domenica 31 dicembre 2017

Un'altra triste notizia nel Rito di York

Un grave lutto ha colpito il caro Compago Mario Carnevale Baraglia. Ha infatti perso il suo papà. Il Sommo Sacerdote Tiziano Busca, tutto il Gran Capitolo e la redazione del Blog gli si stringono intorno per fargli sentire la vicinanza e l'affetto in questo momento di grande dolore.

venerdì 29 dicembre 2017

Lutto nel Rito di York

Oggi è deceduta la mamma del Compagno Gino Bini, Maestro Delegato del Concilio Franco Albergo n.31 all'Oriente di Massa Marittima. A lui e alla sua famiglia le condoglianze del Gran Maestro dei Massoni Criptici d'Italia Mario Petraccioli, del Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei LLMM dell'Arco Reale Tiziano Busca, della giunta del Rito di York e dalla redazione del Blog.

Al Presidente della Repubblica il commento del giurista Giuseppe Bozzi sulla relazione dell'Antimafia. «Ha partorito un ridicolo topo»

Le persecuzioni della Commissione sono cominciate lo scorso marzo

Ecco il testo della lettera inviata dal Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi al Capo dello Stato, al presidente del Consiglio ed ai ministri, ai capigruppo parlamentari, ai segretari di partito. In essa l’illustre giurista professor Giuseppe Bozzi, membro del pool di avvocati e docenti universitari che difendono le ragioni del Goi e della libertà di associazione, analizza punto per punto e rende evidenti le storture, le incongruenze e le travalicazioni contenute nella relazione prodotta dall’antimafia in merito alle infiltrazioni della malavita organizzata nella Massoneria.

La prima lettura della relazione della Commissione Bicamerale Antimafia presieduta dall’On.le Bindi impone le seguenti considerazioni critiche.

1) Tutta l’impostazione dell’inchiesta nonché l’ondivaga motivazione della relazione finale si caratterizzano per un evidente pregiudizio anti massonico, proprio di una storica tradizione clericale.

Come era stato già eccepito, la Commissione ha spostato l’oggetto dell’indagine ad essa assegnata dalla legge istitutiva dalle organizzazioni mafiose, cui era tenuta, ad una libera associazione di cittadini con fini leciti qual è il GOI nonché alle altre fratellanze.

La relazione, prolissa e ripetitiva, perviene a conclusioni aberranti sul piano giuridico-costituzionale tentando di supplire al vuoto probatorio circa un collegamento fra Massoneria e mafia e in ordine ad una responsabilità della prima per le asserite infiltrazioni mafiose in alcune logge con argomentazioni lacunose e contraddittorie, contorsioni logiche, petizioni di principio, interpretazioni dei fatti capziose e fuorvianti, errori giuridici.

Si è voluto, per un verso, fare assurgere a rango di prova della connessione fra N’drangheta e Massoneria acquisizioni investigative “ancora al vaglio del giudice dibattimentale” ed elementi privi di valore probatorio che gli stessi magistrati ascoltati nel corso dell’inchiesta hanno definito testualmente “ipotesi di lavoro”, “ spunti, elementi sui quali dobbiamo costruire ancora qualcosa di più significativo e importante” (deposizione del Procuratore aggiunto DDA di Reggio Calabria Michele Prestipino Giarritta); per altro verso, si è data una lettura capziosa, fuorviante e illogica alle univoche dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Cafiero de Raho e dei suoi sostituti secondo le quali i soggetti mafiosi asseritamene infiltrati sono “ soggetti diversi dagli affiliati alla Loggia che restano occulti alla stessa Massoneria perché non possono esporsi a nessuna altra forma evidente quale il Grande Oriente d’Italia”.

Significativa di un’aporia concettuale è la valutazione degli scioglimenti disposti dal GOI di alcune logge calabresi: Rocco Verducci, I Cinque Martiri, Vincenzo de Angelis di Brancaleone e Lacinia in ordine alle quali non sussisteva alcun atto o provvedimento giudiziario che attestasse l’esistenza di infiltrazioni mafiose, ma unicamente atti segreti che soltanto la Commissione poteva acquisire, quali: “elementi di polizia consistenti in segnalazioni e denuncie” o relazioni contenute nel sistema informatico della DNAA, ossia dati che la stessa relazione riconosce che “non assumono alcuna rilevanza dal punto di vista giudiziario”.

Orbene, incredibilmente la Commissione invece di trarre da ciò la logica e corretta conseguenza che il GOI, non potendo avere accesso ad atti e documenti coperti dal segreto, era all’oscuro delle asserite, ma ancora non provate, infiltrazioni, la Commissione a corto di seri argomenti non si è peritata di lamentare di non aver potuto conoscere le ragioni formali del provvedimento di scioglimento disposto dal GOI.

Pur riconoscendo espressamente che alla Massoneria non può essere demandato il compito di vigilare sull’osservanza delle norme statali e che essa può reagire alle infiltrazioni soltanto qualora ne possa avere conoscenza da fonti giudiziarie, la Commissione nella pervicace e ostinata ricerca di una responsabilità della Massoneria purchè sia, non giustificata dalla realtà dei fatti accertati, si è spinta a criticare l’organizzazione interna del GOI la quale “agevolerebbe” inconsapevolmente le infiltrazioni mafiose.

In un crescendo di preconcetta avversità antimassonica, la Commissione ha fatto affermazioni molto gravi sul piano della lesione della reputazione e dell’onore della Massoneria e del GOI, in quanto frutto di mere e illogiche illazioni.

La segretezza strutturale delle associazioni massoniche e del GOI costituirebbe, secondo la Commissione, “carattere similare a quello delle associazioni mafiose” e “un habitat favorevole alla colonizzazione mafiosa”. Per tentare di offrire una giustificazione a tali gratuite affermazioni la Commissione si spinge a sostenere paradossalmente che il vincolo di solidarietà fra i fratelli, la giustizia interna, la condivisione e il perseguimento di ideali comuni, l’obbligo di riservatezza, il rispetto della Costituzione e delle leggi sono elementi rivelatori della segretezza delle associazioni massoniche e del GOI.

Sorprendentemente la Commissione ha ignorato che questi elementi sono , secondo il nostro ordinamento giuridico, l’espressione del comune vincolo ideale che unisce i fratelli, dell’autonomia normativa e organizzativa propria del fenomeno associativo tutelato dalla Costituzione quale proiezione della sfera individuale e quale potenziamento della personalità degli associati nonché come affermazione di un’istanza di tutela ed espressione dell’interesse confraternale volto a rappresentare istanze culturali e sociali presenti nel mondo contemporaneo.

2) La Commissione, sull’errato e indimostrato presupposto della segretezza delle associazioni massoniche e del GOI propone disinvoltamente al futuro legislatore di disporne lo scioglimento con atto amministrativo del Prefetto senza un previo accertamento giudiziario. Come è stato già denunciato pubblicamente, la misura proposta è palesemente illiberale, contrastante con gli articoli 2, 18 e 27 secondo comma Cost. e costituisce un ritorno al passato in quanto ripropone leggi liberticide tipiche di un regime autoritario di cui si è avuta tragica esperienza in Italia.

La relazione ignora che il diritto di associazione è un diritto di libertà tutelato dalla Costituzione come inviolabile da ogni interferenza esterna dei pubblici poteri, che i singoli possono esercitare in piena autonomia nei campi e per i fini leciti più svariati con il solo limite della legge penale quale unica fonte di qualificazione degli illeciti delle associazioni. Nessuno ha mai dubitato dell’illegittimità costituzionale di interventi del Potere Esecutivo limitativi della libertà delle associazioni o che ne comportino lo scioglimento i quali non dipendano dal preventivo accertamento con efficacia di giudicato di violazioni di precetti penali (Pace, Problematica delle libertà costituzionali).

Secondo lo stravagante assunto della Commissione, invece, quanto da essa proposto “attuerebbe finalmente la volontà dei Costituenti”. A supporto di questa affermazione i Commissari sono costretti a riesumare una tesi di fonte cattolica svolta in Assemblea costituente e rimasta del tutto minoritaria (Tupini, Moro, La Pira) secondo la quale la Costituzione nel disporre il divieto di associazioni segrete avrebbe accolto la nozione sostanziale di segretezza per cui “deve considerarsi segreto il sodalizio che mira a mantenere occulta la propria esistenza e la propria essenza” a prescindere dalla liceità dei fini da esso perseguiti.

Orbene, è stato dimostrato nell’istanza di revisione in autotutela che il GOI non occulta la propria storia, il proprio ruolo né la propria attività. Ciò non ha tuttavia impedito alla Commissione di qualificarlo immotivatamente quale associazione segreta, confondendo la riservatezza con la segretezza e dando, come si è detto, un’assurda interpretazione degli elementi e dei dati organizzativi caratterizzanti l’associazione.

Ma anche l’asserita, ma non vera, segretezza del GOI, ove mai fosse in mera ipotesti dimostrata, non sarebbe sufficiente a giustificarne lo scioglimento fondato sulla discrezionale decisione dell’Esecutivo e quindi di variabili maggioranze parlamentari e non già su di un previo accertamento giurisdizionale irrevocabile di violazione di leggi penali come oggi dispone la legge n. 17/1982.

A tal riguardo la Corte Costituzionale ha sottolineato la necessità che l’appartenenza ad una associazione segreta risulti da un accertamento del giudice penale e che l’intervento dell’autorità amministrativa “si colloca, come per qualsiasi altra categoria di reati, su un piano subordinato o addirittura eventuale, restando vincolato quanto all’an nel caso di sentenza penale di condanna e precluso nel caso di sentenza assolutoria piena” (Corte Cost. n. 978/1988).

Secondo la comune opinione, la Costituzione e la legge n. 17/1982 hanno fatto proprio il concetto strumentale e non sostanziale di segretezza come è stato già ampiamente illustrato nell’istanza di revisione in autotutela. La dottrina quasi unanime e il legislatore del 1982 hanno negato l’autonomia del limite della segretezza rispetto a quello dell’illiceità dei fini delle associazioni. Ne consegue che il limite della segretezza opera unicamente per quelle associazioni che, svolgendo istituzionalmente attività contrarie alla legge penale, debbono ricorrere al segreto come condizione della loro esistenza (Lavagna, Istituzioni di diritto pubblico; Cuomo, Studi Crisafulli).

