di Tiziano Busca*
La libertà oltre la libertà. Dove deve andare e dove è giusto che si fermi. Il nocciolo problematico è tutto qui. E per chi opera nel mondo della comunicazione il problema è doppio. Dove si ferma la libertà del dire? Torna prepotentemente di attualità un pamphlet di Raoul Vaneigem. Dell'autore basta dire questo: che ha fatto il Maggio francese e che è il papà di una cosa poco conosciuta e molto interessante che si chiama Situazionismo. Il libretto in questione ha già tutto nel titolo «Niente è sacro, tutto si può dire». Nessuna idea è inaccettabile, nemmeno la più aberrante, nemmeno la più odiosa. «Non esiste un uso buono o cattivo della libertà di espressione, esiste soltanto un uso insufficiente di essa». Niente si sottrae. «La libertà d'espressione non deve essere messa al servizio della difesa dell'umano: essa appartiene, in quanto libertà, alla libertà dell'umano. Non è soltanto ciò che desta la coscienza e il portavoce del suo risveglio: è il linguaggio restituito al vivente, quello che esprime il modo in cui viviamo il mondo e lo stile con cui intendiamo viverlo. La libertà d'espressione ridà vita al linguaggio, al contrario dell'economia che ne fa una lingua morta, rinsecchita, composta di vocaboli intercambiabili, oggetti di scambio e non elemento soggettivo e intersoggettivo, nato dalla magia, dall'incanto, dalla poesia. Infatti è della natura del linguaggio il radicarsi nella vita, in quanto esperienza fondamentale dell'esistenza quotidiana, che diversifica gli esseri e le cose, che li allontana e li avvicina ma, costituendo la loro sostanza comune, non li separa mai.
Nessuna verità, religiosa, filosofica, politica, scientifica, merita che ci si prostri di fronte ad essa. «Nella fantasia più sbrigliata, nella menzogna più sfrontata c'è una scintilla di vita che può ravvivare tutti i fuochi del possibile. Il fiorire dell'eccentricità sta a ricordare che il centro della vita è ovunque e si schiude su una varietà infinita di scelte». Del resto una verità imposta con la forza è una verità che si corrompe.
La libertà del dire, insomma, non ha limiti: non c'è segreto istruttorio che tenga, né segreto di Stato. E le calunnie, le prese in giro, le diffamazioni non bastano a legittimare la censura. Né la pornografia. «La vera oscenità sta nell'attrattiva del lucro, nel feticismo del denaro che, impossessandosi della bellezza o del suo oltraggio, ne fa una merce, un oggetto redditizio, una banalità sottoposta alla domanda e all'offerta. Condannare la brutalità dei comportamenti e il disprezzo della donna, spesso presenti nella produzione pornografica, ha senso soltanto in una messa in discussione globale di quello spirito di predazione, di competizione, di esaltazione della furbizia e della forza che continua a predominare».
* Sommo sacerdote del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell'Arco Reale - Rito di York in Italia