo basta cliccare nella copertina qui a destra.

Nessun esilio è permanente. Considerazioni su Pesach

di Luca Delli Santi



Questa settimana sospendiamo il nostro cammino di esplorazione dei 32 sentieri della Sapienza, e le loro corrispondenze nel simbolismo massonico, per svolgere alcune sintetiche riflessioni sulle festività che ricorrono per buona parte del mondo cristiano e per il mondo ebraico, che celebreranno i riti di Pesach e Pasqua.
La settimana in corso è un vero e proprio portale energetico, agli iniziati viene data la possibilità di connettersi con questa vibrazione e trarne beneficio, soprattutto quest’anno in cui tanto è diffusa l’angoscia e la preoccupazione per la pandemia.
Pesach si celebrerà dalla sera di mercoledì 8 a giovedì 16 aprile, la parola viene tradotta letteralmente come passaggio e sta ad indicare l’uscita degli ebrei dall’Egitto, viene dalla radice  פסח che in ebraico in ebraico indica il balzo.
Il concetto di balzo in cabala è connesso con i processi evolutivi, la Creazione stessa è avvenuta in quattro balzi, in questo caso ci si riferisce al percorso che gli israeliti compirono passando dallo stato di cattività alla liberazione.
La prima condizione per acquisire la libertà fu prendere piena coscienza di averla perduta, da questo punto di vista il ruolo di Mosè, punto di riferimento e guida in tutto il percorso fino al raggiungimento della Terra Promessa, fu determinante. Quindi il messaggio che ci trasmette la cabala, in relazione al balzo di Pesach, è che si può essere schiavi senza averne contezza, è una condizione molto diffusa, presi dalle ansie e dalle angosce della vita profana siamo proiettati in una dimensione di coazione a ripetere di gesti, comportamenti che talvolta soffocano le nostre attitudini, il vortice di tutto ciò ci fa perdere di vista la necessità di incontrare la  nostra autentica essenza, l’essere spirituale che ciascuno di noi custodisce.
L’Egitto, in ebraico Misraim, non è un luogo fisico si tratta di uno stato dell’essere, la radice Misraim è connessa con il concetto di ristrettezza, una ristrettezza spirituale che consiste nel piegare la propria vita al materialismo, in qualsiasi forma questo si esprima. La schiavitù da cui tutti siamo chiamati a uscire con un balzo e ad evolverci è l’assenza di discernimento, l’incapacità di essere liberi dai condizionamenti del mondo esterno, fattori che ci privano della forza e della capacità di esplorare la nostra dimensione interiore e di evocare i “ricordi” della ancestrale memoria perduta, quella che conduce allo stato adamico. Pesach è un simbolo della necessità di intraprendere il cammino verso quella dimensione che la cabala lurianica chiama reintegrazione.
Ebbi il privilegio di conversare con una rabbina ed ella osservò che la mia visione della “Terra Promessa “ biblica era sovrapponibile al Gan Eden, il perduto paradiso terrestre, le risposi che in certo senso aveva colto il mio punto di vista,  rimarcai tuttavia  una sfumatura, la Terra Promessa è lo stato dell’essere in cui si è in  condizione di rievocare lo stato adamitico che, se  raggiunto, si manifesta nel Gan Eden. Pesach è il balzo ciò che ne consegue, incluse le gravi difficoltà incontrate dagli israeliti, è il cammino iniziatico; a Pesach c’è molto da festeggiare, viene conquistata la liberazione dal torpore in cui la vita profana ci immerge che impedisce di vedere le catene che vincolano agli stati più bassi dell’essere.
La Pasqua Cristiana è il superamento di ogni caducità, la morte è vinta, cadono le vesti di pelle che Adamo e la madre dei viventi avevano indossato, la dimensione della materia in cui siamo precipitati,  ci si riveste del corpo di luce, questo è l’insegnamento trasmesso  dal  Vangelo con la vicenda della nascita della morte e della resurrezione del Verbo incarnato, ci viene  indicata la via. Gli antichi padri della Chiesa parlavano della deificazione dell’essere umano, quella Theosis che il Cristo, l’unto, il Messia rappresenta.
Il balzo, la trasformazione, il superamento della condizione caduca e la riscoperta della dimensione eterna dell’essere umano, questo il dono degli antichi insegnamenti che il mondo giudaico-cristiano si accinge a celebrare, ciascuno secondo le proprie tradizioni.
Non mi resta che congedarmi augurando a tutti di vivere al meglio questi giorni con la consapevolezza degli iniziati che consente di superare la paura collettiva in cui l’umanità è precipitata, sapendo dare alle persone che ci sono vicine il dono della speranza, essendo coscienti che nessun esilio è permanente. 

lunedì 6 aprile 2020

I misteri di Eleusi

di Michele Leone



Le mani pure, così come molti altri temi delle iniziazioni antiche si riscontrano a volte senza significative variazioni nelle moderne società segrete o scuole iniziatiche. Vedremo a breve l’importanza del modello di Eleusi per tutta la tradizione esoterica occidentale e soprattutto il suo lascito per quanto riguarda il segreto.

