martedì 26 febbraio 2019

L'iniziazione in Massoneria. Un discorso di benvenuto dell'Oratore

di Jean-Etienne Marconis de Negre (1795-1865)*



O tu che sei stato iniziato ai misteri della Massoneria, presta un orecchio attento e che la tua anima si apra ai precetti della verità. Noi ti insegneremo il cammino che porta alla via gioiosa, ti insegneremo a pregare l’Onnipotente di cui il nome ineffabile deve essere pronunciato con contemplazione e rispetto, ti insegneremo a sviluppare tutti i mezzi che la Provvidenza ti affiderà per vivere in pace e renderti utile agli uomini.
Il tuo primo omaggio appartiene a Dio. Adora l’essere supremo che creò l’universo con un atto della sua volontà, che lo conserva per effetto della sua azione continua, che riempie il tuo cuore, ma che lo spirito umano non può né concepire né definire.
Perdona lo scellerato che abbassa i suoi occhi alla luce e che cammina tra tenebre fitte, ma sii tollerante, guardati dal perseguitarlo, la Divinità non ti ha dato il compito di vendicare le sue ingiurie.
Eleva spesso il tuo pensiero verso gli esseri materiali che ti circondano e getta uno sguardo di desiderio nelle religioni superiori che sono la tua eredità e la tua vera patria; perché la vita terrestre, pensaci bene, non è la fine dell’uomo: Siediti qui al banchetto della vita: non poggiarci i gomiti.
Se il tuo primo pensiero è del Sublime Architetto dei Mondi, il secondo dedicalo alla tua patria. Tu devi amarla e rispettarla come una figlia virtuosa ama e rispetta sua madre; sottomettiti alle leggi del tuo paese, non potrai mai essere dispensato da questo dovere, indipendentemente dalle condizioni, persino se la patria sarà con te matrigna o ingrata.
Dopo aver soddisfatto i tuoi doveri verso Dio e la patria, considera la tua famiglia: Figlio, sposo e padre, ciascuno di questi stati comporta delle obbligazioni numerose e sacre, applicati ad adempierle e il dovere ti sarà lieve. Non dimenticarti mai quanto devi all’autore dei tuoi giorni. Nell’età della maturità onora e rispetta tuo padre, ma rendi conforto anche a tua madre, sii tenero, rendile le cure che ti ha donato quando eri bambino, se ce n’è bisogno ti siano d’esempio i virtuosi figli di Noè, copri i loro sbagli con il mantello dell’amore filiale. Sarai benedetto.
L’amore parla al tuo cuore. Elevato dalla saggezza, allontana da te i desideri corruttori, i piaceri facili. Non frequentare i più belli o i più ricchi, frequenta i più virtuosi. Sforzati in seguito di essere degno di quanto hai ottenuto, perché amore ricompensa amore, e il vizio non risuona alla stessa frequenza della virtù.
Se il cielo ha benedetto i tuoi inni, ricordati che il bambino nella culla è un cittadino che la patria ti affida: fai crescere in questa giovane anima il principio di tutte le virtù. Questo è un nobile compito!
Capofamiglia, tu devi proteggere e istruire. Cittadino, ti è concesso qualcosa di cui farti vanto: essere il primo, non l’ultimo.
Non dimenticare mai il rispetto dovuto agli anziani, tu diventerai anziano a tua volta, riceverai l’affetto dei più giovani. Gli anziani sono i testimoni dei giorni andati. Guardati bene dal disprezzare e di comparare la tua saggezza nascente con la loro, non sederti mai in loro presenza senza aver chiesto il permesso. Non passare tra un anziano e il sole. Se un anziano ti  chiama, ritorna sui tuoi passi quando anche tu sarai atteso dalla femmina che ti prega.
Il luogo in cui ti si fa sempre giorno è la tua patria, l’uomo e la donna che ti hanno dato i natali sono i tuoi genitori. Ma guai ad agire solo dentro questo cerchio. È l’universo la patria del Massone. Niente che riguarda l’uomo gli è estraneo. Tutti gli uomini devono dunque essere fratelli come te, hanno un’anima immortale, gli stessi organi, lo stesso bisogno di amare, lo stesso bisogno di essere utili. Vieni dunque nei nostri templi, perché la santa umanità è al suo altare. Guardate con rispetto questo edificio maestoso destinato a serrare i lacci troppo lenti della morale e della fraternità. Uniti da un linguaggio misterioso, i Massoni sparsi su tutto il globo, ovunque la luce è penetrata, formano una sola famiglia, un solo popolo di fratelli. Un legame sublime riunisce questo popolo innumerevole, cioè la Beneficenza, la Beneficenza che non è la virtù, ma senza la quale non c’è nessuna virtù. La beneficenza, emanazione della divinità, rugiada fertile, prepara l’anima a ricevere il germe della saggezza.
Chiunque soffra ha su di te dei diritti sacri. Ci aspettiamo che le lacrime penetranti della miseria ti sollecitino: previeni e rassicura lo sfortunato timido, non ti avvelenare con l’ostentazione dei tuoi doni, la sorgente di acqua viva dove gli afflitti possono dissetarsi. Non cercare ricompensa per la tua beneficenza né applausi, ma nella calma tranquillità della tua coscienza. Se la Provvidenza ti accorderà qualcosa di superfluo, invece di farne un uso frivolo o criminale, con un atto libero e spontaneo della tua anima generosa, rendi meno evidente la distribuzione ineguale dei beni: gioisci di questa prerogativa, che mai l’avarizia, questa passione sordida, avvilisca il tuo carattere: che il tuo cuore possa alzarsi dai calcoli freddi e aridi che suggerisce. Che la tua beneficenza sia attiva, ingegnosa, rischiarata da una prudente saggezza. Il tuo cuore abbracci i bisogni della umanità intera: il tuo spirito deve scegliere i più pressanti e i più importanti.
La beneficenza non consiste solamente nel donare un po’ di oro. L’uomo non vive di solo pane. Vedi la miseria, l’impotenza dell’infanzia, reclama il vostro sostegno. Considera l’inesperienza funesta dell’adolescenza, sollecita i tuoi consigli. Fai in modo di preservare la felicità dagli errori e dalle seduzioni che la minacciano; eccitati, per quanto puoi, nei giovani cuori, le scintille del fuoco divino del genio, della virtù, aiutale a sviluppare per la gioia del mondo. Vergogna a chi vuole mettere sotto chiave la luce. Serviti del dono sublime della parola, segno esteriore del dominio dell’uomo sulla natura, per andare incontro al bisogno altrui e per esercitare in tutti i cuori il fuoco sacro della virtù. Non credere mai di aver fatto e non riposarti che per riprendere nuova energia.

* Tratto da Hermes, Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno