Le principali notizie della massoneria Italiana ed estera. Il simbolismo, la filosofia, gli Studi Tradizionali
martedì 28 febbraio 2017
La scienza di Hermes
È appena uscito, inedito per l'Italia, un saggio di Eliphas Lévi sull'Alchimia In questo scritto, corredato da 80 note integrative e complementari aggiunte dal curatore, il divulgatore francese affronta il tema dell'Agente Universale Trasmutativo, degli elementi necessari al compimento della Grande Opera e della matematica sequenza delle operazioni richieste. Chiara appare l'evidenza che non si tratta di operazione di laboratorio, bensì di un'Opera che ogni uomo deve compiere nella propria fucina interiore.
«La nostra opera è la conversione e la trasformazione di un essere in un altro essere, di una cosa in un’altra cosa, dalla debolezza alla forza, dal corporeo allo spirituale» (Nicolas Flamel).
lunedì 27 febbraio 2017
Tiziano Busca a Milano
Il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei LLMM dell'Arco Reale - Rito diYork è stato a Milano per avviare un lavoro unitario tra i Capitoli della Lombardia che hanno visto crescere in questi mesi il numero dei Compagni. La crescita si registra in realtà in tutta Italia, Bergamo, Brescia, Como, Imperia, Padova, Piacenza, Viterbo, Latina, Napoli, Trapani, Nardò, Livorno, Piombino, Catania, Marca Fermana e ovviamente Roma, solo per citarne alcuni dei 58 attualmente attivi... Nuovi Capitoli sono in corso di costituzione ad Anzio e ad Udine.
venerdì 24 febbraio 2017
L'albero della Gnosi
Tu sei l'albero della gnosi,
quello che è nel paradiso,
quello dal quale ha mangiato il primo uomo.
Esso aprì la sua intelligenza,
esso amo la sua co-immagine,
condannò le altre immagini estranee,
e ne ebbe ripugnanza.
( La gnosi e il mondo, edizioni Tea )
Sacro Monte di Varallo, statue del Tabacchetti
di Filippo Goti
La comunicazione gnostica è ricca di immagini, racconti, e sottili allegorie. Gli antichi gnostici infatti ritenevano che la comunicazione risultasse essere uno strumento imperfetto per veicolarle non solo la Gnosis ( che è pratica ), ma anche il riflesso di esso. Quindi attraverso descrizioni ricche di particolari immaginifici, cercano di stimolare una sorta di invocazione, evocazione nel confratello all'ascolto. Questa premessa è doverosa ed essenziale, e la comprensione della modulazione e trasmissione del pensiero gnostico fondamentale per superare l'aspetto dialettico, ed immergersi nel contenuto, della stilla di luce che intende trasmettere. Ne discende che è perfettamente inutile ricercare un'omogeneità discorsiva, una congruenza temporale o fenomenologica di quanto gli scritti gnostici, anche se attribuiti ad uno stesso autore, in quanto ciò che è fondamentale risulta essere l'effetto prodotto nell'intimo del lettore o uditore gnostico: in una sorta di "seminazione" del cervello.
Questa breve poesia è tratta dall'Origine del Mondo ( edizioni Tea ), e parla dell'Albero della Gnosi, che come l'Albero della vita è collocato nel Paradiso a settentrione. Questo luogo è un piano spirituale, determinato dalla Giustizia divina e la lettura del testo precedente lascia comprendere che è una "realtà" di passo per le anime sulla via del Pleroma. Dove l'Albero della Gnosi è posto prima dell'Albero della Vita. La funzione di quest'Albero è quella di scuotere le anime dal sonno dell'Illusione e dell'Ignoranza dei Demoni. Dopo che l'anima ha riconosciuto, giudicato, e ripudiato le potenze demoniache essa è pronta a nutrirsi dell'Albero della Vita Eterna, e fare così ritorno al Padre Occulto.
In questi semplici versi, che in breve andremo ad analizzare passo a passo, è racchiusa l'escatologia gnostica, e la funzione della Gnosis. Gnosis è conoscenza pratica, dove attraverso una fenomenologia dello Spirito in virtù della coscienza ultrasensibile è possibile trarre esperienza di conoscenza attraverso accadimenti sensibili e ultrasensibili, ma sempre inseriti nel Cosmo dove l'uomo gnostico ha dimora temporanea. La conoscenza assume quindi valore non solo di veicolo di redenzione, e manifestazione di redenzione, ma anche forma, di profondo mutamento nella natura dell'Uomo, che grazie ad essa risorge a nuova vita, cibandosi del nutrimento, i frutti dell'Albero della Vita, della vita Eterna. È utile far notare, come sarà in seguito evidenziato anche nell'esame del testo, che il verbo nutrirsi, cibarsi, implica non solamente ingestione di una realtà posta all'esterno dell'uomo, ma anche una trasformazione dello stesso, e identificazione della natura della stessa.
Come in un processo alimentare, dove il nutrimento viene portato alla bocca, ingerito, assimilato, e ricollocato all'interno dell'organismo, qui il procedimento non muta, se non nelle conseguenze finali: la comunione con la Conoscenza. Essa essendo frutto della pratica individuale, è componente intrinseca dell'uomo gnostico.