Come si è detto, contrariamente a quanto è stato sostenuto apoditticamente dalla Commissione , la legge n. 17 del 1982 ha ritenuto la segretezza rilevante soltanto se sia finalizzata a scopi illeciti. L’applicazione del divieto è stata ristretta alle associazioni “politiche” nelle quali sia dimostrata l’esistenza di un collegamento fra segretezza e finalità volte all’interferenza nell’esercizio delle funzioni degli organi amministrativi e costituzionali, di amministrazioni pubbliche, di enti e servizi pubblici con la creazione di poteri occulti di incidenza sul processo di decisione politica (Ridola, Democrazia pluralistica e libertà associativa; Rodotà, Democrazia e diritto; Barile, Diritti dell’uomo).

In conclusione, ben può dirsi che, dopo tanto clamore, vani sforzi e notevole dispendio di denaro pubblico, la montagna ha partorito un ridicolo topo.

Paolo Mieli e la Massoneria. «Fu la chiesa a premere sul Fascismo per la messa al bando»



«Dopo l’avvento al potere della Sinistra (1876), la massoneria ebbe ben cinque presidenti del Consiglio: Depretis, Crispi, Zanardelli, Fortis e Boselli. Oltreché gli amministratori di alcune importanti città, primo tra tutti il sindaco di Roma (tra il 1907 e il 1913) Ernesto Nathan. All’avvento del fascismo, per avviare il percorso che avrebbe portato nel 1929 ai Patti lateranensi la Chiesa di Pio XI pretese e ottenne da Mussolini la messa al bando delle 'associazioni segrete'. E impose a don Sturzo le dimissioni dalla segreteria del Partito popolare, accusandolo di favorire, con il suo antifascismo, proprio la massoneria. Cosa che provocò una risentita lettera del sacerdote l’8 luglio del 1923». Paolo Mieli sul Corriere della Sera.

Daniele Capezzone su Mafia e Massoneria: «Una relazione conclusiva a metà tra trattatello sociologico e sceneggiatura di una fiction televisiva»

di Daniele Capezzone

L'on. Claudio Moscardelli (PD), membro della Commissione Antimafia

Ho atteso un’intera settimana, per vedere (non si sa mai) se da un solo altro membro del Parlamento venisse per caso una parola, una sillaba, un sospiro. A meno di miei errori e omissioni (dei quali eventualmente mi scuso), silenzio totale.
E allora, un’altra volta, lo farò io. Certo – permettetemi di sorridere – il “complotto demo-pluto-giudaico-massonico” dev’essere piuttosto messo male se, per tutta questa legislatura, si è trovato un solo deputato – chi scrive – disponibile a difendere alcune elementari ragioni di libertà.
Sottolineo di non appartenere alla massoneria, istituzione che pure rispetto e credo di conoscere, nel suo contributo ideale ad alcune delle pagine più nobili della storia americana, inglese, italiana.
Ma non divaghiamo. Da circa un biennio, si è accettato che fosse la Commissione Antimafia a occuparsi di massoneria. E già qui siamo a una prima sgrammaticatura: perché la Commissione Antimafia? Perché dare per acquisita una competenza tutta da dimostrare, non maggiore né minore – lo dico per assurdo – della Commissione Cultura o di un’altra Commissione parlamentare?
Sta di fatto che, guidata dalla presidente Bindi, la Commissione ha lanciato una sorta di prolungata fatwa, fino a pretendere gli elenchi degli appartenenti alle logge. Anche in quel caso, ho fatto presente cosa sarebbe accaduto se una Commissione parlamentare avesse chiesto gli elenchi degli iscritti al Pd o alla Cgil. Apriti cielo! Avremmo avuto, in sequenza: piazze piene per la democrazia in pericolo, appelli degli intellettuali, firme di sdegno, maratone televisive.
Non avendo cavato un ragno dal buco (se non – che notizia! – che c’è un numero più elevato di iscritti in alcune regioni d’Italia), la Commissione ha votato una relazione conclusiva a metà tra trattatello sociologico e sceneggiatura di una fiction televisiva.
La solita paccottiglia: la mafia che entra nella massoneria, le zone d’ombra, le pagine scure della storia d’Italia, fino a passaggi involontariamente comici, tipo il fatto che, giurando sulla Costituzione, i massoni possano avere la riserva mentale di non rispettare il resto della legislazione italiana.
Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere.
E allora, ricompitiamo qui alcuni elementi rudimentali di educazione civica.
Primo: la responsabilità penale è personale.
Secondo: non esiste presunzione di colpevolezza – come avrebbe detto Totò: “a prescindere” – meno che mai a carico di organizzazioni, gruppi e associazioni.
Terzo: se ci sono notizie di reato a carico di uno, due, dieci o cento cittadini, scattino le doverose iniziative penali nei loro confronti. Di chiunque si tratti: preti, massoni, avvocati, sindacalisti, calciatori, cuochi, veline. A prescindere da ogni altra appartenenza.
Quarto: se invece non ci sono notizie di reato, cessino le ossessioni, le nevrosi e le superstizioni.
Quinto: è comico che pezzi di ceto politico che passano giornate a sgranare il rosario dell’antifascismo, poi improvvisamente evochino proprio le proposte del ventennio fascista di messa al bando della massoneria.
Sesto: ma davvero crediamo che, per “dialogare” in modo improprio o inopportuno, occorra essere iscritti alla massoneria?
Settimo: viviamo in un paese in cui da secoli, per nostra sventura, il senso della libertà, della legalità, dello stato di diritto è assai flebile, spesso ridotto a un flatus vocis (in qualche caso a una pernacchia, c’è da temere): davvero vogliamo darne la colpa a grembiuli e compassi?
Siamo seri. Buon anno.

giovedì 28 dicembre 2017

Il saggio e il giornalista



«È vero: chi gode ne sa più di chi riflette, o almeno sa meglio, è più felice. Ma che volete? Non dipendeva da me né ricevere né respingere tutte le idee che sono venute nel mio cervello per combattersi fra loro e hanno preso le mie cellule midollari per loro campo di battaglia. Quando si sono ben battute, io non ho raccolto dalle loro spoglie altro che l’incertezza. È triste avere tante idee, e non sapere con precisione la natura delle idee. Lo ammetto; ma è assai più triste, e molto piú sciocco credere di sapere quello che non si sa»
(Voltaire)

mercoledì 27 dicembre 2017

Mafia, Massoneria e le crociate della disinformazione: 17000 nomi sequestrati per trovarne due. La lettera del Gran Maestro ai giornali

Rosy Bindi. Forse, con i dati che ha ottenuto, sarebbe stato opportuno un profilo più basso

Gentile Direttore

Le scrivo questa lettera all’indomani della relazione della Commissione Antimafia sulle infiltrazioni mafiose nelle Logge delle diverse Obbedienze italiane per sottoporre ai lettori del suo autorevole quotidiano e all’opinione pubblica alcune necessarie e opportune riflessioni sul ruolo etico della Massoneria nella Società e sulla enorme gravità, a mio avviso, di alcune idee ispiratrici di proposte di legge che la stessa Commissione ha avanzato per porre una esorbitante ed allarmante Quaestio Massoneria che ha assunto di fatto piuttosto i crismi di una vera e propria crociata nei confronti dei liberi muratori alla luce degli intendimenti della presidente Rosy Bindi e delle possibili determinazioni legislative future che sono state proposte dai commissari.

In base ai numeri resi noti dopo il sequestro degli elenchi di Sicilia e Calabria al Grande Oriente d’Italia e ad altre tre Obbedienze sarebbero stati nell’arco temporale di 26 anni, 193 i soggetti indagati per fatti di mafia, in circa 350 procedimenti penali, e sei le persone che sono state condannate in via definitiva, mentre per altri 25 i procedimenti risulterebbero ancora in corso.

Per quanto riguarda poi il Grande Oriente d’Italia, la Comunione di cui sono il Gran Maestro dal 2014, queste figure risulterebbero due (un pensionato e un commercialista, di cui la Commissione non ha fornito i nomi opponendo motivi di privacy). Questi i numeri che, pur non sottovalutando affatto la questione e auspicando la via della Giustizia e della Verità, nella realtà credo si commentino subito da soli. Ma, lascio a Lei e ai lettori, ampia valutazione di giudizio e di visione del problema.

Secondo la Presidente Bindi e i membri dell’Antimafia, comunque questi numeri su un totale di 17.000 nomi passati al setaccio, basterebbero e/o sarebbero sufficienti per fare emergere un quadro a tinte fosche e preoccupante, per suffragare così l’equazione mafia-Massoneria e bollare a priori in modo infamante tanti onesti liberi muratori italiani.

Siamo nel Paese dei teoremi e dei sospetti, si sa, e basta poco per scatenare una inopportuna e pericolosa caccia al massone. Lo stesso Giovanni Falcone non a caso diceva che il sospetto è l’anticamera della calunnia. Noi ci siamo sempre opposti e ci opporremo da fedeli cittadini osservanti della Costituzione ai tentativi di creare una situazione di estremo disagio e di vera e propria ghettizzazione nei confronti di uomini di tutte le estrazioni sociali che hanno liberamente intrapreso la via iniziatica di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza per l’elevazione personale e il miglioramento dell’Umanita’. Non certo per essere tacciati di collusioni con organizzazioni che sono lontane dal nostro Dna e dai nostri sani valori. Noi per primi abbiamo sempre condannato e condanniamo la Mafia e le criminalita che inquinano la Società e oscurano la Legalità.

Lo facciamo quotidianamente con le nostre azioni trasparenti dentro e fuori i Templi. Lo facciamo con la nostra solidarietà che ha portato la luce dell’impianto di illuminazione al campo di calcio di Norcia donato dall’Ordine ai ragazzi di questa area terremotata, e con le borse di studio ai maturandi delle scuole delle zone interessate dal Sisma che hanno studiato con coraggio, impegno e merito.

Ma, alla luce degli ultimi eventi, tornando nel merito della vicenda, la nostra trasparenza e le nostre note finalità, per certi politici sono lontani dalle loro idee e dal modo di vedere la Libera Muratoria qual essa veramente è. La Massoneria e i suoi membri restano per questi filosofi del pregiudizio, entità sospette e segrete, dedite a chissà quali trame occulte e con l’aggravante – non provata – della presunta infiltrazione mafiosa. Al di là di quelle che possono essere le convinzioni altrui, entrare in Massoneria non è affatto facile e scontato, i controlli sono estremamente rigorosi e non legati solo all’ingresso nell’Istituzione.