Anche Erodoto tace sui Misteri: E per quel che concerne il rito iniziatico di Demetra, che i greci chiamano Tesmoforie, su di esso mi sia consentito restare in religioso silenzio, tranne per ciò che è consentito dire. Il silenzio sui misteri e l’impossibilità di parlarne ritorna sovente nella letteratura.

Eliade ci racconta parte della cerimonia:

Il primo giorno la festa si svolgeva nell’Eleusinion di Atene, ove il giorno prima erano stati solennemente trasportati da Eleusi gli oggetti sacri (hiera). Il secondo giorno la processione si dirigeva verso il mare. Ogni aspirante all’iniziazione, accompagnato da un tutore, portava con sé un porcellino che lavava nelle onde e sacrificava al ritorno ad Atene. Il giorno successivo, alla presenza dei rappresentanti del popolo ateniese e delle altre città, l’arconte basileus e la sua sposa eseguivano il grande sacrificio. Il quinto giorno segnava il momento culminante delle cerimonie pubbliche. Un’enorme processione partiva all’alba da Atene. I neofiti, i loro tutori e numerosi Ateniesi accompagnavano le sacerdotesse che riportavano ad Eleusi gli hiera. Verso la fine del pomeriggio la processione attraversava un ponte sul Kephisios e là uomini mascherati lanciavano insulti contro i cittadini più importanti. Al calare della sera, con torce accese, i pellegrini entravano nel cortile esterno del santuario. Una parte della notte era dedicata alle danze e ai canti in onore delle dee. Il giorno successivo gli aspiranti all’iniziazione digiunavano ed offrivano sacrifici; circa i riti segreti (le teletes) possiamo, però, soltanto avanzare alcune ipotesi. Le cerimonie che si svolgevano all’esterno e all’interno del telesterion si riferivano probabilmente al mito delle due dee. Si sa che gli iniziandi, con le torce in mano, imitavano Demetra vagante con fiaccole alla ricerca di Persefone. (Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I, Bur, Milano 20133, pp.321-322).

In un frammento di Porfirio troviamo una interessante descrizione: Nei misteri di Eleusi lo ierofante si veste a immagine del demiurgo, il daduco a immagine del sole e il sacerdote dell’altare a immagine della luna. L’araldo sacro a immagine di Ermes.

I misteri di Eleusi erano depositari di un messaggio segreto o una prospettiva escatologica?

Coniugata con Atene, ma a questa esterna, in ragione anche della ξενία mitologica degli Eumolpidi, Eleusi rappresentava per Atene l’<<alterità>> dove si annullavano le differenze tra cittadini e nello stesso tempo tra gli uomini e gli dèi e dove la città periodicamente si rifondava. Essa era lo spazio <<altro>> e simbolicamente esterno dove si rinnovava la vicenda mitica che aveva portato ad addomesticare la morte rendendola uno strumento di rifondazione periodica della presenza, un modo per conferire senso all’<<essere-nel-mondo>> dell’uomo – non dunque un messaggio segreto come vorrebbe Burkert: <<A noi pare che debba esserci stato un particolare messaggio eleusino, un segreto ma preciso annuncio del superamento della morte>>. Nella prospettiva etnocentrica ateniese il culto eleusino, con il suo messaggio escatologico implicato dall’addomesticamento della morte, assumeva i connotati di un privilegio di cui godeva Atene, dalla quale però era generosamente diffuso tra tutti gli uomini. Ma proprio perché conferiscono senso alla morte i misteri si rivelano una grande metafora della vita, là dove evocano nel mito le nozze e nel rito la gravidanza e il parto, all’interno dell’ottica di un sistema che considera la famiglia elementare il perno attorno a cui ruotano la cultura e la vita associata. (Paolo Scarpi, op. cit. pp.9-10).

Eliade ci ricorda che gli iniziati ai Misteri di Eleusi non formavano una “Chiesa” né un’associazione segreta comparabile ai Misteri dell’età ellenistica (Mircea Eliade, op. cit. p.326). Ma conclude con una riflessione che è importante per viaggio nella storia delle società segrete ed iniziatiche che affrontiamo in queste pagine: In fin dei conti, i Misteri di Eleusi – oltre alla loro parte centrale nella storia della religiosità greca -, hanno dato indirettamente un contributo significativo alla storia della cultura europea: in particolare le interpretazioni del segreto iniziatico. Il prestigio unico di tale segreto finì per fare di Eleusi un simbolo della religiosità pagana. L’incendio del santuario e la soppressione dei Misteri segnano la fine “ufficiale” del paganesimo. Cosa che, d’altronde, non implica la scomparsa del paganesimo, ma il suo occultamento. Il “segreto” di Eleusi continua ad assillare l’immaginazione dei ricercatori. (Mircea Eliade, op. cit. p.328).

Alcune società segrete o scuole iniziatiche in qualche modo sono ancora oggi portatrici di segreti e forse in una qualche maniera anche del segreto di Eleusi. È necessario però, come sempre, separare il grano dal loglio. Per farlo bisogna affrontare la storia delle idee e del genere umano senza pregiudizi, armarsi di una molteplicità di strumenti ed avere pazienza, dedizione e ferrea volontà.

FONTE

domenica 5 aprile 2020

Buona domenica delle Palme




Auguri fratelli Cavalieri,
iniziamo la settimana Santa più strana di questa nostra vita, e per tanti vissuta nel dramma della sofferenza  e della morte. Stiamo vivendo un passaggio che segnerà inevitabilmente, corpo, anima e spirito, un trasmutazione del nostro vivere sociale.
La natura ci ha condotto in un reale  “gabinetto di riflessione” e quando ne usciremo molti di noi vivranno una nuova consapevolezza.
Il terribile momento che stiamo attraversando prelude infatti alla preparazione di una  Pasqua, nell’ esperienza di un passaggio epocale, nella consapevolezza  di un cambiamento,  ad un passaggio, che fu per gli ebrei l’esodo verso la Terra Promessa.
Oggi è la domenica delle palme, e la palma è simbolo di trionfo, regalità; evoca l’immagine della fenice che risorge dalle sue ceneri e dell'albero della vita, simbolo dell'immortalità dell'anima.
La palma è quindi simbolo della rinascita e dell'immortalità.
Nell’antico Egitto assume i simbolo della dea Iside, raffigurata con una palma nella mano, quindi immagine della dea di tutti i tempi, di quella dea Madre Natura che ammonisce l’umanità al cambiamento.
L’augurio non può essere che quello di ritornare in sintonia con la potenza della nostra Des, che ci parla attraverso l’anima, ascoltiamola in silenzio, nel silenzio di questo forzato isolamento, sapendo innanzitutto donare, perché solo donando si potrà ricevere.

Un abbraccio a tutti i Cavalieri 
NNDNN
Massimo Agostini,
Gran Commendatore Cavalieri Templari d'Italia - Rito di York

venerdì 3 aprile 2020

Damasco, ad un passo dall'altare. Pochi passi ancora per Gerusalemme

di Salvatore Sciuto



Ottenuto il Grado spirituale corrispondente a quello di Eccellentissimo Maestro, in virtù della pura aspirazione, col soccorso dell’Eccelso e magistralmente guidati dal Comandante degli Ausiliari (così come al Punto 144 del Rituale), i candidati all’esaltazione del sublime grado di Massone dell’Arco Reale, giungono «ad un passo» dell’Altare, con la benedicente protezione dei Dignitari e degli Ufficiali schierati in semicerchio (1).
Quindi, liberati dalle bende che coprivano i loro occhi, i candidati vengono esortati a prestare giuramento, inginocchiati e con le mani sulla Sacra Bibbia, la Squadra ed il Compasso (Punto 164).
Concluso tale importantissimo adempimento, il quale costituisce propriamente un Patto iniziatico, baciata la Bibbia, su ordine ricevuto, i candidati si alzano.
Dignitari, Ufficiali e Compagni vengono invitati a riprendere il loro posto nel Tempio.
Dopo ulteriori adempimenti rituali relativi alla «Prima preghiera», si giunge alla «Seconda preghiera». Ma prima che essa abbia inizio, il Comandante degli Ausiliari ordina che tutti si inginocchino.
Proferito il verbo relativo al Salmo 143 (Punto 174), il Comandante degli Ausiliari recita quanto vergato nei Salmi 137: 5 (Punto 175).
Rivolto ai candidati: Alzatevi, Fratelli.
« Vedo, ora, davanti a noi la fiorente città di Damasco.
Durante i secoli, essa è passata per molte vicissitudini, guerre e rivoluzioni.
Ma allorché altre città, regni e imperi hanno avuto un destino glorioso, per cadere, poi, in polvere, Damasco, questa venerabile città (2), sopravvive e le guglie delle sue torri s’elevano al cielo (3).
Avviamoci, ora, verso il Meridione.
Alla nostra dritta, vedo le foreste del Libano, dove i nostri antenati abbattevano gli alberi e preparavano il legname per la costruzione del primo Tempio.
La strada è stata dura ed aspra ed il cammino faticoso.
Ma grazie al sostegno e al favore di Io-Sono, la meta è, ormai, vicina.
Rimanete in questa valle (4), io salirò su quell’altura.
Per quanto è vero che sono vivo, ecco la città dei nostri padri.
Se io dimentico, o Gerusalemme, dimentichi la mia destra le sue funzioni » (5).




1) - Perché in tale formazione?
2) - Perché alla città di Damasco viene dato l’attributo di «venerabile»?
3) - Quale il motivo di tale elevatezza?
4) - Per quale ragione viene impartito tale ordine?
5) - Cosa significano tali ultime parole? 