Tu sei l'albero della gnosi,
Abbiamo il riconoscimento da parte dello gnostico della Conoscenza, e della sua manifestazione (l'Albero). Ciò avviene a livello intuitivo, per affinità elettiva, in quanto l'Albero della Conoscenza, è prodotto dalla volontà del Padre, e quindi in esso vi è una stilla della sua natura, come nell'uomo gnostico vi è una stilla del Padre. Molto possiamo scrivere attorno al riconoscimento, ma basti dire che esso è frutto della rimembranza, del ricordo, seppur vago di quanto era rappresentativo della Dimora del Padre, e che in virtù della caduta pneumatica è andato perduto. Ma attraverso le pratiche gnostiche è possibile far nuovamente emergere chiazze di memoria. La figura dell'Albero è anch'essa indicativa della ricerca gnostica, che trova fondamento in questo mondo, per traslare le esperienze in un piano conoscenziale superiore, e lambire così, con i rami protesi al cielo, il limite del Pleroma stesso.
quello che è nel paradiso,
Apparentemente una ripetizione inutile, non essenziale. Ma se oltrepassiamo il livello dell'apparire, riflettendo sulla condizione che gli gnostici ritengono propria dell'uomo, troviamo tale asserzione fondamentale. L'uomo psichico vive nell'ignoranza del Padre, e ciò provoca illusione. Esso è come un nomade che si muove fra le nebbie che tutto avvolgono. I contorni sono sfumati, le distanze incalcolabili, la direzione approssimitiva. È facile errare. Così nella vita terrena, transito di redenzione, è facile nutrirsi di alimenti di Ignoranza, confondendoli per buon cibo. Ciò porta alla morte dell'anima, al prolungare l'asservimento. Se l'albero della Gnosi è in Paradiso, è possibile che via sia un altro Albero della Gnosi ? Certamente no. Se nel mondo del Padre, tutto è Amore del Padre e per il Padre, vi può essere un Paradiso ? Certamente no, in quanto ne fa difetto la causa. Solo oltre il Padre vi è il mondo delle manifestazioni, via via più grossolane. Ne discende che vi è un altro albero della Gnosi, ma che esso è solo apparentemente tale: ingannevole. Quest'albero è l'erudizione fine a se stessa, le cose di questo mondo vissute senza volontà di conoscenza e di trascendenza. E' l'essere come un foglia in un mulinello.
quello dal quale ha mangiato il primo uomo.
Il Cosmo, il creato, nella concezione cosmogonica gnostica è frutto dell'opera di un Dio Minore, cieco ed ignorante: il Demiurgo. Egli memore, grazie alla Madre, dell'armonia del Mondo celeste, posto ai limiti del Pleroma, lo ha ricreato a sua immagine, ma la natura del suo agire era corrotta e quindi il suo frutto è corrotto, in quanto causato da false premesse. Come esiste un Paradiso Celeste, dove si vive nella plenitudine di Dio, esiste un Paradiso Terreste, dove si vive in un oblio di Dio. Un Paradiso frutto non della Giustizia del Padre Autentico, ma dell'Ignoranza del Demiurgo. Che in un gioco di specchi diviene una trappola dove perpetuare l'asservimento dell'Uomo. In tale ottica acquista diversa luce lo stesso serpente, che da tentatore, diviene istruttore: causa della trasgressione da parte di Adamo ed Eva ai voleri del Demiurgo. Attraverso il nutrimento di quel frutto l'uomo ha intuito che è altra verità, ma non è ancora in grado di afferrarla, e trattenerla. Essa è come un lontano richiamo che giunge sul dorso del vento, un sibilo. Ma è sufficiente ad innestare, in coloro che maggiormente sono attenti e sensibili, una ricerca continua di essa. L'Albero della Gnosi, ha radici ovunque, anche nel falso Paradiso dove l'uomo conduce una vita tranquilla nell'oblio del ricordo di Se, in balia del Demiurgo. Esso ha ovunque radice perché nel mondo dell'immagini e del fare, il seme originario deve essere comunque divino. Ricordandoci che la Luce della Conoscenza, è posta al centro di un universo di dimenticanza. La tradizione ci tramanda che l'ira del Demiurgo fu terribile, e allontanò l'uomo infedele, dal Paradiso condannandolo ad una vita di sofferenza e privazioni. Questo atto fu voluto, per costringere l'uomo ad occuparsi di cose terrene, per non impegnarsi nella ricerca della Conoscenza, che lo avrebbe liberato inesorabilmente dal potere del Demiurgo. Ma l'Albero della Gnosi è ovunque.
Esso aprì la sua intelligenza,
L'effetto del frutto dell'Albero della Conoscenza, è quello di liberare l'intelligenza ( intesa come capacità di riconoscere il divino ) dallo stato di prigionia in cui si trova prima di tale atto. In tale passaggio, possiamo trovare identità fra la natura di questa Intelligenza, e la virtù teologale dell'Intelletto inteso come dono dello Spirito Santo, che feconda l'intelligenza umana, con il seme frutto dell'intelligenza divina. In modo tale che l'uomo abbia una diversa chiave di lettura delle cose di questo mondo.
esso amo la sua co-immagine,
Amore e Conoscenza, sono due termini indissolubilmente legati nella Tradizione Gnostica. Senza Amore non vi è Conoscenza, la Conoscenza è un frutto dell'Amore. Più amiamo più conosciamo, più conosciamo maggiore è l'intensità con cui amiamo. Fino a giungere ad una frenetica comunione dove entrambi gli attori sono specula l'uno dell'altra, come due diapason che vibrano alla medesima intensità. L'Albero della Conoscenza, frutto dell'amorevole giustizia divina, ama l'uomo che ama la Conoscenza.
condannò le altre immagini estranee, e ne ebbe ripugnanza.
L'amore della conoscenza è esclusivo, esso è perfetta comunione solamente per identità ontologica, oltre la similitudine delle immagini. La Tradizione gnostica ci narra che il Mondo Celeste è frutto delle promanazioni del Padre Occulto. Gli Eoni stessi, esseri di Luce della sostanza del Padre, non possono abbracciare appieno il Padre Stesso, e quindi modulano la percezione e la cognizione che hanno di esso in immagine. Da qui l'Adam Celeste, di cui l'Adam Terreste è Immagine. A maggior ragione nel Cosmo, creato imperfetto di un Dio imperfetto, tutto è forma. Ma come vi sono forme proiezioni di luce, vi sono forme che in loro alberga solamente la tenebra. Ciò che non è immagine e sostanza della Conoscenza, non può essere amato dalla conoscenza, e quindi riceve una condanna da parte di essa. In quanto lo riconosce frutto di Ignoranza e Illusione.
giovedì 23 febbraio 2017
mercoledì 22 febbraio 2017
Essere o non essere
di Nuccio Puglisi
«Essere o non Essere».