La nostra riservatezza eguale a quella di tutte le associazioni, non può essere fatta sconfinare in modo arbitrario e falso nell’accusa di segretezza. Ora l’onorevole Bindi e i membri dell’Antimafia propongono l’assoluta necessità di un intervento legislativo che vieti esplicitamente la segretezza delle associazioni. Ma lo fanno con toni, modi e soprattutto analogie di leggi fasciste che non esito a definire aberranti e inquietanti per chi ha a cuore la Storia, il sangue versato per la Libertà e la Democrazia. Questo è scritto nella relazione: “Non si vuole di certo auspicare il ripristino delle disposizioni fasciste sopra riportate, seppure, non va dimenticato che, accanto a coloro che perseguivano evidenti volontà illiberali, insigni giuristi apprezzavano tali normative che, per l’eterogenesi dei fini tipica delle leggi, garantivano comunque un sistema di conoscenza e di trasparenza”. Ebbene queste norme fasciste andrebbero tristemente rispolverate e fatte proprie oggi per mettere in riga la Massoneria, quella stessa Massoneria che il Fascismo colpi duramente sopprimendola. Il solo Gramsci con un discorso celebre si alzò in difesa del libero pensiero e della Libertà. Tutti quanti sappiamo cosa è accaduto dopo e quanto è costato il ritorno alla Democrazia.

Gli odierni sostenitori di questo grave e allarmante richiamo al passato vogliono riutilizzare questa legge per “trasparenza e conoscenza”. Ma, in realtà, dietro la loro reclamata e declamata azione c’è il fine di mettere i massoni in un recinto. Dovranno esibire il loro status per legge e essere messi costantemente all’angolo. Chissà se in seguito potranno insegnare nelle scuole e nelle università o concorrere per posti pubblici? Quando si inizia con questi fini si può arrivare ovunque. Ecco perché, caro Direttore, mi sono permesso di sottoporle questa lettera che è anche un campanello d’allarme. Perché la Democrazia e il libero pensiero sono un bene di tutti e non di parti o visioni politiche.
E dopo i liberi muratori potrebbe toccare ad altri soggetti essere destinatari di quella pregiudizievole attenzione che se non equilibrata può portare allo spegnimento della luce della ragione e al triste passato.

Cordiali Saluti

Stefano Bisi
Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia

lunedì 25 dicembre 2017

venerdì 22 dicembre 2017

Il solstizio alchemico

di Andrea Angelelli




I concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce. È una bella frase di un Padre della Chiesa, che riduce all’essenziale un insegnamento più complesso e suggerisce all’uomo di conservare sempre, nei processi conoscitivi, l’atteggiamento sorpreso del bambino, che per imparare si pone davanti alle cose, taccandole, con immediatezza, aggrappandovisi, buttandole giù per terra per conoscerle,per esplorare il loro rapporto con lo spazio circostante.
Con questo atteggiamento tratterò il tema prescelto per celebrare il Solstizio d’Inverno, ossia la cerimonia che, come abbiamo detto tante volte, è per Noi Massoni la Festa dell’Attesa, della Stazione del Sole, il preludio alla Speranza di Nuova Luce, il Varco nelle Viscere della Terra presidiato da Giano Bifronte e dal suo terzo viso.
Vi parlerò di una celebrazione che si connota come istante pieno di interrogativi, attimo di stasi, di regresso, soluzione di continuità che si risolve, sempre in maniera energica, con l’incessante ripresa del cammino ascensionale del Sole.
Vi parlerò, qundi, del Solstizio di Inverno, momento di profonda riflessione, di morte apparente, repentinamente interrotto dalla rinascita, ricollegando la festa solstiziale a concetti dell’Alchimia, o meglio ad alcuni concetti del mare immenso di conoscenze che è chamato Arte Regia o Magia Trasmutatoria.
E quindi affronterò il tema difficile, incerto, misterioso, ma allo stesso tempo incantevole dell’Alchimia, trattandolo, con l’animo curioso ed ingenuo del bambino, assecondando solo le mie intuizioni, le mie inclinazioni - come ritengo che, ciascuno di Noi, debba fare al cospetto di un tema così vasto ed impegnativo – senza indugiare in intenti didascalici, soddisfacendo, quindi, solo il mio bisogno di Conoscenza.
Vi parlerò, con ingenuo stupore, di un universo di conoscenza che, come è stato detto più volte, impegna ogni Iniziato in una sorta di comunicazione solitaria con i smboli, con gli archetipi, secondo molteplici vie possibili che si allacciano sia alle diverse forme dell’Alchimia sia alla disponibilità emotiva e inconscia di ognuno di Voi.
È stato detto che l’alchimista, specie se principiante, è sottoposto incessantemnete ad una sorta di feedback, diventando un uomo che comunica con sé stesso, facendo in modo che tutte le sue opere ed azioni, “tutto ciò che è a lui esterno ma che lo comprende faccia o debba far parte anche del suo interno”.
Il primo aiuto che è offerto da un sistema immediato, infantile di rappresentazione è la semplificazione; la semplificazione comunicativa mi consentirà di non trattare la parte materiale dell’Alchimia, quella più complessa e misteriosa, di non elencare le infinite declinazioni dell’Arte Regale, le diverse forme della stessa a secondo delle aree geografiche in cui essa è nata ed ha avuto particolari evoluzioni ed elaborazioni; in questa maniera, mi sarà  consentito parlare dell’Alchimia come disciplina spirituale unitaria, le cui applicazioni mirano, soprattutto, ad illustrare il perfezionamento interiore di ogni iniziato.
Ma aldilà di questa facilitazione comunicativa, di cui mi stasera servirò per celebrare il Solstizio, ritengo invece che sia essenziale ed estremamente formativo leggere e studiare i testi di Alchimia, avendo per la Massoneria tale manifestazione della Conoscenza la stessa valenza esoterica ad esempio della Kabala. È indubbio, infatti, che ognuno di Noi avvicinandosi all’Alchimia materiale, riuscendo a distinguere le essenziali definizioni di via umida, via secca, via intermedia, apprendendo le diversità tra conformazione binaria, ternaria, quaternaria, riuscendo a distinguere i processi di distillazione di un corpo sino alla “perfetta quintessenza”, potrà acquisire immense conoscenze esoteriche, perché riuscirà a provare su sé stesso gli stati d’animo che l’Alchimista vive nei frangenti di trasformazione della materia, ossia gli stati di animo coincidenti nell’Alchimia spirituale con i processi (che Jung definiva) di individuazione del Sé.
Ossia con i processi che preludono, per coloro che riusciranno a praticare l’Arte Regia, la Magia Trasmutatoria, al Compimento dell’Opera (l’agognato rinvenimento della Pietra Filosofale, la produzione dell’Elisir di lunga vita), vale a dire di ciò che, nel campo dell’Alchimia spirituale, è costituito dal conseguimento di una visione globale della realtà, del mondo dell'esperienza, della vita, della storia.
Al contempo, l’assimilazione dell’Alchimia operativa consentirà di verificare come il progresso in ogni cammino di conoscenza sia facilitato in maniera proporzionale, non solo dall’esperienza, ma anche, soprattutto, dalla capacità di fare esperienza, dalle qualità, dai talenti che ogni singolo Viandante possiede.
È infatti, passaggio indispensabile del processo di conoscenza alchemica la capacità di raccoglimento, ad esempio attraverso la preghiera solipsistica o le tecniche di meditazione, tanto che l’antro dell’Alchimista è costituito da due ambienti: il primo dei quali è rappresentato dall’Oratorium, all’interno del quale l’Alchimista studia, approfondisce e poi, da solo, prega.
Tale primo ambiente, destinato allo studio, alla meditazione, alla preghiera, è posto in collegamento, attraverso una porta invisibile, (che solo l’Alchimista può, deve oltrepassare) con l’altro spazio: il Laboratorium, ambiente, questo, deputato alla creazione, dove l’Alchimista è chiamato a completare l’azione interrotta della Natura, compiendo una sorta di missione escatologia, orientata verso il riscatto della Natura, il dominio del Tempo e, quindi, il perfezionamento dell’Opera di Dio.
Uscendo dall’antro, l’Alchimista dovrà portare all’esterno ciò che ha creato nel Laboratorium; è questo, ovviamente, il momento più difficile…
Questa ricostruzione, basata su necessarie semplificazioni e su ingenue intuizioni, serve a restituire la perfetta ripetibilità del metodo alchemico nel percorso del Massone, dimostrando come i due percorsi si intersecano tra loro non solo quando l’acrostico V.I.T.R.I.O.L., presente all’interno del gabinetto di riflessione, si pone con veemenza davanti all’attonito, ma coraggioso sguardo del recipiendiario.
Ed è proprio questo che, in maniera fugace (sperando che tali temi vengano approfonditi in altri lavori) rappresenta il punto di partenza e l’approdo per la celebrazione di questi giorni.
Sappiamo bene, come l’ammonimento VITRIOL, che campeggia  all’interno del Gabinetto di Riflessione sia l’inquietante alternarsi tra la responsabilità che ognuno di noi assume nell’intraprendere il cammino iniziatico, rendendosi pietra da scolpire, indagando senza remore, con lealtà all’interno di Sé stesso e l’anelito alla riconquista della primigenia divinità, il ricongiungimento con l’altra metà di Noi stessi.
Nessuna rassicurante aiuola su questo difficile crocevia ci pone in posizione di sicurezza, esentandoci dall’impegnarlo, di renderci testimoni diretti negli indispensabili, dolorosi e ciclici passaggi della Morte (artificiale, simbolica, mai intesa solo come negazione di vita), della Putrefazione, della Resurrezione. Questa infinita teoria, questo incessante cammino può esssere scandito nella sua infinita reiterazione della fase iniziale da una pratica alchemica, alla quale il Massone è chiamato ad obbedire,  quella compendiata nell’imperativo del SOLVE ET COAGULA.
Il primo processo di trasformazione alchemica si basa su questa regola: DISSOLVI E RIUNISCI, che impone la distruzione come prima tappa del cambiamento, alla quale fa seguito il disfacimento della forma della materia (vale dire del Sale), per liberarla da tutte le impurità, fino a ridurla alla materia prima che l’aveva generata, ed essere poi ricostruita in altra e più pregiata (distillata) forma.
Questa prima fase dell’Opera prende il nome di NIGREDO, o di Opera al Nero, ed è, appunto, la fase della distruzione, della disgregazione.
Si tratta dei frangenti in cui, l’Alchinista pone la materia grezza in un crogiuolo per farla cuocere, lentamente, nel forno alchemico chiamato Athanor.
Questa fase di lenta trasformazione si riflette nello stesso agente e corrisponde al primo passaggio del processo di individuazione; il Solve opera incessantemnete anche a livello interiore, negli spazi più reconditi dell’animo, laddove la liberazione dalle impurità rappresenta il primo passaggio del processo di individuazione, preordinato alla indispensabile distruzione dell’EGO.
Non è forse il crogiolo quella preghiera solitaria, cui ho accennato sopra? non è questa raffigurazione materiale la rappresentazione della fase della meditazione che deve essere praticata per favorire l’individuazione, la cosidetta disgregazione dell’EGO? Mentre il fuoco nell’Athanor non è forse la scelta di cambiare e l’Amore profuso per andare alla ricerca del nostro vero Sé, non è forse l’anelito, l’imprinting che ci apre l’unica strada da percorrere, quella che ci porta a ricongiungerci con la metà di noi stessi, con la nostra Deità.
L’Alchimista compie la propria opera in silenzio, in perfetto equilibrio, nella pace delle sue preghiere e delle sue meditazioni, senza mai vaneggiare di poter dominare la Natura facendo leva sulle conoscenze acquisite, impegnandosi sempre ed ogni volta a distruggere, a dissolvere a  riprodurre infinte volte ogni singola fase dell’Opera, nell’intima e profonda convinzione che non è risultato che lo gratificherà (egli non vuole l’Oro per sé) , ma solo prendendosi cura della dedizione e dell’impegno profusi, che lo renderanno un artefice perfetto, un Uomo migliore.
Tutto questo trova perfetta simmetria nella celebrazione solstiziale di inverno; che, in termini esoterici, è il momento della pausa, della riflessione, della meditazione, della discesa consapevole, coraggiosa nelle viscere della terra prima che all’iniziato, destinato a raggiungere le alte vette, qual è la vetta del Capricorno, che è il segno in cui il Sole entra nell’attuale fase solstiziale, di elevarsi e di riprendere, con consapevolezza, il viaggio nel labirinto della sua interiorità.
Tutto questo avviene (ed avverrà sempre) incessantemente, con cadenza ciclica, senza che nessuno di Noi possa dubitare sulla proficua reiterazione della Nigredo, sulla sua ineludibilità, in quanto prima indispensabile operazione dell’incessante cammino di perfezionamento.
Tutto ciò sino a quando la putrefazione non sara l’inizio del massimo stadio di purificazione, avendo il Fuoco Sacro distillato la materia da tutte le sue impurità; solo allora la Nigredo non sarà più utilmente praticabile; …allora il Nostro Cammino ci avrà portato al cospetto dell’Ultimo velo.              


giovedì 21 dicembre 2017

Oggi è il solstizio d'inverno

di Cesare Marco Delorenzi




Dicembre è un mese importante e suggestivo. Non solo è l’ultimo mese dell’anno, il mese delle feste, di Natale, del cambio dell’anno, ma è anche il mese del Solstizio d’inverno, ovvero il giorno più corto e la notte più lunga dell’anno.
Se accettate un suggerimento, si potrebbe celebrare il Solstizio con una semplice, ma gravida cerimonia in cui poniamo nella terra i proponimenti del prossimo anno, in forma di semi di melograno, affinché germoglino all'Equinozio di primavera. Io lo farò, sperando che i semi portino amicizie e serenità. Il mio anno è stato funestato da troppe negatività, per cui aggiungerò cinque semi di grano, tenero, sette di grano duro ed un fagiolo, magico.

Il Solstizio d’inverno è il momento in cui il Sole raggiunge la massima distanza angolare rispetto all’equatore, ossia quando l’emisfero Nord riceve il minimo irraggiamento dal sole, è dunque il giorno con meno luce e di conseguenza la notte è la più lunga.

Nel nostro emisfero, ovvero quello boreale, al mezzogiorno locale del solstizio di giugno il Sole raggiunge l'altezza massima possibile sull’orizzonte per quella latitudine, mentre in quello di dicembre raggiunge l'altezza minima

Il solstizio ritarda ogni anno di circa 6 ore rispetto all'anno precedente (più precisamente 5h 48' 46") e si riallinea forzosamente ogni quattro anni in corrispondenza dell’anno bisestile, introdotto proprio per evitare la progressiva divergenza delle stagioni con il calendario. A causa di tali variazioni può capitare che i solstizi cadano il 20 o il 21 giugno oppure il 21 o il 22 dicembre.

Il Solstizio d'inverno 2017 cade il 21 dicembre alle 17:28 ora italiana.

Già ho molto tediato, nelle mie dissertazioni periodiche, sull’importanza che ha sempre avuto nei più svariati contesti socio-storico-culturali questo periodo; pertanto oggi mi limiterò a semplicemente ricordare che il Solstizio d’Inverno sia stata una festività pagana importante nota come Sol Invictus, dal 17 al 23 a Roma erano i Saturnalia, nel neopaganesimo Yule e nel cristianesimo si associa il Natale.

Il Sole si trova nella costellazione dell’Ofiuco fino al 18, quando passerà nella costellazione del Sagittario.
Si ricordi che il 21, alle ore 16:28 UTC (17:28 ora italiana) inizia ufficialmente l’inverno astronomico con il solstizio d’inverno: in questo giorno, il più corto dell’anno, la nostra stella raggiunge la sua massima distanza al di sotto dell’equatore celeste, e l’arco apparente descritto da sudest a sudovest è minimo.

La Luna è in fase di plenilunio il 3, Ultimo Quarto il 10, novilunio il 18 ed infine Primo Quarto il 26. Il 4 raggiungerà il punto più vicino alla Terra lungo la sua orbita, il perigeo (357.495 km), mentre il 18 l’apogeo (406.604 km).

Si può immediatamente notare la concomitanza tra la Luna Piena e il perigeo: il 3 dicembre infatti abbiamo potuto ammirare una suggestiva Superluna. La Luna compie un’orbita ellittica intorno alla Terra, dunque la sua distanza dal nostro pianeta varia sensibilmente nel corso di un mese, dai 356.410 km ai 406.740 km: quando la Luna è più vicina alla Terra (perigeo), appare ai nostri occhi più grande e più luminosa.

La tradizione popolare vuole che il giorno più corto dell’anno sia il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia. Il 13 dicembre è il giorno in cui il sole tramonta prima, ma il 21 l’alba è ritardata. Quindi a conti fatti il 21 dicembre abbiamo meno ore di luce. Da quella data fino ad inizio gennaio il sole sorge più tardi e tramonta più tardi.

Insomma abbiamo delle notti più lunghe in quanto l’alba avviene più tardi e la notte più lunga di tutte sarà quella fra il 20 e il 21 dicembre 2017. Il sole il 20 dicembre andrà a dormire alle 17 e lo rivedremo alle 7.30 del mattino del 21 dicembre. Dal Solstizio d’inverno l’ora del tramonto si allungherà ogni giorno di preziosi minuti, ma l’alba avverrà sempre qualche minuto più tardi, fino ad inizio gennaio quando l’alba inizierà a riacquistare minuti e le notti si faranno quindi più brevi.

In Italia tutti conoscono il detto «Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia». Il 13 dicembre viene festeggiato in alcuni luoghi del nostro Paese (Bergamo, per esempio) come il giorno in cui si fanno i regali ai bambini. In Svezia, e in generale nei Paesi nordici, la notte di santa Lucia è accompagnata da tradizioni e cerimonie che celebrano la luce e un sonetto del poeta inglese John Donne canta come «la mezzanotte dell’anno». Eppure non è questo il giorno più breve, quello in cui tra l’alba e il tramonto trascorre il minor numero di ore e dopo il quale le giornate tornano finalmente ad allungarsi: il solstizio cade invece il 21 o il 22 di dicembre (quest’anno il 21). La responsabilità dello sfasamento tra la tradizione e la realtà ricade su Giulio Cesare e sulle conoscenze astronomiche non del tutto precise dei Romani, o meglio dell’astronomo Sosigene di Alessandria. Fu a lui, infatti, che Cesare nel 46 a.C. diede incarico di mettere ordine nel calendario in uso all’epoca, che vedeva continui sfasamenti. Il calendario giuliano fu un deciso passo avanti, grazie all’introduzione del mese bisestile ogni quattro anni. Il giorno in più serviva, come accade ancora oggi, a recuperare la differenza tra i 365 giorni dell’anno segnati normalmente dal calendario e i 365 giorni e 6 ore che rappresentano l’effettiva durata del tragitto che la Terra compie attorno al Sole. Sei ore in più per quattro anni danno appunto la durata di un giorno, che dovrebbe riportare in pari le cose.

Purtroppo, però, le 6 ore usate per il calcolo dell’anno bisestile sono solo una approssimazione della durata esatta dell’anno solare che è di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi. La differenza è poco più di undici minuti, abbastanza per portare nei secoli ad accumulare un ritardo che a un certo punto era arrivato attorno ai dieci giorni. Nel Medioevo il solstizio era dunque più vicino al giorno di santa Lucia che al 21 dicembre, giustificando pienamente le tradizioni popolari.

 Fu solo nel 1582 che le cose vennero rimesse a posto. Papa Gregorio XIII che, anche lui con l’aiuto degli astronomi e soprattutto del calabrese Luigi Giglio, diede il via al calendario gregoriano e decise di far saltare il mondo dal 4 al 15 ottobre: i giorni in mezzo, quelli dal 5 al 14 ottobre del 1582. Dal 1582 dunque il solstizio si è spostato dove lo conosciamo oggi, anche se non tutti i Paesi adottarono il nuovo calendario nello stesso anno: John Donne scrisse il suo sonetto all’inizio del 1600, cioè dopo la riforma, ma in Inghilterra il calendario gregoriano arrivò solo nel 1750 e quindi per lui il solstizio era ancora attorno al 13 dicembre. L’insurrezione dei bolscevichi a Pietrogrado del 1917 avvenne a ottobre per Lenin e i suoi (in Russia si usava ancora il calendario giuliano) e a novembre per gran parte del resto d’Europa.

Gli appassionati di astronomia segnalano che comunque attorno al 13 dicembre qualcosa nelle nostre giornate succede. È in questi giorni, infatti, che il tramonto del Sole avviene, secondo i nostri orologi, all’ora minima. Dipende da una complicata questione di calcoli dell’ora media, cioè quella che segnano gli orologi, e ora reale, ma fatto sta che da oggi in poi il tramonto si sposta un poco in avanti, dando l’impressione che i giorni siano già tornati ad allungarsi

Santa Lucia: La sua festa liturgica ricorre il 13 dicembre; antecedentemente all'introduzione del calendario gregoriano (1582), la festa cadeva in prossimità del solstizio d’inverno (da cui il detto "santa Lucia il giorno più corto che ci sia"), ma non coincise più con l'adozione del nuovo calendario (differenza di 10 giorni). La celebrazione della festa in un giorno vicino al solstizio d'inverno è probabilmente dovuta alla volontà di sostituire antiche feste popolari che celebrano la luce e si festeggiano nello stesso periodo nell'emisfero nord. Altre tradizioni religiose festeggiano la luce in periodi vicini al solstizio d'inverno come ad esempio la festa di hanukkah ebraica, che dura otto giorni come le celebrazioni per la santa a Siracusa, o la festa di Diwali di celebrata in India. Il culto di santa Lucia inoltre presenta diverse affinità con il culto di Artemide, l'antica divinità greca venerata a Siracusa nell’isola di Ortigia. Ad Artemide, come a santa Lucia, sono sacre la quaglia e l'isola di Ortigia - anche chiamata Delo in onore della dea della caccia. Artemide e Lucia sono entrambe vergini. Artemide è inoltre vista anche come dea della luce mentre stringe in mano due torce accese e fiammeggianti.

Con il Solstizio d’inverno si entra nel Capricorno, ultimo segno di terra: “Colui che compie l’ascesa”. La terra del segno del Capricorno appare arida, spoglia, dura e fredda.

È la terra invernale che non offre frutti, che non abbellisce esteriormente perchè tutte le sue energie sono rivolte all’interno per il lento processo di crescita in seno alla Natura. La morte apparente, che vediamo all’esterno corrisponde al massimo momento spirituale, alla maggiore ingegnosità dell’uomo, libero dagli ordinari lavori stagionali; rappresenta la spoliazione, la concentrazione verso una meta, ma anche è la cima della montagna e la profondità della grotta dove l’individuo, addestrata la la volontà e controllato l’istinto, giunge al dominio del sé e diviene UOMO DIO.

In Gran Bretagna, a Stonehenge, si possono ancora ammirare e studiare imponenti ruderi: due cerchi concentrici di monoliti che raggiungono le 50 tonnellate. L'asse del monumento è orientato astronomicamente, con un viale di accesso al cui centro si erge un macigno detto "pietra del calcagno" (Heel Stone, detta anche Fryar's Heel, cioè "Tallone del frate"). All’alba del Solstizio, il Sole si leva al di sopra della Heel Stone. Stonehenge, insomma, sarebbe non solo un tempio, che le più moderne teorie archeologiche lo vedono come tempio cimiteriale, ma anche come un calendario astronomico.

A Nabta Playa vi è un circolo calendariale, dove due monoliti hanno allineamento Nord-Est in direzione del sorgere del sole il 21 giugno e risulta essere più antico di Stonehenge di almeno mille anni.

Tracce di culti solari s'incontrano in tutto il mondo, dalla Polinesia all’Africa alle Americhe e giungono fino ai nostri giorni: per gli eschimesi il sole è la vita mentre la luna la morte, in Indonesia il sole s'identifica con un uccello e con il potere del volo, tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, il sole, creatore della terra.

Per gli Inca, la cui massima fioritura si ha intorno al XV secolo, la divinità Inti è il sole, sovrano della terra, figlio di Viracocha, il creatore, e padre della sua personificazione umana, l'imperatore. Attorno a Cuzco, capitale dell'impero, sorgono i Mojones, torri usate come "mire" per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Macchu Picchu, luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il Torreon, una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche, e l'"Intihuatana", un orologio solare ricavato nella roccia.

Per i Maya il sole è il supremo regolatore delle attività umane, sulla base di un calendario nel quale confluiscono credenze religiose e osservazioni astronomiche per quell'epoca notevolmente precise.

Tra gli indiani d’America l sole è simbolo della potenza e della provvidenza divine. Presso gli Aztechi è assimilato a un giovane guerriero che muore ogni sera e ogni mattina risorge, sconfiggendo la luna e le stelle: per nutrirlo il popolo azteco gli offriva in sacrificio vittime umane. Leggende analoghe, anche se fortunatamente meno feroci, si trovano ancora tra le popolazioni primitive nostre contemporanee. Gli stessi inuit (eschimesi) ritenevano fino a poco tempo fa che il sole, durante la notte, rotolasse sotto l'orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali: convinzione ingenua, ma non del tutto errata, visto che è stato studiato come le aurore polari siano proprio causate da sciami di particelle nucleari proiettate nello spazio ad altissima energia dalle regioni di attività solare. Tutto il culto degli antichi Egizi è dominato dal sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva, Ra quando è nel fulgore del mezzogiorno e Atum quando tramonta. Eliopoli, la città del Sole, era il luogo sacro all'astro del giorno, il tempio di Abu Simbel, fatto costruire da Ramsete II nel XIII secolo a.C., era dedicato al culto del sole.Secondo la cosmologia egizia il Nilo era il tratto meridionale di un grande fiume che circondava la Terra e che, verso nord, scorreva nella valle di Dait, che raffigurava la notte; su esso viaggiava un'imbarcazione che trasportava il Sole (raffigurato come un disco di fuoco e impersonato nella figura del dio Ra) che nasceva ogni mattino, aveva il culmine a mezzogiorno e al tramonto viaggiava su un'altra imbarcazione che lo riportava a est. Si devono agli Egizi alcune delle prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli. Le Piramidi sono disposte secondo orientamenti astronomici, stellari e solari. Gli obelischi erano essenzialmente degli gnomoni, che con la loro ombra scandivano le ore e le stagioni. Gli orologi solari erano ben noti e ne esistevano diversi tipi, alcuni dei quali portatili, a forma di T o di L, chiamati merket: il faraone Thutmosis III, vissuto dal 1501 al 1448 a.C., viaggiava sempre con la sua piccola meridiana, come noi con il nostro orologio da polso. La prima comparsa di Sirio, la stella più luminosa del cielo, all'alba, in estate, era per gli Egizi il punto di riferimento fondamentale del calendario. Il loro anno era di 365 giorni, ma sapevano già che in realtà la sua durata è maggiore di circa sei ore, per cui avevano calcolato che nel corso di 1460 anni la data delle inondazioni del Nilo faceva una completa rotazione del calendario.

Il solstizio d'estate, rappresentando l'inizio dell'omonima stagione, è sempre stato nella storia occasione di feste, come i Litha nel neopaganesimo o la natività cristiana di Giovanni Battista, cosiddetta "Notte di San Giovanni" o "Notte di mezza estate".

Il Solstizio è il momento che segna, per il nostro pianeta, la fine del ciclo annuale. Il Sole si ferma, apparentamente, nel punto più basso rispetto all’equatore e, il terzo giono, riprende a salire, o a rinascere, nella volta del cielo. Simbolicamente è la fine del vecchio e il principio del nuovo. In tutte le religioni, dal culto di Zoroastro a quella di Cristo, segna la nascita dei Grandi esseri che hanno il compito di far progredire l’Umanità, salvandola dal suo stesso inciampare lungo il percorso evolutivo.

Il Natale cristiano prosegue questa tradizione indicando che il salvatore nasce in una grotta lontano dai clamori e dagli sfarzi del mondo per redimere il Karma attraverso l'Amore e stabilire la Fratellanza tra gli Uomini di Buona volontà. La sacralità dell'evento cosmico è, purtroppo, sovrastata dal peso dell'evento consumistico che, nei Paesi opulenti della civiltà occidentale, ne svilisce la forma ma non il significato. Vorremmo invitare tutti gli individui consapevoli a non regalare oggetti ma donare un poco del proprio amore. Sarebbe molto più proficuo per la crescita delle coscienze e la manifestazione del Piano Divino.

La rinascita solare rappresenti il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d’inverno, quando è possibile accedere alla via divina in cui l’uomo, restaurando in sé l’Adamo Primordiale, può intraprendere la strada dello sviluppo sovraindividuale.

Ciò detto, AUGURO A TUTTI un buon Solstizio, Natale ed Epifania ( Il termine deriva dal greco antico, verbo ἐπιφαίνω, epifàino (che significa "mi rendo manifesto"), dal sostantivo femminile ἐπιφάνεια, epifàneia (manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina). Sin dai tempi di San Giovanni Crisostomo il termine assunse una valenza ulteriore, associata alla Natività di Gesù Cristo Redentore) e che il NUOVO sia positivo, fecondo e ricco sia materialmente che spiritualmente per ognuno di NOI.