Virus e Messiah

di Fulvio Canetti



Ritengo doveroso fare a tutti noi, una domanda su quanto sta accadendo nel mondo a causa della maghefà (pandemia-flagello) del Corona-virus.
Vorrei fare un raffronto tra la piagha del virus Corona e quella che colpì i primogeniti egiziani, durante la notte della Pasqua ebraica, celebrata da costoro in Egitto. Sta scritto:'' I-o percorrerò il paese d'Egitto in quella notte, percuoterò ogni primogenito….e farò giustizia di tutte le divinità egiziane. I-o sono il Signore.'' (Es 12.12)
Il libro dello Zohar (Kabbalà) indica il motivo per cui D-o Benedetto stesso, agisce contro i primogeniti egiziani, non lasciando agli angeli, l'esecuzione di questo suo ordine. La ragione è che la decima ed ultima piagha, richiedeva una precisa distinzione sull'identità del primogenito e soltanto  D-o era capace di discernere questa differenza.
Il Corona-virus ha un aspetto di sfera puntuggiata ed appare come un sole che sta per esplodere, inondando il mondo di energia. Colpisce maggiormente le persone anziane, per cui il virus fa una distinzione, in linea con lo svecchiamento umano, senza  colpire gli animali (Arca di Noè?). Ma cosa sta accadendo? Con la diffusione planetaria del virus Corona, la nostra società  sembra affondare, come affondò la corazzata del Faraone nelle acque del mar Rosso. Ma in realtà le cose non stanno così perché sotto la spinta del virus, dietro cui si nasconde un obiettivo spirituale, stanno cambiando i rapporti umani. Il flagello vuole ricordarci che la nostra società è diventata materialista (consumismo) e violenta (hamas) come la generazione del diluvio (mabul) «Il Signore vide che la terra era corrotta e che ogni creatura seguiva una via di corruzione». (Gn 6.12)
Il virus Corona vuole dirci che il potere del libero arbitro è nelle nostre mani, per cui possiamo scegliere di sostenerci a vicenda oppure di essere egoisti, pensando solo a noi stessi. Il virus vuole infine insegnarci che è possibile cambiare strada, iniziando un percorso di teshuvà, inteso come un ritorno ad ascoltare la Parola del Signore.
Cambiamenti stanno già avvenendo in Istituzioni, come la Società delle Nazioni (ONU), che ha chiesto un cessate il fuoco generale  ai popoli  per  collaborare, invece di guerreggiare. Le condanne a senso unico, contro lo Stato d'Israele, da parte dell'ONU, sono scemate e cosa dire  della collaborazione tra lo Stato d'Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) per debellare il contagio virale? Tutti questi straordinari avvenimenti sono in linea con l'avvento dei tempi messianici, come il ritorno del popolo ebraico nella sua Terra, dopo un esilio bimillenario.
Quale lettura allora dobbiamo dare a questo prodigioso avvenimento, se non  quello che il male (virus) può portare al bene (messiah) attraverso un percorso di riflessione e di pentimento? Il virus Corona (Keter) chiede all'uomo di ritrovare se stesso nel calore del focolare domestico, dove egli può pregare per rafforzare la propria unità e identità familiare.
Oggi le stazioni di culto  religioso come le Sinagoghe, le Chiese, le Madrasse ecc. sono state tutte costrette a chiudere, pressati dalla spietata violenza del virus. Che significa? Il Signore rifiuta le loro suppliche di facciata, mentre  chiama i suoi ''tementi'' con amore, affinché Egli possa essere  glorificato, nel Tempio in  Gerusalemme, inteso come una   ''Casa di preghiera per tutti i popoli della Terra''. (Isaia 56.7)
Al posto di tante benedizioni spesso ripetitive, dette con la bocca, è nostro dovere iniziare ad operare con il cuore e con le opere alla edificazione del Tabernacolo, come sta scritto: ''Mi costruiranno una Casa ed I-o risiederò in mezzo a voi''. (Es 25.8) Se le Nazioni del mondo,  riuscissero a capire l'importanza del Tempio, come simbolo di fraternità universale, sarebbero esse stesse le prime a volerne la  realizzazione.

giovedì 2 aprile 2020

Massoneria e Cabala. La lettera qof

di Luca Delli Santi



La lettera Qof ha valore ghematrico 100 simbolo della completezza e dell’autonomia del microcosmo, è infatti il compimento della completezza rappresentata dal 10 un valore connesso con le caratteristiche fondamentali di questa lettera, la circolarità e l’ambivalenza di significati che la riguardano; la Qof è l’iniziale della parola ebraica Chadosh, santo ma anche di Caino il primo omicida.
Simbolicamente cento anni è la durata della vita di un’aquila, animale che viene associato alla capacità di ringiovanire, è la terza chaiot della visione di Ezechiele ed ha un legame con la sephira Tiferet, il cuore dell’Albero della Vita, l’armonia per eccellenza, “possa la mia anima rinnovarsi come l’aquila”, salmo 103.
Cento è il valore dell’espressione Lekh Leka il comando ricevuto da Abramo di lasciare la terra natia per raggiungere la terra di Israele, il moto, la spinta che sente nel cuore ogni iniziato è il desiderio di andare oltre lo stato superficiale delle cose per ricercare la propria verità, il senso profondo della propria esistenza. Il nesso con l’iniziazione è anche dato dalla corrispondenza a questa ghematria della parola kelim, recipiente, l’iniziato deve essere un “vaso” capace di contenere la sapienza che la ricerca gli può offrire spendendo al meglio il proprio tempo, la propria esistenza, cento infatti è anche la ghematria di yamim, i giorni, i cicli della natura che si susseguono.
La ghematria della plenitudine del nome Qof è 186 come Maqom luogo, non un luogo in particolare ma ogni luogo, la santità dell’Eterno è in ogni dove e nessun luogo ne è privo, questo ce lo ricorda anche la particolare forma della Qof che ha una gamba che scende più in profondità di qualsiasi altra lettera dell’Aleph- Bet.
La vibrazione della Qof ha la capacità di toccare e nutrire tutto il Creato ed ogni forza in esso esistente persino quelle che comunemente definiamo forze del male, in cabala si parla di Altro Lato, il Sitra Achra forze “vampiriche” prive della capacità di sussistere senza appropriarsi dell’energia altrui, residui di antichi mondi che furono di cui non restano che spoglie vestigie, pur tuttavia con una loro funzione da assolvere. Secondo la cabala lurianica esse custodiscono delle scintille di santità perdute che devono essere ritrovate e riportate alla “luce”, la Qof è l’energia che le sostiene e che permette ai giusti di “scendere e risalire” indenni compiendo la missione.
Qof significa cruna dell’ago, si tratta di una porta stretta alla quale tutti possono accedere ma solo se avranno il discernimento che consente di liberarsi dal superfluo, la Qof rappresenta con un glifo il primo insegnamento che un libero muratore dovrebbe comprendere, quello che viene dato con l’allegoria dei metalli e la necessità di liberarsene, ogni volta che si entra in uno spazio sacro si varca una porta stretta, infatti nella sala dei passi perduti si invitano a fratelli a raccogliersi, quella dovrebbe essere un’opportunità di sgravarsi da tutti gli affanni ed i pesi della vita profana, un alleggerirsi da tutto ciò che è materiale per conquistare una dimensione diversa oltre lo spazio ed oltre il tempo profano.
La porta stretta della Qof è anche il passaggio oltre la vita terrena, l’attraversamento del velo delle apparenze, la distruzione di ogni vana illusione che può catturare l’essere umano in questa dimensione della sua esistenza.
La forma della lettera ricorda una Kaf ed una Vav congiunte il cui valore da 26 il valore del Tetragramma, il nome divino ineffabile ed impronunciabile YHWH, mentre le altre due lettere del nome Qof scritto per esteso, la Vav e la Peh, danno una ghematria di 86 Elohim. Nella Qof vi sono tutti i livelli del progetto della creazione e l’immanenza e la trascendenza divina che questa vibrazione attraversa.
Secondo un’altra scuola essa è composta da una Resh in alto al cui interno si trova una Zain, queste due lettere formano la parola ebraica zar, straniero, alieno, il concetto va inteso come essere estranei al sacro, lontani dal divino, nell’ebraismo religioso è la condizione di commette il peccato di idolatria, in senso più generale è l’ignorare la dimensione spirituale dell’esistenza, precipitando in una condizione di gretta dipendenza dall’effimero. Naturalmente come sempre avviene in cabala, che ha fra i suoi significati letterali la parola parallelo, anche questa combinazione ha ai suoi antipodi una condizione positiva ed auspicabile, la ghematria di Resh e Zain è 207 come la parola Raz, il segreto sublime, inteso come profonda conoscenza esoterica, e Or una delle parole per indicare luce.
Queste ultime considerazioni ci permettono di osservare come in Qof sia contenuta sia la parola kelim che la parola or, recipienti e luci la dialettica che governa la creazione e la vita dei mondi secondo la cabala, nella Qof si incontrano forze diverse, talvolta si scontrano per poi giungere in armonico equilibrio.
Qof è anche l’iniziale della parola Covid in ebraico moderno, il che non può non farci riflettere sull’ambivalenza di questa lettera, caratteristica da cui siamo partiti per descriverla, ci congediamo con l’auspicio che tutta l’umanità possa cogliere la vibrazione ambivalente della Qof, avendo la capacità di trovarsi solidale nell’affrontare la malattia e di maturare cogliendo gli insegnamenti che questa drammatica esperienza collettiva può lasciarci.
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In ricordo di Giuseppe Libertini

di Antonino Zarcone



2 aprile 1823, Lecce, nasce Giuseppe Libertini. Affiliato alla Giovine Italia partecipa ai moti del 1848 ed è tra gli organizzatori del comitato di Terra d'Otranto. Dopo la revoca della Costituzione da parte di Ferdinando II, si reca in esilio a Corfù e poi a Londra, dove collabora con Mazzini. Dopo l'impresa dei Mille si reca a Napoli per collaborare con la dittatura pur rifiutando cariche importanti. Eletto deputato nel 1861, si dimette dopo la Convenzione di settembre del 1866 per protesta contro il Governo della Destra storica per la lentezza con cui affronta il problema della Liberazione di Roma. Massone dal 1864, maestro venerabile della loggia "Mario Pagano" si dedica alla costituzione e alla diffusione della Massoneria in Terra d'Otranto. Dal 1868 entra in contrasto con il prefetto Antonio Winspeare, inviato in provincia proprio per abbattere la sua influenza. Dopo la morte di Mazzini, vive gli ultimi anni da solitario. Muore a Lecce il 28 agosto 1874.