Mi sono reso conto quanto questa frase continua ancora oggi a preoccupare una parte dell’umanità pensante, perché non è un argomento di facile soluzione: «Essere o non essere, è questo il problema?».
La domanda che bisogna porsi inizialmente è: «Cosa bisogna fare per essere?».
Infatti, il vero problema è questo. Tutta l’umanità è convinta di essere sveglia, mentre dorme profondamente e sono davvero pochi coloro che scoprono di trovarsi in una specie di letargo e, in quel dormiveglia, fanno di tutto per mantenersi padroni dello stato cosciente, pur senza riuscirci completamente.
Conosci te stesso!
Sull’architrave del Tempio di Delfi, nell’antica Grecia, c’era la scritta: “Conosci te stesso”, mentre, una volta entrati, la parte del retro recitava: “Conoscerai Dio”.
Ancora oggi, il “Conosci te stesso”, si può leggere all’ingresso dei templi Massonici poiché è un invito, ai Fratelli amanti dell’Arte Reale, a prendere coscienza del proprio essere.
La realizzazione di questo stato di coscienza, prevede un duro e profondo lavoro su sé stessi che può durare addirittura una vita; anche se alcuni affermano che non è sufficiente un’intera esistenza, se non diverse “incarnazioni”, per svegliare completamente la coscienza assopita.
Comunque, quello che conta è iniziare quel viaggio interiore per capire il meccanismo attraverso la simbologia sacra che la Tradizione ci ha tramandato, perché l’uomo capisca e comprenda, e comprendendo diventi un Ecce Homo.
Già da bambino, l’uomo impara attraverso le fiabe.
In questo caso, quella di Pinocchio, insegna che il burattino di legno, aiutato dalla sua anima femminile (la fata), potrà un giorno, diventare un uomo e trasformarsi in un essere pensante a tutti gli effetti.
Non soltanto le favole danno indicazioni indirette, ma anche tantissimi testi e libri sacri, tutto sta a significare la stessa cosa: “Essere”!
Non si tratta, però, di essere buoni, di pregare, di meditare, di digiunare, etc., etc...
Quanto di comprendere sé stessi, amarsi, accettarsi, per procedere oltre e oltre; diventare il padrone di sé nel riconoscere i propri vizi e trasformarli in virtù.
È importante essere umili e soprattutto curiosi.
Capire perché ci sono tante cose che non si capiscono e domandarsi come mai la verità ci è stata nascosta sotto forma di storie, racconti, miti sacri etc.
Perché coloro che sapevano, hanno invece occultato nel dogma quelle risposte che avrebbero permesso all’umanità di prendere coscienza?
Vi siete mai domandati il motivo per cui il potere civile e quello religioso dell’antichità, diedero fuoco alle biblioteche in cui era conservata tutta la storia dell’uomo, fin dall’inizio dei tempi?
Penso che l’uomo “dormiente” e meno sapiens, sia l’unica creatura di questo Universo che ignori da dove viene, chi sia, e dove andrà.
Questa è la cosa triste, poiché è un Dio senza coscienza.
È un po’ come nel racconto sufi, in cui un aquilotto credeva di essere un pollo, mentre in realtà si scoprì una formidabile aquila reale.
Quando spiccò il volo con le sue ali potenti, si elevò alto nel cielo e comprese che quello era il suo regno... La libertà di essere libero in uno spazio illimitato dove poter manifestare la propria grandezza.
È chiaro, dunque, che il “Conosci te stesso, è un invito a conoscere Dio, in quanto Dio è in sé stessi. Così, come si dice “Ama te stesso”, “accettati”, è anche possibile trascendere per arrivare ad espandere il cuore, la coscienza e soprattutto, Essere.
Riconoscersi prigionieri della materia, è il primo passo verso l’oltre.
Significa voler raggiungere quel regno misterioso, che Gesù affermava di trovarsi dentro sé stesso e non al di fuori.
Se è così, la ricerca è più facile di quanto si creda.
La vera iniziazione si verifica nell’intimo, poiché quella ricevuta fuori dai Templi, è soltanto virtuale.
Dentro il Sancta Sanctorum o Arca Santa o dell’Alleanza, (Golgota – Cranio), il proprio Sacerdote dell’Altissimo, Cristo - Melkitzedeq, officia il rito e l’energia trasmutata o sublimata, nei diversi passaggi (Le Sette Chiese di Giovanni), giunge, dopo aver rotto i “sigilli”, alla ghiandola pineale.
Ed è proprio dentro questa meravigliosa “pigna” che l’energia di fuoco che ruota vorticosamente in senso antiorario, fa schiudere il “loto dai mille petali” e una luce stupenda si espande attorno alla testa dell’iniziato, come una”corona di spine”.
Da tutto il corpo emana questa Luce, dalle mani, dai piedi e, come una vera metamorfosi, bruciano le rimanenti scorie, per “salvare” la propria umanità cellulare, in modo che l’iniziato diventi Salvatore del mondo, del suo stesso mondo, perché ha risvegliato se stesso.
In quest’ “opera”, l’iniziato imita il suo Maestro e si trasforma in terapeuta, come il Cristo, appunto, nel portare a termine la sua missione.
Non si rincarnerà mai più e si convertirà in archetipo, allora...
È importante capire come avviene il processo di “salvezza” per poi applicarlo e attuarlo operativamente nel proprio universo interiore.
Non si tratta di cercare Dio guardando il cielo sopra la testa, anche se meraviglioso, oppure chiedere aiuto a qualche essere disincarnato, poiché la chiave maestra si trova dentro l’uomo stesso.
Non entrare nella propria intimità per mettere “ordine nel caos”, vuol dire che non si farà mai la luce nella coscienza e si diventerà un “non essere” soggetto alle altrui decisioni.
Sapete che differenza c’è tra l’essere e il non essere? Il primo crea la causa per ottenere l’effetto voluto, mentre il secondo vive negli effetti di cause provocate da altri.
A voi la scelta! Ad ogni modo, ognuno è libero di vivere come vuole, sia in accordo alle proprie capacità intellettive, sia, più semplicemente, “perché l’aria è gratis”, senza preoccuparsi di cambiare per migliorare sé stesso e anche l’ambiente che lo circonda.
La domanda da porsi è, vivere come “bruti” o conquistare virtù e conoscenza, come ricorda il sommo poeta Dante?
I tempi attuali invitano la creatura umana a “risvegliarsi”, a prendere consapevolezza per “essere”, per permettersi di superare l’esame di maturità ed elevarsi ad un’ottava superiore, che gli darà la facoltà di frequentare l’Università (da Universo).
A nessuno verrà permesso di barare, poiché chi sarà dietro la cattedra degli esaminatori, saprà leggere la mappa aurica di ciascuno, né, tantomeno, potrà alterare o nascondere i propri misfatti; ognuno avrà ciò che merita, perché imputato e giudice allo stesso tempo.
Gesù disse: «A chi ha, sarà dato in più, a chi non ha, sarà tolto tutto...».
Questa frase può avere la seguente interpretazione: chi si è impegnato, ha ricercato una vita per migliorare ed “essere”, sarà accontentato.
Invece, a coloro che hanno vissuto da “bruti”, prevaricando, ingannando, rubando, verrà tolto tutto.
Forse questa è solo un’utopia, forse è soltanto il sogno di un giusto stanco di vedere tanta bruttura dappertutto; comunque, si dice che “la speranza è l’ultima a morire”!
“Essere o non essere", questo è il dilemma!
“Fate voi”
Melchisedec e la memoria entropica
di Paolo Callari
Voglio condividere con voi questa meditazione, formalmente complessa, ma sostanzialmente semplice, o meglio, esemplificativa.
Negli anni settanta ci hanno insegnato a scuola che la luce avrebbe potuto avere la doppia natura, corpuscolare e ondulatoria. Secondo questa affermazione sarebbe dovuto esistere una massa priva di energia cinetica, il corpuscolare. Oggi sappiamo che, allo zero fisico, il movimento del nucleo atomico continua di moto uniforme attorno al proprio asse.
Pertanto l’universo è, probabilmente, perché l’85% del tutto è materia oscura quindi non rilevabile con gli strumenti disponibili al genere umano, in massima parte vibrazionale.
Tutto ciò a premessa di riflessioni condivise con “amicizie” che lavorano presso atenei italiani secondo le quali il tempo potrebbe essere circolare e non lineare: significa che l’universo infinito trova spazio dentro i buchi neri per processo di entropia , convalidando l’affermazione di Albert Einstein, non esiste fantasia che prescinde dalla conoscenza, vuol dire che, secondo un principio ologrammatico della complessità della mente, l’immaginazione altro non è che una struttura conservativa della materia, ciò che il passato ci trasmette per induzione dielettrica.
Per “governare” l’entropia della espansione infinita dell’universo incamerano i buchi neri e la nostra memoria immaginativa.
Ciò significa che il futuro è già definito prima di essersi realizzato. La freccia del tempo nel piano complesso del tempo è la via entropicamente più vantaggiosa ma non l’unica possibile, per entrare nel futuro è necessario farlo antientropicamente. Quindi il cerchio dell’immaginario ha senso solo come stato di liminalità dentro lo spazio tempo. Quindi l’universo in continua espansione con antietropia nei buchi neri e nella memoria del genere umano.
Ecco a cosa serve la tradizione nell’ordine di Melchisedech, a rigenerare questa memoria entropica. Per questo motivo la tecnica meditativa ci “libera” dai segnali superflui: ci mette in relazione con il sé profondo riportando a funzionare “armonia” con “universo”...
martedì 21 febbraio 2017
Il Grande Oriente d'Italia in lutto
«Ci ha lasciato la signora Daniela. Per tanti, per molti, era il Grande Oriente. La memoria attenta, precisa, del tempo trascorso che come in un caleidoscopio fissava la storia delle logge, dei fratelli, degli eventi di tutti noi massoni del Grande Oriente. Instancabile nel lavoro, il tratto fermo, gentile, cortese ed efficiente sono state le sue naturali doti spese al Servizio di tutti noi e della nostra Comunione. I compagni del Rito di York la ricordano con affetto. La terra gli sia lieve».
Tiziano Busca, Sommo Sacerdote
lunedì 20 febbraio 2017
Una libera meditazione massonico-cabalistica sul primo arcano dei Tarocchi
di Domenico Fragata
«Lui (Metatron) fu generato per primo. Nessuno può comprendere tale elevatezza,
ciò è riservato solo a Dio» (Zohar, Genesis 1:1)
Meditando lungamente su questo arcano mi sono domandato più volte chi potesse rappresentare “il Bagatto” in una Loggia massonica. (Credo sia doveroso specificare che non credo via sia una corrispondenza diretta e perfetta fra i 22 arcani dei Tarocchi e le funzioni degli ufficiali di Loggia).