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mercoledì 20 dicembre 2017

Lutto nel Rito di York

È passato all'Oriente eterno Sergi Maria Pantaleo, compagno del Rito di York e già Gran Cancelliere Aggiunto per l'Italia del Gran Concilio dei Massoni Criptici. Questa mattina si sono svolti i funerali. Alla famiglia le condoglianze del Sommo Sacerdote Busca, del Gran Maestro Pieraccioli, dalla Giunta e dalla redazione del blog.

martedì 19 dicembre 2017

Massoneria e Protestantesimo. A Torino Marco Novarino con Claudio Pasquet

Marco Novarino è uno dei curatori del volume della Storia d'Italia Einaudi dedicato alla Massoneria

[...] Alla Casa massonica di Torino si è svolto, davanti a un centinaio di persone attente e interessate, un confronto tra il prof. Marco Novarino e il pastore Claudio Pasquet sui 500 anni della Riforma luterana e sui 300 anni della Massoneria speculativa. Il ragionamento, sintetico quanto profondo, si è dipanato lungo il corso dei secoli, dagli eretici italiani del ’500 che, protetti più nella Basilea di Bullinger e Castellione che nella Ginevra di Calvino, prepararono, inconsapevolmente, «il processo di svolgimento in deismo e illuminismo moralistico» (Cantimori), prodromi della Massoneria speculativa, al ’700 illuministico fino al periodo post-unitario con la conseguente evangelizzazione in Italia.
Uno studio del prof. Novarino, finanziato in parte con l’otto per mille, sta già portando interessanti dati: tra il 1880 e il 1925 (data in cui la Massoneria fu costretta dal regime fascista a interrompere i suoi lavori) erano ben oltre cento i pastori protestanti iscritti al Grande Oriente d’Italia e altri ancora erano massoni della corrente scissionista del 1908. A dimostrazione che non vi fosse solo solidarietà tra minoranze ma convergenza su determinati temi.
Si è parlato di come nel secondo dopoguerra si siano fortemente raggelati, per motivi variegati che sarà
interessante approfondire, i rapporti tra protestanti italiani e Massoneria,ma infine si è notato come su temi eticamente sensibili e nel proporre di avere in questo nostro Paese finalmente una legge su libertà religiosa, di coscienza e di pensiero, pur nelle inconfutabili differenze, si possa lavorare insieme.
Si sente dire sovente in questo mondo secolarizzato che religioni e ma non sembra che i grandi temi come, tra i tanti, la difesa dei diritti umani, i diritti del fine vita e la solidarietà verso il diverso da noi, la laicità dello Stato siano stati risolti. E sono battaglie comuni, necessitano di dialogo e confronto senza pregiudizi.

(fonte Riforma • numero 46 • 1° dicembre 2017 • pagina 4).

lunedì 18 dicembre 2017

Catiuscia Marini (PD): «La Massoneria è uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda l'Italia democratica e costituzionale»

Il sindaco Alemanno con il Gran Maestro

«Grazie al Grande Oriente d’Italia. Grazie ad una Istituzione che rappresenta alcuni dei pilastri sui quali si fondano i valori di questa Italia democratica, repubblicana, costituzionale che nella quotidianità ogni tanto sottoponiamo a scosse ma alcuni pilastri fondamentali la reggono in piedi, alcune colonne portanti». Sono le parole con cui il presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini (PD) ha ringraziato il GM Stefano Bisi per il contributo della Massoneria italiana alla ricostruzione a Norcia. Il GOI ha realizzato l'impianto di illuminazione del campo sportivo, regalando un nuovo spazio di aggregazione e normalità ai tanti ragazzi. All'inaugurazione era presente, con il sindaco Marco Alemanno, anche il campione del mondo Marco Materazzi.

Stefano Bisi con Marco Materazzi

La Massoneria italiana ricorda Armando Corona nell'aula magna dell'Università di Sassari. Porta i saluti il Rettore Massimo Carpelli



La Massoneria italiana ricorda il suo ex Gran Maestro Armando Corona nell'aula magna dell'Università di Sassari con il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau e il deputato e presidente della Regione nella cui Giunta figurava proprio lo stesso Armandino Corona Pietrino Soddu. Era presente il Rettore Massimo Carpelli che ha portato i saluti dell'ateneo. Le conclusioni del GM del Grande Oriente d'Italia Stefano Bisi.

Torna in libreria Louis-Claude de Saint-Martin



Con questo titolo si completa la proposta della collana Martinista di Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno. Una importante iniziativa culturale che ha avuto centrale il Trattato sulla Reintegrazione degli esseri di Martinez de Pasqually il suo asse centrale (seguito dalla prima edizione italiana del rarissimo Manoscritto di Algeri, e da L'Universo a portata di mano). Curati da Mauro Cascio l'editore catanese ha poi proposto l'opera omnia di Willermoz (L'uomo-Dio. Trattato delle due nature, Le istruzioni di Lione, i Nove Quaderni D., Lettere, I miei pensieri (e quelli degli altri)), del primo Saint-Martin (Il cimitero di Amboise, Istruzioni della Saggezza, Lettera a un amico sulla Rivoluzione Francese, Ecce Homo), di de Maistre (La Massoneria), l'atlante di Prunelle de Lière (Le chiavi operative degli Eletti Cohen). In catalogo anche i Cenni storici sul Martinismo di Jean Bricaud, Martinezismo, willermozismo, martinismo, massoneria di Papus, Martinez de Pasqually e l'Illuminismo cristiano di Papus, Martinez de Pasqually di Constant Chevillon. Mauro Cascio, in questi giorni in libreria con il suo Piazza Dalmazia, aveva dedicato qualche tempo fa un libro a questo affascinante argomento: All'ombra della Riconciliazione.

venerdì 15 dicembre 2017

Palazzo dei Visacci si rifà il look



Il Tempio maggiore della sede fiorentina del Grande Oriente d’Italia dopo molti anni di onorato servizio è stato completamente ristrutturato con nuovi arredi, un nuovo sistema di luci che valorizza i preziosi stucchi presenti nella grande sala del Palazzo dei Visacci in Borgo Albizi, nuovo anche il sistema audio.

L’atmosfera è assai elegante ed il nuovo pavimento in legno la rende anche più calda ed accogliente. Insomma una ristrutturazione ed ammodernamento che non hanno affatto sconvolto le forme dell’antico Tempio che ne ha tratto solo un nuovo appeal per i Fratelli che si trovano a lavorarvi, un make up discreto ma sostanziale grazie alla volontà del Collegio Toscano.

Un ottimo lavoro, assolutamente un tempio da (ri)visitare.

Fonte: GOI

I pensieri di Willermoz. In libreria un rarissimo testo del XVIII secolo



Questo rarissimo testo, I miei pensieri (e quelli degli altri) di Jean-Baptiste Willermoz, a cura di Mauro Cascio e pubblicato in questi giorni da Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno, è estratto dall'archivio della II Provincia detta di Alvernia e del suo Collegio Metropolitano ed era destinato ai Professi dei Cavalieri Beneficenti della Città Santa. Un documento prezioso per studiare come la complessa cosmogonia del maestro di Willermoz, Martinez de Pasqually, sia sopravvissuta anche al di fuori dell'Ordine degli Eletti Cohen, in quello che diventerà in seguito il Rito Scozzese Rettificato. Un'altra incursione nel Martinismo delle Origini dopo la pubblicazione dell'opera omnia di Martinez, Willermoz, gli scritti di Saint-Martin, le biografie di Chevillon e Papus, l'inquadratura storica di Bricaud, l'atlante di Prunelle de Liere, l'esperienza di Joseph de Maistre. A questa esperienza iniziatica il filosofo pontino aveva già dedicato un suo saggio lo scorso anno: All'ombra della Riconciliazione.

mercoledì 13 dicembre 2017

Introduzione allo Zohar. In libreria Federico Pignatelli



Questa introduzione si rende necessaria poiché i documenti estratti dal Sepher ha-Zohar, fanno riferimento a elementi propri della Qabalah di cui il testo dà per scontata la conoscenza. Se è vero che molti lettori hanno loro stessi la capacità di istruirci, e ai quali presentiamo anticipatamente le nostre scuse per eventuali mancanze e ripetizioni, è anche vero che molti si troverebbero però in seria difficoltà nella comprensione di molti passaggi. Raggiungeremo il nostro scopo se «tutti» potranno godere della grande bellezza e della profondità delle parole del Sepher ha-Zohar». Così Federico Pignatelli nella presentazione di questo prezioso volume in uscita per Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno.

lunedì 11 dicembre 2017

Tiziano Busca: «La Massoneria colora di sacro il nostro agire»

Tiziano Busca. Sullo sfondo il Gran Sacerdote del Capitolo Acacia di Milano Massimo Pica

«La Massoneria è simbolo, un simbolo che guida una riflessione, che orienta una compressione. Un linguaggio che tante volte trascuriamo, perché presi da mille cose e che pure non è un 'accidente' della Massoneria, ma la sua natura. Tutto ci parla, come le pietre parlavano agli antichi costruttori di cattedrali. Adesso abbiamo un Tempio, che è il Tempio di Re Salomone, che è qui a dirci il nostro compito e il nostro destino, come stiamo proponendo nei nostri moduli seminariali. Ma anche il Gabinetto di Riflessione, i viaggi, il pavimento a scacchi sono qui a suggerirci che c'è un messaggio dietro le cose. Non dimentichiamolo mai: non c'è solo la cronaca, la società, c'è anche una struttura che sta prima delle cose e oltre gli eventi. A quella struttura, la si chiami paradiso, la si chiami verità, apparteniamo. E la Massoneria in generale, e il Rito di York in particolare, è qui per questo: per dare un senso sacro al proprio muoversi nel mondo, al proprio agire». Lo ha detto Tiziano Busca, Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell'Arco Reale, a margine dell'iniziativa seminariale a Milano.

Ascolta tutto l'intervento (registrazione di Giovanni Vinci)

La Massoneria di de Maistre. In libreria, con un'introduzione di Alessandro Meluzzi

La copertina del libro

In uscita per Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno un altro classico della saggistica massonica: La Massoneria di Joseph de Maistre, a cura di Mauro Cascio e con una nota introduttiva di Alessandro Meluzzi. De Maistre, autore di un capolavoro immortale della letteratura filosofica come Le Serate di San Pietroburgo, fu uno degli autori più rappresentativi dei valori controrivoluzionari, vivace polemista, intransigente cattolico e detrattore di Voltaire e Rousseau. Conobbe la dottrina di Martinez de Pasqually, mediata da Willermorz, apprezzò Louis-Claude de Saint-Martin e, con la convinta adesione alla c.d. 'Gran Professione' tentò un progetto di riforma della Massoneria così che questa potesse diventare da contenitore a contenuto (teoretico).