mercoledì 1 aprile 2020

La bolla "Omne datum optimum"

di Mauro Gigantino




Il più grande e prodigioso Ordine Monastico Cavalleresco di tutti i tempi, foriero di un tesoro di valori spirituali che rappresentano un’eredità dell’intero genere umano. Sono queste le prime parole che pervadono la mia mente e danno voce al mio cuore quando penso al “Sublime Ordine del Tempio”. Ho pensato di scrivere queste poche righe per rammentare, prima a me stesso, e poi a tutti i fratelli Cavalieri, la ricorrenza del 29 marzo, una data che rappresenta una pietra miliare nella storia dell’Ordine. Benchè la fondazione dell’Ordine stesso si faccia risalire, con ogni probabilità, al 1120 d.C., è solo il giorno 29 marzo 1135, mediante la Bolla Pontificia “Omne Datum Optimum” rilasciata da Papa Innocenzo II, che i “Poveri Compagni d’armi di Cristo e del Tempio di Re Salomone” (come gli stessi amavano definirsi) assurgono ufficialmente a difensori della Fede Cristiana, in condizione di operare indipendentemente dalla Chiesa Cattolica.
Molti profani ricordano solo due bolle papali riguardanti il Sublime Ordine: “Pastoralis Praeminentiae” del 22 novembre 1307 (con la quale Papa Clemente V ordina l’arresto dei Templari e la confisca dei loro beni) e “Vox in Excelso” del 22 marzo 1312 (mediante la quale lo stesso Pontefice scioglie definitivamente l’Ordine), quasi nessuno ricorda viceversa la bolla oggetto della presente dissertazione.
Il nome del documento deriva dalla Lettera di Giacomo 1. 17 che recita: “Tutto ciò che abbiamo di buono e di perfetto viene dall'alto: è un dono di Dio, creatore delle luci celesti. E Dio non cambia e non produce tenebre”. A quel tempo, i Cavalieri Templari, con il permesso di Baldovino II, re di Gerusalemme, avevano stabilito il loro quartier generale in Terrasanta presso un’ala del palazzo reale, che non era altro che la moschea di al-Aqsa, posta sull’estremità meridionale della spianata delle moschee, mentre lo svolgimento delle funzioni religiose avveniva nella vicina moschea di Omar (detta Cupola della Roccia), trasformata in chiesa cristiana e denominata il “Tempio del Signore”.
Ubbidienti alla Regola dell’Abate Bernardo di Chiaravalle, approvata con il Concilio di Troyes il 13 gennaio 1128, i cavalieri ricevevano, soprattutto in Europa, numerose e cospicue donazioni da parte di nobili e regnanti, che utilizzavano precipuamente per accrescere la forza militare dell’Ordine attraverso il reclutamento degli aspiranti, il loro addestramento ed il reperimento di mezzi logistici (armi, equipaggiamento individuale, animali e vettovaglie) da inviare soprattutto in Terrasanta per sostenere la lotta in difesa dei presidi cristiani dagli infedeli.
Nel 1135 il Gran Sovrano dell’Ordine era Robert de Craon, che succedette a Hugues de Payns, il fondatore dello stesso.