Dal mio punto di vista in questo archetipo convivono due simbolismi apparentemente opposti: il neofita e il maestro venerabile. Se la squadra è indiscutibilmente il primo strumento che l’apprendista deve imparare ad usare è vero anche che è il simbolo del gioiello di loggia del Maestro Venerabile. Nel simbolismo dei primi tre passi, che l’apprendista compie nel tempio mettendo i piedi a squadra, è racchiuso l’intero percorso di rettificazione dell’iniziato. Ogni passo rappresenta la rettificazione di uno dei tre livelli dell’essere: Fisico, Psichico e Spirituale. Il Maestro Venerabile dovrebbe incarnare ciò che nell’apprendista risiede solo a livello potenziale. Apprendista e Venerabile possono essere paragonati alle categorie aristoteliche di Potenza e Atto. Il fiore rosso ai piedi del Mago simboleggia che il potenziale deve ancora dischiudersi, per manifestarsi pienamente ha bisogno di percorrere e realizzare i primi tre gradi della Via iniziatica. Alcuni statuti massonici definiscono il Maestro Venerabile il “Primo fra gli uguali”, ed è proprio in quanto “primo”, o “capo”, della loggia che egli può essere accostato alla figura del Bagatto. Visualizzando la lettera Alef [א] riconducibile al Bagatto, mi sono trovato più volte ad associare la Yud [י] sottostante al neofita mentre la Yud [י] soprastante al Maestro Venerabile. La Vav [ו] che collega, e contemporaneamente divide questi due punti, potrebbe rappresentare il metodo massonico che, se praticato con serietà e coscienza, permetterà all’apprendista di diventare maestro. A livello cabalistico potremmo associare il neofita alla Sephirot Malkut, che si trova alla base dell’Albero della Vita, mentre il Maestro Venerabile a Kether, apice del diagramma. Secondo molti studiosi, fra cui Dion Fortune, Metatron, la potenza angelica di Kether, è da considerarsi fratello gemello di Sandalphon che risiede in Malkut. Secondo Ashcroft e Nowicki Sandalphon e Metatron collaborano in Malkut che è l’unica sephirot nella quale si intravede l’immensità ineffabile presente in Keter; dunque alla base del sistema sephirotico troviamo riunite l’essenza più alta con quella più bassa, il dieci e l’uno, l’apprendista e il Venerabile.
Secondo il Libro ebraico di Enoch Metatron in origine non era un angelo, ma divenne tale a partire dall'assunzione in cielo del patriarca Enoch, in continuazione a quanto scritto in Genesi 5,24 "Enoch camminò con Dio, poi scomparve, perché Dio lo prese". Questo simbolismo, a mio modesto parere, rimanda al percorso ascensionale che l’iniziato deve compiere lungo l’Albero della Vita: dall’umano all’angelico, dalla terra (Malkut) al più alto dei cieli (Kether). Secondo questa visione ogni cosa promana dall’Uno ed all’Uno ritorna.
Newsletter: oggi l'invio numero 100
Invio numero 100 per la Newsletter del Rito di York (chi ancora non la ricevesse può iscriversi qui nel blog oppure scrivere a arcorealerdy@gmail.com). Un importante momento di condivisione di esperienze e contenuti, che coinvolge circa 2000 lettori, che si somma alle vetrine social del nostro Blog: la pagina Facebook e il profilo Twitter. Tutto questo, sommato al sito ufficiale e all’E-Mag@zine per non aver paura di testimoniare chi siamo e cosa rappresentiamo, nel mondo della Massoneria italiana e più in generale nel mondo della formazione filosofica e spirituale.
venerdì 17 febbraio 2017
Tiziano Busca: «Giordano Bruno ricordiamolo da domani»
«Ogni giorno è memoria e finisce che a ricordare tutto, e a ricordare ogni giorno, alla fine non si ricordi nulla, ma che sia tutto un rosario di ipocrisia quotidiana, frasi fatte e buone maniere. I giorni in cui si ricorda qualcosa sono utili se se ne fa tesoro tutti i giorni. Non ha senso, oggi, ricordare il rogo di Giordano Bruno se non siamo, tutti, sempre attenti e vigili a che non ci siano nuovi roghi. Non ha senso magnificare la Tolleranza, se poi da domani avremo dimenticato tutti le regole elementari dello stare insieme. Una società che ha memoria solo nei giorni della memoria, che ricorda a singhiozzo e per opportunità, è una società malata. Una società che oggi ricorda il martirio di Campo de Fiori, e domani strilla per nuove liste di proscrizione, e che fomenta la caccia alle streghe è una società che ha già dimenticato la giornata della memoria che ha celebrato meno di un mese fa. Il passato è lì a dirci cosa dobbiamo e cosa non dobbiamo fare. Solo così è possibile immaginare di crescere, maturare, diventare più civili, responsabili. Il passato non è rimpianto, ma è l’orientamento per domani, è valore e testimonianza. Per questo il rogo non ricordiamolo oggi. Ricordiamolo da domani».
Così Tiziano Busca, Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell'Arco Reale del Rito di York in Italia.
giovedì 16 febbraio 2017
mercoledì 15 febbraio 2017
Dalle iniziazioni antiche all'iniziazione cristiana
In attesa della prima edizione italiana del culto cognitivo di Rudolf Steiner pubblicata da Tipheret, ecco annunciata un'altra novità dall'attivissimo editore catanese. In questo secondo volume De Castro conclude il percorso sulle iniziazioni antiche, per cimentarsi subito dopo con l’iniziazione cristiana parlando anche degli esseni e dei terapeuti. Subito dopo affronta la cabala e gli gnostici e chiude questo secondo volume con la religione d’amore. La cura del volume è di Michele Leone...
martedì 14 febbraio 2017
Il Graal e il cuore del cavaliere
di Antonio Biviano
La parola Graal deriva dal latino “Gradalis”, cioè coppa o calice. Esso è comunemente associato al contenitore che raccolse il Sangue di Cristo. In realtà, come tutti voi ben sapete si tratta di un mito assai ben più grande e antico. Alle radici delle credenze cristiane, infatti, si riteneva che il Graal fosse la stessa coppa utilizzata da Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue dal costato di Cristo morto sulla Croce. Da cui, la fuga ed un lungo viaggio fino alla sua sosta in Francia, si riallaccia e scaturisce poi un’altra leggenda legata all’affascinante interpretazione e traduzione della parola Sacro Graal in Sang Real, e quindi la ipotetica linea di sangue reale della discendenza di Cristo. Secondo tale teoria dunque, Cristo, avrebbe concepito con la compagna Maria Maddalena una figlia, e che queste fossero fuggite, con Giovanni, in Francia, appunto. Da cui la discendenza della linea di Sangue Regale verso la stirpe dei Merovingi. Essi, discendenti di Gesù, sarebbero stati famosi per essere Re iniziati alle scienze esoteriche. Tanto da essere detti Re taumaturghi. Unica dinastia di Re-Sacerdoti, alla stessa stregua dei Faraoni d’Egitto.