Alessandro Meluzzi

A Cagliari l'Alto Sacerdozio



Si sono svolti a Cagliari i lavori dell'Alto Sacerdozio, l'Ordine Appendant del Rito di York riservato ai compagni che hanno ricoperto la carica di Gran Sacerdote all'interno di un Capitolo. Era presente il presidente, Mauro Luzi, e il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei LLMM dell'Arco Reale Tiziano Busca.

giovedì 7 dicembre 2017

Mosè fu un iniziato?

di Michele de Simone



[...] Trattare la figura di Mosè mi ha richiesto uno studio ed un impegno che sinceramente in qualche momento mi ha creato non poche perplessità. L’ho trovato un personaggio difficile da decifrare per quanto abbia cercato di cogliere tutte le sfumature che sono stato in grado di percepire.
Il metodo che ho usato per tracciare questo lavoro, è stato quello di partire da una sia pur breve ma necessaria ricostruzione della vita di Mosè e degli avvenimenti che sono narrati nella Bibbia, precisamente nell’Esodo; in un secondo momento Vi proporrò alcune considerazioni elaborate dalla lettura di autori del passato che hanno studiato la controversa figura di Mosè.
Nacque da Amron e Jochebed, sposi nomadi che con il loro popolo si erano stabiliti in Egitto vivendo per decenni pacificamente a stretto contatto con il popolo di quel paese.
Il faraone Ekenofi IV si rese conto, forse sarebbe meglio dire decise, che il popolo israelita all’interno dell’Egitto fosse diventato troppo numeroso e potente e pertanto, con il suo esercito, rese schiava la popolazione ebrea obbligandola a lavori pesantissimi e, affinchè non si moltiplicassero, ordinò alle levatrici di uccidere tutti i figli maschi che nascevano.
Sto sintetizzando molto gli eventi di cui parlo che pure potrebbero essere descritti in modo più dettagliato, ma non vorrei tediare[...], certamente queste vicende sono note.
Dicevo delle levatrici le quali, coraggiosamente, non rispettarono tali ordini e con scuse giustificarono il loro comportamento al Faraone.
Al fine di non far correre rischi a loro figlio, Amron e Jochebed decisero di affidarlo, sistemato in una cesta di papiro, alle acque del Nilo presso un folto canneto.
La sorella del Faraone, che era solita recarsi in quelle acque, lo trovò e, pur comprendendo che si trattava del figlio di Ebrei, decise di tenerlo con se adottandolo.

1.
Ricordo che siamo nell’ambito di leggende, di fatti narrati in un certo modo anche per compiacere alle aspettative del popolo, però non paia strano quanto detto, perché la religione egizia premiava le buone azioni e le donne egizie avevano raggiunto una discreta parità di diritti con gli uomini al punto di poter anche adottare un figlio.
Le antiche scritture ci dicono che la sorella di Mosè, Miriam, con uno stratagemma, fece in modo di far allattare Mosè alla vera madre che potè in questa maniera trasferire al ragazzo una sia pur minima conoscenza del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe.
Fu questo un primo iniziale incipit del giovane Mosè, il quale vivendo a corte, figlio della sorella del Faraone, fu istruito in tutta la saggezza degli Egiziani, come dice la Bibbia (7,22). Accadde un episodio che modificò l’esistenza di Mosè, sino ad allora apprezzato uomo inserito nella società egiziana.
Assistette al linciaggio di un israelita da parte di un egiziano ed ebbe una reazione drastica: uccise l’egiziano e nascose il cadavere. Tale reazione non fu quella di un uomo impulsivo come pure si è ipotizzato, ma fu probabilmente un gesto che evidenziava la fede di Mosè circa la promessa liberazione di Israele dall’Egitto.
Forse pensava che tale gesto avrebbe sollecitato il popolo a ribellarsi.
Non fu così, e quando la notizia giunse al Faraone, Mosè per salvarsi, fuggì a Madian dove sposò Zippora.
Qui visse 40 anni come pastore sino a quando, conducendo le greggi del suocero al pascolo, gli apparve l’Angelo di Geova in un roveto ardente, un rovo di acacia, che bruciava senza consumarsi mai; l’Angelo gli comandò di recarsi dal Faraone perché facesse uscire il popolo di Israele dall’Egitto.
Mosè, scosso da tale apparizione, superò i dubbi e le paure e decise di recarsi dal Faraone convinto di avere al proprio fianco il vero Dio; la tradizione cristiana ci racconta dei tanti tentativi fatti da Mosè per convincere il Faraone a lasciare andare il popolo ebraico; sappiamo che per dare forza alla richiesta di Mosè Iddio lo dotò anche di poteri soprannaturali che solo un essere superiore gli avrebbe potuto attribuire.
Mosè avvisò il Faraone che se non avesse fatto uscire il popolo di Dio dall’Egitto si sarebbero abbattute su quest’ultimo molti disastri, le famose dieci piaghe d’Egitto, la cui ultima culminava nell’uccisione da parte del Dio degli Israeliti di tutti i primogeniti degli egiziani.
Il Faraone non ascoltò ragioni, al contrario peggiorò le condizioni di vita degli schiavi ebrei.

2.
Arrivò dunque sull’Egitto anche l’ultima piaga minacciata dal Signore della quale l’Esodo ci fa un resoconto dettagliato e particolareggiato: la morte dei primogeniti egiziani fece alzare, in piena notte, un grido così grande ed atroce che mai vi era stato in Egitto e mai più si sarebbe udito.
Il popolo di Israele partì, sollecitato a farlo dagli egiziani che temevano di essere messi a morte anche loro dal Dio degli schiavi.
Mosè seguiva gli insegnamenti del suo Maestro e come sappiamo attraversò il Mar Rosso che invece inghiottì gli inseguitori egiziani; il popolo vide la grande potenza dell’Eterno, ne ebbe paura e credette in Lui e nel suo servo Mosè (così in Esodo 1-14).
Brevemente, ma necessariamente, devo continuare in questa mia narrazione di quanto è scritto nell’Esodo; serve a tratteggiare la figura di Mosè che superato l’ostacolo del Mar Rosso fece giungere il popolo a Mara dove non potè bere perché l’acqua era amara; il popolo si lamentò con Mosè, avevano sete.
Egli allora invocò il Signore che gli indicò un pezzo di legno da gettare in acqua; così fece e l’acqua immediatamente divenne dolce. In quel luogo il Signore diede al popolo un insegnamento, la Bibbia ci dice più esattamente, una legge ed una prescrizione: cito testualmente:
«Se tu popolo ascolti attentamente la voce del Signore io non ti infliggerò nessuna punizione come ho inflitto agli egizi, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce».
Il viaggio del popolo guidato da Mosè continua poi verso il Monte Sinai, ma essendo gli Israeliti un popolo “dal collo duro”, come viene detto più volte nella Bibbia, ed essendosi lamentati per la fame, il Signore interviene ancora rassicurandoli che avrebbero mangiato a sazietà carne alla sera e pane al mattino, per come gli sarebbe stato indicato di fare.
Il cammino della comunità guidata da Mosè con le continue indicazioni del Signore, fu lungo e pieno di ostacoli anche a causa del carattere del popolo che ad ogni difficoltà dubitava della presenza del Signore.
Giunti nel deserto del Sinai Dio disse a Mosè di allertare il popolo perché si sarebbe presentato loro sul Monte Sinai. Mosè così fece e dopo tre giorni un forte suono di tromba avvisò che qualcosa stava accadendo; il popolo uscì dall’accampamento e, condotto da Mosè, si fermò ai piedi del monte dal quale il Signore era sceso in mezzo al fuoco.
Dio chiamò Mosè che salì sul Sinai dove ricevette gli ordini da impartire al popolo ed ai Sacerdoti; nessuno poteva fare irruzione verso il Signore per guardarlo pena la morte, ed i Sacerdoti che pure potevano avvicinarsi di più, dovevano essere puri.

3.
Dio diede a Mosè, ai Sacerdoti ed al popolo dei comandi, ed ordinò loro di non adorare altri dei e di non costruire simulacri di oro e di argento, ma solo un altare dove offrire i sacrifici di ringraziamento.
Poi il Signore indicò a Mosè una serie di regole circa i rapporti tra le persone e lo chiamò sul Monte Sinai per consegnargli le tavole con le sue leggi scritte.
Mosè obbedì e gli fu rivelato come il popolo ebraico dovesse adorare Dio, delle offerte che questi dovevano fare e di come dovessero essere fatte; poi consegnò a Mosè le due tavole con le Leggi Divine, I Dieci Comandamenti.
Mosè comunicò al popolo di Israele le istruzioni che aveva ricevute dal Signore circa la costruzione del Tabernacolo, che nella tradizione ebraica significa “luogo della casa di Dio presso gli uomini”; inizialmente era trasportabile e veniva eretto nel deserto per adempiere ai riti sacri; comunicò loro quali fossero le offerte dei materiali che dovevano essere effettuate ed i nomi di coloro che il Signore aveva dotato di particolare intelletto per lo svolgimento di tali lavori, Bezaleel, Ooliab ed altri uomini abili che realizzarono quanto il Signore aveva ordinato.
[...] Non è mio costume scrivere molto, prediligo la sintesi, ma l’argomento di questa sera non mi è stato facile da sintetizzare e dunque perdonatemi se mi soffermo un momento ancora sulla descrizione che la Bibbia fa del Tabernacolo, penso sia utile;
era costituito da una recinzione rettangolare fatta da teli mantenuti da colonne e ricoperto da una tenda realizzata con pelli di animali; si accedeva attraverso due colonne che costituivano l’ingresso ed all’interno vi era un telo che divideva lo spazio in due luoghi; uno era detto Luogo Santo, dove potevano accedere sia i leviti, i sorveglianti del Tabernacolo, sia i Sacerdoti per svolgere i vari servizi previsti; l’altro era detto Luogo Santissimo al cui interno era conservata l’Arca dell’Alleanza che custodiva i Dieci Comandamenti, la verga di acacia di Aaronne e la manna; nel Luogo Santissimo si accedeva attraverso il Luogo Santo e poteva accedervi solo il Sommo Sacerdote che veniva scelto una volta all’anno.
Credo che si possano cogliere affinità, ovviamente considerando i millenni trascorsi, con il Tempio della nostra Istituzione e con quanto avviene nei nostri lavori.
[...]

4.
Il Signore comandò a Mosè quando avrebbe dovuto erigere il Tabernacolo, indicandogli tutti i rituali previsti; Mosè li rispettò: le colonne innalzate, l’altare all’ingresso del Tabernacolo, bruciò l’incenso ed offrì le oblazioni previste, pose la conca con l’acqua affinchè potessero lavarsi le mani ed i piedi prima di avvicinarsi all’altare, così come gli era stato ordinato.
Poi gli ebrei vagarono per molti anni nel deserto e giunti dalle steppe di MOAB sul Monte NEBO il Signore mostrò a Mosè tutto il paese: le terre di GALAAD, NEFTALI, il paese di Giuda sino al Mar Mediterraneo, il NEGHEB, il distretto della Valle di GERICO e le città delle palme sino a ZOAR; Mosè vide la terra promessa ma non vi entrò, morì in quel luogo, nel paese di MOAB, come il Signore aveva deciso per lui.
Fu sepolto nella valle ma sino ad oggi nessuno sa dove sia la sua tomba; aveva 120 anni.
[...] Questo è quanto ci narra la tradizione cristiana, o meglio quanto ho colto dalle letture fatte per affrontare questo lavoro; non faccio conclusioni circa la domanda che mi è stata posta ma credo che ognuno di noi possa trarre qualche convincimento.
Desidero adesso condividere con voi una serie di spunti che spero siano utili a chiarire, prima di tutti a me stesso, una figura tanto complessa ed importante per la storia della cristianità e della quale, sinceramente, mi sono oscure ancora molte cose.
La figura di Mosè è controversa, come detto, e la domanda che molti studiosi si sono posti è: Mosè è una figura della storia o è una figura della memoria?
Non ci sono prove certe della sua esistenza terrena, tutto ci è tramandato senza alcuna prova documentale; alcuni studiosi affermano di una sovrapposizione tra le figure di Ekhnaton (così si faceva chiamare il Faraone Amenofi IV di cui vi ho detto) e Mosè; il primo, il Faraone della cacciata degli Ebrei, fu artefice dello sviluppo in Egitto di una religione monoteista, dunque una contro religione rispetto agli innumerevoli dei che erano adorati all’epoca; non fu un cambiamento duraturo perché alla sua morte tutto ritornò come prima e di lui si cancellò quasi ogni traccia; il secondo, Mosè, anche lui, impose al popolo ebraico di adorare un solo Dio, del quale non si conosceva alcuna sembianza e del quale mai nessun fedele avrebbe potuto costruire immagini.

5.
Anche circa la sua origine ci sono più ipotesi, forse fantasiose o per qualcuno giustamente inverosimili che ritengo valga la pena condividere; il nome di Mosè è sicuramente di origine egizia e significa bambino; ce lo conferma anche Freud, che avventuratosi sul terreno controverso della storia biblica, si chiede per quale ragione nessuno abbia considerato la possibilità che il nostro fosse egizio.
A tale proposito fa delle ipotesi; può essere che un bambino di origine nobile (forse frutto non desiderato di qualche principessa dell’epoca) sia stato collocato in una cesta sul fiume, e qui trovato da un’umile famiglia che lo alleva. Se così fosse avremmo avuto, nelle storie che ci sono tramandate, una “inversione narrativa”; la famiglia è di umili origini mentre chi trova il bambino è una principessa. Quale poteva essere la ragione di questa inversione narrativa? La spiegazione fornita dall’autore, Sigmund Freud, è che tale storia servisse non a glorificare un eroe ma a giudaizzare un egizio. Di tale osservazione vi è riscontro nel racconto biblico dell’Esodo relativamente alla cacciata dall’Egitto; vi è prova infatti di un prolungato soggiorno di Semiti provenienti dalla Palestina in Egitto, gli Hyksos, che ivi regnarono per circa due secoli e furono poi cacciati dagli Egiziani che riconquistarono il potere; con l’inversione narrativa questi avvenimenti, per Freud, divennero una storia di schiavi che Dio liberò facendone il suo popolo eletto.
Teniamo presente, come detto precedentemente, che solo a pochi poteva essere elargita la conoscenza vera; al popolo dovevano essere diffuse storie facili, comprensibili e spaventevoli, affinchè fossero timorosi e rispettosi delle autorità costituite. Per altri autori la storia è diversa ancora; Ecateo ci dice che a causa di una improvvisa epidemia, che gli egiziani ritennero essersi diffusa per la numerosa presenza sul loro territorio di stranieri dediti a culti e costumi differenti dai loro, decisero di cacciarli. Mosè si mise alla guida degli Israeliti portandoli in Palestina, proibendo loro il culto degli dei ed inculcando il principio che “Dio non ha sembianza umana; solo il cielo che circonda la terra è Dio e Signore del Tutto”. Questo per dire come lo stesso personaggio sia visto e raccontato in maniera differente da molti studiosi. Ma torniamo ad una lettura più tradizionale del nostro uomo; tutto il viaggio raccontato nell’Esodo è un insegnamento che Dio fa a Mosè e che questi deve riversare, traducendolo in termini comprensibili, sul popolo di Israele. È un percorso di conoscenza per il protagonista, è una via iniziatica che Mosè percorre pur senza mai vedere il volto del suo Maestro.

6.
Nel suo insegnamento religioso Mosè utilizza molte delle cerimonie che presso gli Egizi costituivano i Misteri Minori (leggi rituali e cerimonie); ma fa ciò con astuzia, perché di fatto predisponeva una nuova scrittura delle leggi rituali in modo da far dimenticare la vecchia e portare gli Ebrei a compiere, in onore di Dio, tutti i riti che avevano svolto sino ad allora per gli idoli.
Perché Dio avrebbe scelto un uomo vissuto alla corte del Faraone per guidare il suo popolo se la dottrina egiziana non avesse incontrato il suo favore? Per tale ragione Dio condusse il suo popolo in Egitto inviandogli poi, per la salvezza, una guida iniziata ai misteri Egizi, una guida che avrebbe dovuto far percorrere ad un intero popolo un percorso di conoscenza e purificazione. Dio scelse Mosè perché era un uomo che aveva conoscenza della letteratura geroglifica egizia, laddove per geroglifici si intendono tutti quei segni simbolici di cui l’Egitto erudito era la patria e volle che scrivesse, occultandole sotto il velo di simboli e segni, alcune delle verità più sacre. Dunque molte di queste scritture contengono due livelli di significato: quelle che agli uomini semplici appaiono come semplici prescrizioni contengono, per i saggi, materie ed argomenti su cui riflettere. Mosè ordinò al popolo di rispettare i riti che erano contenuti nelle leggi, ma pretese anche che gli altri, il cui spirito e la cui comprensione erano superiori, si abituassero a vedere in profondità, a penetrare il significato più nascosto delle leggi.
Esisteva quindi una dottrina essoterica per il popolo ed una esoterica per la popolazione più erudita, i Sacerdoti.
Che compito arduo fu dato a Mosè: annunciare agli Ebrei una divinità senza nome e senza volto ed iniziarli al nuovo culto, all’adorazione di un Dio di cui nessun mortale aveva svelato il segreto; un’impresa impossibile, una doppia enorme fatica quella di far comprendere il concetto di “Io sono tutto” e la logica conseguenza di non far adorare tutti gli altri dei già noti al popolo, un popolo che ad ogni occasione scivolava nel politeismo.
A tale proposito noto similitudini tra le asserzioni della religione egizia ed il contenuto che Dio da disse nell’Esodo (3/14): “IO SONO COLUI CHE E’ ”; a Sais, località Egizia sul Nilo, la statua di Iside reca incisa la seguente epigrafe: “IO SONO TUTTO CIO’ CHE E’ STATO, CHE E’ E SARA’, NESSUN MORTALE HA MAI SCOPERTO IL MIO VELO”.

7.
C’è molta sovrapposizione tra le due affermazioni e nel caso degli egizi certamente si può fare riferimento al segreto della divinità senza nome del periodo di Ekhnaton nota solo a quella parte di uomini che potevano comprenderla, una parte degli eletti. Dunque al popolo una religione politeista, con tanti dei, tante raffigurazioni, tante immagini, tanti pretesi tributi e sacrifici diversi, agli iniziati la comprensione del concetto di Dio UNO-TUTTO, la rivelazione della verità ma anche lo smascheramento della finzione. Ancora qualche osservazione circa il differente livello di conoscenza riservato al popolo ed ai destinati alle cariche pubbliche, i Sacerdoti; [...] ai primi i misteri minori, costituiti da enigmi e simboli che servono ad introdurre gradualmente l’iniziando ai principi della religione: condotta di vita retta, dottrina delle punizioni e delle ricompense divine e tante altre semplici verità che venivano dispensate; ai secondi, i prescelti, la conoscenza dei misteri maggiori che vertono su due elementi: la disillusione (dell’iniziando al quale viene svelato il carattere ingannevole della religione a lui nota e della maggior parte di quanto contenuto nei misteri minori); ed il confronto con la verità (che non può essere insegnata o appresa ma solo contemplata ed acquisita mediante la ragione).
Quanto ci appartengono queste considerazioni! Mi avvio alla conclusione [...], ma consentitemi di dire ancora qualcosa sui simboli, quelli che abbiamo sotto gli occhi nella nostra Loggia; le due colonne del Tempio di Salomone, le frange del velo del Tempio, il pavimento a Mosaico ed il candelabro a sei bracci, le nostre parole sacre e di passo ed in particolare la parola perduta di cui in Massoneria si fa un uso misterioso. La nostra prima iniziazione all’Ordine è, nelle sue cerimonie principali, sovrapponibile all’iniziazione degli Israeliti a popolo di Dio ed al loro arrivo nella terra promessa; come loro, non abbiamo anche noi tutti patito una lunga e terribile sosta in un luogo deserto per prepararci? non abbiamo subito un passaggio attraverso il fuoco e l’acqua ed un viaggio faticoso e pieno di pericoli prima di raggiungere i luoghi sacri?

8.
[...]Io non so se ho risposto alla domanda che mi è stata posta: “Mosè fu un iniziato ?” personalmente ritengo non solo che lo fosse ma che sia stato poi anche un grande Maestro, capace di tutto quanto ci è stato tramandato dalle Sacre Scritture e dagli studi di tanti egittologi, uno per tutti il vescovo anglicano William Warburton il cui studio sulla missione divina di Mosè, diviso in tre volumi per un totale di nove libri, rappresenta uno dei testi di storia della religione e della cultura più significativi dell’Illuminismo europeo, per cui quanto da me elaborato, è veramente una umile tavola di un umile Maestro Apprendista. Or bene, le mie conoscenze limitate non mi consentono di andare oltre ma credo di poter dire che le dottrine degli ebrei possono essere o anche non essere legate a quelle massoniche, però ricordiamoci che in innumerevoli scritti massonici si fa riferimento a queste conoscenze ritenute di fonte divina, e ci basti sapere che vengono praticate nel nostro Ordine..