di Daniele Capezzone
L'on. Claudio Moscardelli (PD), membro della Commissione Antimafia
Ho atteso un’intera settimana, per vedere (non si sa mai) se da un solo altro membro del Parlamento venisse per caso una parola, una sillaba, un sospiro. A meno di miei errori e omissioni (dei quali eventualmente mi scuso), silenzio totale.
E allora, un’altra volta, lo farò io. Certo – permettetemi di sorridere – il “complotto demo-pluto-giudaico-massonico” dev’essere piuttosto messo male se, per tutta questa legislatura, si è trovato un solo deputato – chi scrive – disponibile a difendere alcune elementari ragioni di libertà.
Sottolineo di non appartenere alla massoneria, istituzione che pure rispetto e credo di conoscere, nel suo contributo ideale ad alcune delle pagine più nobili della storia americana, inglese, italiana.
Ma non divaghiamo. Da circa un biennio, si è accettato che fosse la Commissione Antimafia a occuparsi di massoneria. E già qui siamo a una prima sgrammaticatura: perché la Commissione Antimafia? Perché dare per acquisita una competenza tutta da dimostrare, non maggiore né minore – lo dico per assurdo – della Commissione Cultura o di un’altra Commissione parlamentare?
Sta di fatto che, guidata dalla presidente Bindi, la Commissione ha lanciato una sorta di prolungata fatwa, fino a pretendere gli elenchi degli appartenenti alle logge. Anche in quel caso, ho fatto presente cosa sarebbe accaduto se una Commissione parlamentare avesse chiesto gli elenchi degli iscritti al Pd o alla Cgil. Apriti cielo! Avremmo avuto, in sequenza: piazze piene per la democrazia in pericolo, appelli degli intellettuali, firme di sdegno, maratone televisive.
Non avendo cavato un ragno dal buco (se non – che notizia! – che c’è un numero più elevato di iscritti in alcune regioni d’Italia), la Commissione ha votato una relazione conclusiva a metà tra trattatello sociologico e sceneggiatura di una fiction televisiva.
La solita paccottiglia: la mafia che entra nella massoneria, le zone d’ombra, le pagine scure della storia d’Italia, fino a passaggi involontariamente comici, tipo il fatto che, giurando sulla Costituzione, i massoni possano avere la riserva mentale di non rispettare il resto della legislazione italiana.
Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere.
E allora, ricompitiamo qui alcuni elementi rudimentali di educazione civica.
Primo: la responsabilità penale è personale.
Secondo: non esiste presunzione di colpevolezza – come avrebbe detto Totò: “a prescindere” – meno che mai a carico di organizzazioni, gruppi e associazioni.
Terzo: se ci sono notizie di reato a carico di uno, due, dieci o cento cittadini, scattino le doverose iniziative penali nei loro confronti. Di chiunque si tratti: preti, massoni, avvocati, sindacalisti, calciatori, cuochi, veline. A prescindere da ogni altra appartenenza.
Quarto: se invece non ci sono notizie di reato, cessino le ossessioni, le nevrosi e le superstizioni.
Quinto: è comico che pezzi di ceto politico che passano giornate a sgranare il rosario dell’antifascismo, poi improvvisamente evochino proprio le proposte del ventennio fascista di messa al bando della massoneria.
Sesto: ma davvero crediamo che, per “dialogare” in modo improprio o inopportuno, occorra essere iscritti alla massoneria?
Settimo: viviamo in un paese in cui da secoli, per nostra sventura, il senso della libertà, della legalità, dello stato di diritto è assai flebile, spesso ridotto a un flatus vocis (in qualche caso a una pernacchia, c’è da temere): davvero vogliamo darne la colpa a grembiuli e compassi?
Siamo seri. Buon anno.