Dopo un intervallo di centinaia di anni, ritroviamo la leggenda del Graal in pieno medioevo nel ciclo Arturiano, legato alle leggende dei Cavalieri della Tavola Rotonda, dove si narra della ricerca di questa coppa da parte di alcuni di essi, i più valevoli, quali Parsifal, Lancillotto e Galahad. Tale ricerca, già da allora era legata al convincimento che il Graal avesse delle proprietà miracolose, quali quella di dare una rigenerazione spirituale in colui che ne fosse entrato in possesso.
Possiamo ovviamente capire, da tali antiche leggende, quale sia il significato che bisogna attribuire al Graal, il quale è forse il più prestigioso ed antico simbolo del credo antico, tanto da essere descritto quasi sempre con il nome di Sacro Graal.
Già nel mondo Celtico, nel II sec. a.C., infatti, ritroviamo un simbolismo legato ad una coppa, il calderone di Gundestrup, nella Danimarca dell’età del ferro, nella cui coppa vi erano incise 13 placche di altrettante etnie diverse. La sua simbologia prevedeva che bere da essa dava la possibilità al fortunato prescelto di trovare un modo di sintetizzare le grandi diversità culturali, e sociali di popoli tanto diversi e lontani tra loro, come a celebrarne l’unione impossibile. – Si ricorda che il mondo celtico si estendeva dalle Isole Britanniche, alla Francia, alla penisola Iberica, all’Italia fino all’Anatolia. Tutte le leggende Celtiche, risentono fortemente del simbolismo del Graal. E questo a sua volta ci riporta a miti storicamente ancora più lontani nel tempo, quali: -la coppa della mitologia Irlandese, donata ai primi re d’Irlanda dai mitici Tuatha De Danann; -la cornucopia della mitologia greca;-la coppa della mitologia nordica ricavata dal cranio di Ymir; -la coppa della conoscenza che teneva in mano la figura femminile del popolo Yoruba, del periodo preistorico del nord africa.
Molte tradizioni antiche si rifanno al simbolismo della coppa, e parlano tutte di un qualcosa che in una data epoca sarebbe andata perduta. La coppa è stata tradizionalmente sempre e ovunque legata al significato di contenitore di sapienza, ossia di vaso che raccoglie tutta la conoscenza spirituale: il Graal contiene in sé tutto il sapere degli universi creati. Dice Guenon: Esso è il simbolo dell’anima umana, che era andata perduta, di un’anima che è rientrata in possesso del «senso dell’eternità» legato indissolubilmente a quello «stato primordiale» la cui restaurazione «costituisce il primo stadio della vera iniziazione ». Il Graal rappresenta oggi, un modo nuovo di vedere il rapporto che l’uomo ha con la divinità. Un uomo che non è più spettatore della propria vita, che fondendo la visione divina con quella terrena, ne diventa attore. Staccandosi dalla predestinazione e dalla provvidenza, da condotto diventa condottiero.
Si noti ora come nelle tradizioni in cui si parla di tale coppa, essa ad un certo momento imprecisato vada perduta, proprio come nella tradizione esoterica si dice della “parola” , cioè del senno dell’iniziato, per poi, essere ritrovata. Ed ecco che la coppa del sapere viene perduta e poi ritrovata ad elargire, al Parsifal dei giorni nostri la sapienza e cioè la conoscenza spirituale di chi sacralizza se stesso. Incarnando in se il Graal dei nostri giorni. Concetto questo già presente e ben chiaro nell’”Elogio” di Bernardo di Chiaravalle, dove egli dice: «Il senso profondo della Cavalleria Templare è quello di risacralizzare il mondo». Partendo dal singolo Cavaliere-Uomo, da Graal a Graal. Da Cuore a Cuore.
Ed ecco che i Templari avrebbero elaborato una visione del mondo teorica ed operativa assieme, fondate sulla possibilità di fusione delle tradizioni culturali diverse, tanto da poter universalizzare scienza e religione. Questo stimolo li portava dunque ad un sapere elitario e ad un sincretismo politico, sociale e religioso, grazie alla loro presenza contemporanea in vaste aree geografiche infatti essi poterono attingere a varie tradizioni quali la orientale, l’ebraica, l’ellenica, la cristiana, la islamica, fino a conoscere la teologia del monachesimo orientale, la quale professava la riconquista della vita divina da parte dell’uomo, attraverso una rigenerazione spirituale, del tutto simile alla nostra attuale visione etica della ricerca del Graal.
Uno dei punti che a mio avviso è più affascinante, di tutta la saga del Graal, sta proprio nel fatto che esso oscilli sempre tra religione ufficiale e credenze popolari. Esattamente come accade per gli argomenti di grande interesse trattati dall’uomo, ai quali, pur riconoscendogli una importanza religiosa, non si disdegna comunque di trovare anche un aspetto leggendario, astrale, ed esoterico.
Ed ecco come, più i Cavalieri vanno avanti e penano, e più sperano, vivendo una leggenda senza tempo. Ed è per questo, e solo per questo, che i Cavalieri percorrono le vie del mondo, dalle isole Britanniche all’Africa centrale, attraversando metaforiche foreste, vincendo incantesimi e talvolta perdendosi nel labirinto delle proprie visioni, per ritrovare la reliquia che è dentro di loro stessi, sintesi eterna di ogni bene. Come Parsifal, Essi, perennemente in armi ed in preghiera, sono protesi alla realizzazione di un sogno, impediti dalla loro umana imperfezione, sono comunque gli eroi di un’avventura senza tempo, ricca di segni e simboli misteriosi.
Decifrarli ed imitarli, può aiutare il Cavaliere-Massone di oggi, a capire se stesso.
La ricerca del Graal non è dunque un’azione, ma l’aspirazione metafisica di alcuni eletti, tra la massa profana, di ritrovare quella condizione di eccellenza iniziale, originariamente posseduta ed in seguito smarrita.