       
Robert era un uomo dalle spiccate capacità organizzative, legislative e di comando, ma anche un abile mediatore, in grado di rivendicare presso il potere ecclesiastico gli indispensabili diritti per consentire a sé ed ai suoi di operare in massima autonomia. Egli fu tuttavia meno fortunato come condottiero: poco dopo la sua elezione, nel 1138 a Shayzar sconfisse inizialmente le milizie di  Zengi, l’Emiro di Aleppo ma lasciò che i propri cavalieri saccheggiassero il campo di battaglia; Zengi ritornò in seguito con una nuova armata sbaragliando i templari oramai disorganizzati.
Innocenzo II (Gregorio Papareschi), latore della Bolla, fu eletto papa a seguito della morte di Onorio II, ad opera del gruppo di Cardinali sostenitori della famiglia Francipane. La fazione opposta, guidata dalla famiglia Pierleoni, non accettò l’elezione e fece eleggere dagli altri Cardinali un componente della propria famiglia, Piero Pierleoni, che assunse il nome di Anacleto II. I due Papi si combatterono aspramente, coinvolgendo diversi sovrani d’Europa, fino alla morte di Anacleto II, da molti considerato un antipapa, avvenuta nel gennaio del 1138. La famiglia Pierleoni, al suo posto elesse il Cardinale Gregorio, che assunse il nome di Vittore IV. Questi, però, accettando le sollecitazioni di Bernardo di Chiaravalle, ad aprile dello stesso anno si dimise, riconoscendo Innocenzo II come legittimo papa.
Il 29 marzo 1139, Papa Innocenzo promulgò appunto la storica bolla papale “Omne Datum Optimum” (in italiano “Ogni dono perfetto”), di notevole importanza giuridica, in quanto la stessa esentava l’Ordine dal pagamento delle tasse e lo rendeva indipendente dalle gerarchie ecclesiastiche, secolari e regolari, compreso il Patriarca di Gerusalemme, restando il Tempio subordinato esclusivamente all’autorità pontificia: “...E poiché i difensori della Chiesa devono vivere ed essere sostenuti con i beni della Chiesa, noi, con ogni mezzo, vietiamo l’esazione delle decime contro la vostra volontà su tutti i beni mobili e immobili e tutto ciò che appartiene alla vostra veneranda casa”.
Ai Templari venne inoltre garantito il diritto di portare una croce rossa sopra l’abito bianco, che identificò presto l’immagine popolare dei templari: “...e per comprovare l’appartenenza alla milizia di Dio, portate assiduamente sul vostro petto il segno della vivificante croce”.
Questa decisione fu presa dalla Chiesa solo dopo aver sancito le condizioni indispensabili per poter entrare nell'ordine; esse erano molto rigide in relazione all’obbiettivo di dimostrare che nell’aspirante cavaliere vi fosse una reale e sincera vocazione.
Questi precetti, oltre a spogliare il candidato di ogni bene materiale, dopo un percorso di vita spirituale di tipo monastico, culminavano con l'entrata nell'Ordine, all’interno del quale occorreva rispettare i voti di povertà, castità ed obbedienza.
Il decreto infatti recita testualmente: “...la vita religiosa che è stata istituita nella vostra casa, ispirata dalla grazia divina, deve essere osservata senza alcuna violazione, ed i fratelli che servono il Signore devono ivi vivere castamente, senza beni personali e, onorando la loro professione con le parole e la morale, sono soggetti e obbedienti in tutto e per tutto al loro maestro e a coloro che egli comanda”.
Il documento pontificio consentiva inoltre ai Cavalieri del Tempio di eleggere propri sacerdoti, in tal modo emerse nella loro comunità una nuova categoria: i fratelli cappellani che avevano il compito di assistere spiritualmente i “milites” (combattenti).
Essi erano inoltre i responsabili delle opere di beneficenza e caritatevoli in generale.
I cappellani non detenevano armi, portavano la tonsura e indossavano un mantello di bigello, una sorta di panno grossolano. Doveva essere presente almeno un cappellano in ogni Commenda. Tutto ciò consentiva ai cavalieri di poter pregare e confessarsi separatamente, senza doversi recare in chiese frequentate anche dalle donne, evitando in tal modo impudiche commistioni.
All’Ordine fu inoltre consentito di costituire oratori in cui tenere i servizi religiosi ed anche per seppellirvi i propri confratelli o gli appartenenti alla comunità degli stessi.


         
Il testo del documento contiene, già nella premessa, una celebrazione della notorietà e della grandezza spirituale dell’Ordine, rammentando le rinunce ed i principi ispiratori dello stesso: “Con sollecitudine, diletti figli nel Signore, lodiamo Dio onnipotente per voi e per conto vostro, giacché il vostro ordine religioso e la vostra veneranda istituzione è conosciuta in tutto il mondo. Anche se, di natura, eravate figli dell’ira e dediti ai piaceri della vita, ora, per grazia ispiratrice, siete diventati attenti ascoltatori del Vangelo, dopo aver rinunciato alla mondana ostentazione e alla proprietà privata, anzi, avendo abbandonato il largo sentiero che conduce verso la morte, umilmente avete scelto la via che conduce alla vita...”, poi continua rimarcando il sentimento di fratellanza che pervade il cuore del cavaliere, difensore della fede cristiana : “...secondo le parole del grande Pastore, non avete paura di porre le vostre anime al servizio dei vostri fratelli e di difenderli dagli attacchi dei pagani”.
Ai Cavalieri era inoltre consentito di disporre in piena autonomia ed interamente del bottino di guerra senza che alcuno potesse reclamarne una parte, tuttavia si stabiliva che la casa o il Tempio in cui dimoravano con tutti i beni e possedimenti in esso contenuti fossero comunque sotto la tutela e la protezione della Sede Apostolica.
Veniva stabilita altresì, per la prima volta, la modalità di successione del Sovrano Maestro: “...Stabiliamo che dopo di te, Roberto, nostro amato figlio nel Signore, o di qualunque tuo successore, non venga accolto in questa casa alcun fratello se non è un militare e persona religiosa, che non abbia interesse per il vostro ordine, né venga eletto da altri se non da tutti i fratelli, o proposto dalla parte migliore e più pura di loro. D’ora in poi a nessun ecclesiastico o laico sia lecito violare o porre limiti all’osservanza della regola e degli statuti approvati dal maestro assieme agli altri fratelli. Quelle stesse consuetudini che osservate da qualche tempo, e che sono state fissate in forma scritta, non possono essere modificate da alcuno se non dal maestro, ed in ogni caso con il consenso della migliore parte del capitolo”.
Con il trascorrere del tempo, tuttavia, i privilegi concessi con la bolla furono spesso messi in discussione e la bolla venne confermata addirittura dodici volte tra il 1154 e 1194.
A tale privilegio fece seguito quello denominato “Milites templi” (promulgato da Papa Celestino II il 9 gennaio 1144). Con il sopra menzionato atto fu imposto al Clero di assicurare protezione e sostegno ai Cavalieri templari, ai fedeli furono promesse speciali indulgenze per le donazioni fatte all’Ordine e ai Cavalieri templari fu concesso di potere effettuare nelle loro chiese, una volta l’anno, questue e raccolte di denaro da destinare alla loro causa.
L’Ordine dei Cavalieri Templari diveniva con tale privilegio l’espressione della volontà di Dio, nonché la parte attiva di quella volontà e così sarebbe stato nel tempo a venire, per sempre.

Bibliografia
1. Sulle tracce dei Templari di Filippo Gammauta 2015
2. Medioevo Templare di Filippo Gammauta 2015
3. I templari e la massoneria di Domenico Lancianese 2007
4. I templari. Un ordine cavalleresco cristiano nel Medioevo di Alain Demurger 2009
5. I cavalieri templari. Storia, segreti, filosofia, spiritualità di Domizio Cipriani 2017
6. I Templari. Storia e segreti del più misterioso Ordine medievale di Bernard Marillier 2013
7. I Templari: la spettacolare ascesa e la drammatica caduta dei cavalieri di Dio di Dan Jones 2018
8. Storia, Misteri e Leggende di Templari e Ordini Cavallereschi di Antonella Zanoncelli 2015
9. I templari di Franco Cardini 2011

Appunti disordinati di tradizioni spirituali

di Michele Leone



Questo è il primo post della serie: Appunti di Trasformazione Spirituale. All’inizio dovevano essere appunti di Alchimia Spirituale, oggi la parola Alchimia genera troppi fraintendimenti ed aspettative. Questa serie di appunti, non hanno ancora una loro organicità esplicita, al momento vengono resi così come sono nati. In futuro probabilmente verranno organizzati in modo migliore. Sono stato tentato di sostituire la parola Spirito con Pneuma, ho evitato questa sostituzione per rendere più fruibile, spero, nell’immediatezza il senso di questi articoli.

Ci sono momenti che creano stupore ed ai quali non si è mai pronti, come non si è mai pronti a tutte le prove iniziatiche. L’essere umano è un grande fruitore di energie, di qualunque tipo e genere. Non solo ne fruisce, ma le trasforma. È la trasformazione ad essere la chiave di volta celata dietro le parole dei Maestri. Parole spesso e volutamente criptiche o giocate su una molteplicità di significati e significanti, quasi a voler sottoporre alla “prova del labirinto” coloro che osano andare incontro ai Misteri; il più grande da sempre è: CONOSCI TE STESSO (e conoscerai gli uomini e gli dei). Trasformare un’energia negativa come il rancore, l’astio, la rabbia, la paura in una energia positiva come l’affetto, la “serenità” o l’Amore, è cosa più facile a dirsi che a farsi. Spesso si leggono intere biblioteche, si riflette lungamente ma senza successo, senza trasformazione alcuna. Ed è giusto che sia così se la lettura e la riflessione sono portatrici di nozionismo o erudizione e non di trasformazione, mutamento. Oltre al volere, sapere, osare, tacere dell’ermetismo c’è dell’altro, queste sono caratteristiche degli Iniziati che hanno già sublimato o perfezionato la loro “umanità”. Il salto nella trasformazione, tolte le doti naturali insite in ognuno, è una vera è propria iniziazione. È parte della iniziazione e del processo di trasformazione. Da non confondersi con una auto iniziazione, ammesso che esista la possibilità di auto iniziarsi (questo è un altro discorso). Un esempio pratico potrebbe essere l’incontrare qualcuno che ha profondamente tradito le aspettative che avevate risposto in lui, che vi abbia ferito nell’essenza spirituale e ad un certo punto scoprire che non solo non siete più arrabbiati, ma che una profonda pietas e/o compassione vi lega a lui e subito dopo scoprite di “Amarlo” e perdonare (che non va inteso come giustificare, ma piuttosto come un rimettere) quanto vi ha fatto o quanto gli avete permesso di fare. Siamo noi in una qualche misura a determinare gli accadimenti della nostra vita e della nostra emotività/spiritualità per esperire quanto di cui abbiamo bisogno e quanto ci può portare ad evolvere. Dopo aver accettato questo nuovo stato di cose, per un’istante potreste percepire il “filo d’argento” che collega il vostro microcosmo al macrocosmo ed avere la netta – folle – sensazione della morte che v’abbraccia e della luce che si emana dagli antri più remoti dell’essere. Questa iniziazione, potrebbe essere una delle fasi di trasformazione all’interno dell’alchimia (trasformazione) spirituale, paragonabile utilizzando un linguaggio alchemico tradizionale al passaggio dalla nigredo all’albedo (potrebbe essere lo stato di Distillazione e Sublimazione). La parte più interessante – probabilmente – è quella della “morte”, perché  ogni iniziazione deve far morire, putrefare, una parte o il tutto per dar corso alle successive evoluzioni e cicli di rinascita con una consapevolezza maggiore ad ogni compimento del ciclo o giro della ruota. Ogni giorno (vedi ad esempio l’attività cellulare) l’essere umano compie morti e rinascite in tutti gli strati della materia e dell’essere, ma della maggior parte non ne è consapevole, iniziare ad acquisire consapevolezza è come iniziare a respirare in un modo diverso, a vedere più colori ed ascoltare più suoni.

FONTE