Ed ecco come questa ricerca incarna il più profondo senso dell’iniziazione esoterica che conduce un manipolo di uomini a rifiutare il disordine del mondo contemporaneo, fondato sul potere della materia, nella ricerca di qualcosa di ben più grande e cospicuo. Il Graal è dunque un simbolo interiore, un archetipo, che guida il Cavaliere-Massone nelle tenebre del mondo profano, alla ricerca della conoscenza. Esso è il principe tra i simboli esoterici della Cavalleria Templare e l’espressione di tutti i suoi valori morali. La Cavalleria è dunque soprattutto un ordine ascetico, e il Graal è l’espressione della sapienza, della più profonda e antica conoscenza, associabile alla parola perduta che viene ritrovata, nella ricerca dell’ascesi e della sublimazione dell’Uomo- Cavaliere.
Possiamo quindi affermare che il compito di ogni Cavaliere è quello di ricercare il proprio Graal ripartendo dalle grandi tradizioni esoteriche dell’umanità. – Soltanto il Cavaliere che si dedica anima e corpo, a tale ricerca, potrà così trovare il proprio Graal, ovvero l’unione estatica con Dio, la via verso la Gerusalemme Celeste.
È superfluo quindi affannarsi in futili tentativi di rintracciare una qualche reliquia.- Il Graal è dentro colui che lo sa cercare.
Da questa preziosissima reliquia, il Calice della Passione, nasce per colui che la possiede non tanto una sorta di potere magico, quanto una più profonda consapevolezza di se stesso. E come si acquista questa consapevolezza, rifacendoci allo spirito dell’uomo medievale? alla luce del Graal, cioè alla luce di Cristo, del suo mistero di Passione, morte e Risurrezione.
Ed ecco come, se si apprezza e si accetta il proprio essere, con pregi e difetti, con grandezza e miseria, si può essere capaci di intraprendere il cammino verso Dio, quel cammino di ricerca che tanti uomini medievali attuarono nei pellegrinaggi verso la Terra Santa, nella ricerca teologica, nelle vocazioni monastiche, fino ad arrivare a sublimare se stessi.
Il Graal, può ancora essere inteso come il “fuoco sacro” dei martinisti. Fuoco che nasce dall’esigenza di testimoniare se stessi, dispensando agli altri ciò che si è ricevuto. In tal modo il Cavaliere è simbolicamente assimilabile ad una coppa sacra, sempre piena e sempre vuota.
Un altro paragone che a nostro avviso ci pare pertinente, è quello che esiste tra il Graal e la Pietra Filosofale. Lo scrittore von Eschembach, dove si descrive il Graal come una pietra sacra, la lapis exillis del Parsifal. Esse rappresentano entrambi l’Antica conoscenza, quella che la maggior parte di tutti noi ha purtroppo dimenticato, cioè la “parola perduta”. La pietra filosofale è dunque un simbolo, un’idea, una chiave, essa è un elisir di lunga vita, dona l’omniscenza e permette di tramutare i metalli in oro.
Volendo formulare un parallelismo con la nostra epoca, il Graal deve allora essere considerato a tutti gli effetti come la nuova Arca dell’Alleanza tra Uomo e Dio. Anello di congiunzione tra la più profonda essenza cristiana e la tradizione esoterica.
Chiudiamo con le parole di Claudio Bonvecchio, il quale dice: «Il Cavaliere che trova il suo Graal sacralizza se stesso. Da cui il senso odierno della Cavalleria, e cioè quello di sacralizzare il mondo. Cioè l’obbligo di migliorare il mondo che ci circonda, che circonda ogni cavaliere, partendo dalla propria interiorità. Ed ecco che il Graal può essere inteso come il sacro cuore, ed il processo di sacralizzazione può avvenire da cuore a cuore. Da Graal a Graal».
Riportando questa simbologia in una pratica operativa dei giorni nostri, diremo che, il Cavaliere è uno che rischia. Il Cavaliere è colui che affronta le tensioni. Il Cavaliere difende sempre quello in cui crede. Egli è pronto al sacrificio, crede che si può sacralizzare il mondo. Ed ecco come la forza in una fede che può essere cristiana o non, il sacrificio, l’impegno a servire gli altri, il coraggio di rinunciare a qualcosa, l’amore e la fedeltà in un ideale o in una persona, ci può riportare ad un concetto originario della più intima ricerca del proprio Graal.
Ecco cosa a nostro avviso pensiamo possa voler dire oggi riscoprire la figura del Cavaliere e della Cavalleria, il ritorno alle nostre origini.
Il cavaliere è colui che cavalca da solo, verso la luce, pur sapendo che egli spesso si rimane da solo. Ma l’illusione dolcissima della conquista finale lo rende migliore, sacralizza la sua stessa esistenza, e chissà forse anche quella di coloro che lo hanno conosciuto. Perché la luce non è altro che il Sacro che c’è in Lui.
Mi piace concludere con le parole di Gustavo Raffi, il quale scrisse: «Come infinita ricerca di vita e di un senso, il Graal è ancora davanti ai nostri passi nella notte».
“ Non nobis Domine, non nobis, sed Nomini Tuo da Gloriam”.
lunedì 13 febbraio 2017
Il Rito di York a Massa Marittima
venerdì 10 febbraio 2017
Il battesimo e l'iniziazione
di Filippo Goti
Il battistero di Firenze
Premessa
Come sappiamo il battesimo non è prerogativa unica del cristianesimo, e non trova certamente in Giovanni il Battista il suo istitutore. Sicuramente il profeta, in quanto il Battista si inserisce nel solco della tradizione profetica a sfondo morale, in virtù dei suoi pellegrinaggi nel deserto entrò in contatto o con gli esseni, i quali praticavano una forma di battesimo per immersione in apposite vasche, o ebbe a conoscere similari riti afferenti la tradizione egizia. E' infatti legato al culto misterico di Iside le prima notizia certa del battesimo come atto di purificazione e rinascita, inizialmente riservata al Faraone e ai sacerdoti, per poi essere estesa anche ad altri strati della popolazione. Ancora il baptizo si ritrova nei culti inziatici della Grecia Antica, dove a seguito di un periodo di apprendimento l'iniziato ai misteri di Dioniso e Demetra viene immerso in un vasca in pietra. Sicuramente i greci avevano appreso questo rito durante la loro espansione in medioriente dove oltre al culto di Iside, tale forma rituale era presente anche nei culti di Marduk, Mitra, e Attis.
Congetturare se il battesimo rappresenti o non rappresenti un'iniziazione non è vuoto e retorico discorrere attorno ad uno dei tanti quesiti che costellano l'ambito della tradizione occidentale, ma determinare o non determinare se in virtù di tale sacramento, in quanto di sacramento trattasi, si attui non solo un'influenza spirituale, ma anche il conferimento di un qualche "potere" attivo o latente. Potere che dovrà essere, ovviamente, compreso prima ed esercitato poi, ma che comunque sussiste a prescindere dalle qualità sostanziali del cristiano. Il difetto o assenza delle quali al più limita il battesimo ad un’influenza spirituale, all’ammissione all’interno dell’Eggregora cristiana. Così come l’albero da frutto che sussistendo in un terreno poco fertile, trova esclusivamente nutrimento per il proprio sostentamento, posponendo a tempi maggiormente propizi la fruttificazione. Così colui che in assenza delle qualità sostanziali per poter esercitare il potere trasmesso, vivrà l’iniziazione come “semplice” inclusione all’interno di un campo energetico di influenza spirituale.
Prima di affrontare il cuore dell'argomento vorrei invitare alla riflessione su due aspetti, spesso colti di sfuggita da parte di colui che si interessa dell'ambito magico ed iniziatico.
Il primo aspetto è da ricercarsi nel patrimonio cerimoniale, simbolico, e magico di cui è portatore il deposito docetico delle religioni cristiane. Si pensi al potere di remissione dei peccati, al sigillo dell'olio consacrato, alla transunstatazione durante il messale, al potere di scacciare i demoni, di accogliere un altro uomo all'interno di un'influenza spirituale, e di dispensare sacramenti. Un perimetro operativo sicuramente ed evidentemente possente, magnifico nella sua strutturazione, retaggio di altre tradizioni precedenti e concomitanti al cristianesimo, e che necessariamente viene trasmesso e traghettato nei secoli dal battesimo.
Baptizo che rappresenta una conditio sine qua non, in assenza della quale nessuno di questi atti sacri è possibile. Da tale evidenza discende il secondo aspetto, che forse sfuggendo ai più, non è mai stato sconosciuto da coloro che hanno volontà e desiderio di operare con tali strumenti al di fuori del perimetro religioso. Pensiamo a come l'esoterismo occidentale rinascimentale, moderno e contemporaneo, sia costellato non solo di sacerdoti e monaci che hanno rappresentato spesso la punta di diamante di tale movimento, ad evidenzia che non di sola forma trattasi la loro investitura, ma anche dalla moltitudine di Chiese Gnostiche e gruppi cerimoniali. I fondatori dei quali da un lato si sono ingegnati nel ricercare elementi di continuità tradizionale con il potere apostolico, e dall'altro non hanno che ritradotto nel loro alfabeto magico operativo il complesso rituale e cerimoniale delle due maggiori espressioni religiose cristiane: la chiesa greco-ortodossa e cattolica romana.
Da Papus, Ambelain, Aleister Crowley, Krummer Heller, Samael Aun Woer, Max Hendel, fino a giungere a moderni catari, rosacroce e templari, ognuno di essi ha cercato di legittimarsi nell'uso di determinate attribuzioni sacerdotali, e dall'altra ha filtrato a sua utilità il cuore pulsante dell'operatività delle forme religiose cristiane: il messale eucaristico.
Sebbene il presente lavoro non tratta di questa cerimonia, posso solamente affermare che essa risulta il Sancta Sanctorum o Qodesh ha-Qodashim, necessario al mago-sacerdote per costruire il proprio corpo di luce. In quanto ciò che è, e sarà, spirito si può e si deve nutrire solamente di ciò che è stato liberato dalla grossolanità della materia.
I personaggi di cui sopra ho accennato hanno ricercato tale legittimità in iniziazioni spiritiche ed astrali, o in conferimenti di potere episcopale tramite rami collaterali della Chiesa o vescovi erranti, quando non attraverso la semplice riproposizione di elementi cerimoniali e rituali, spesso mal compresi, della tradizione catara o gnostica alessandrina.
A mio avviso confondendo spesso la forma con la sostanza, e dimostrando spesso un giammai superato complesso di Edipo nei confronti della Chiesa. Del resto ancora oggi provo un certo divertimento intellettuale nel vedere sedicenti pagani o pitagorici che si cimentano con espressioni magiche ed iniziatiche di stretta provenienza cristiana ermetica o cristiana gnostica. Del resto non sono forse questi i tempi della confusione ?
Piero della Francesca
Il Battesimo: il punto di inizio
Affrontiamo immediatamente una questione di particolare interesse in quanto viene riproposta in modo pressochè identico da parte dei tre sinottici.
Luca 20:4. «Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?».
Matteo 21:25. «Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Ed essi riflettevano tra sé dicendo: «Se diciamo: "dal Cielo", ci risponderà: "perché dunque non gli avete creduto?"»;
Marco 11:30. «Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi».
La domanda viene rivolta da Gesù ai sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani che interrogavano Gesù sull'autorità da cui deriva il suo potere di compiere miracoli e rimettere i peccati. Non rispondendo direttamente Gesù chiede loro da quale autorità derivava il potere di Giovanni di battezzare con l'acqua. A prescindere dalla stentata risposta dei farisei e dei sacerdoti, che rappresentano la parte formale della tradizionale staccata dal suo cuore pulsante, possiamo suggerire come non solo Gesù abbia voluto mettere in difficoltà i dotti del tempio mostrando la loro ipocrisia, ma sottintendere almeno tre concetti:
Il battesimo che Giovanni impartiva era fuori dal perimetro tradizionale dell'ortodossia religiosa ebraica. Questa deduzione emerge dall’imbarazzo che travolge i farisei e i sacerdoti, i quali non potendo ricorrere alla parola scritta e all’interpretazione di essa non riescono a dare una risposta plausibile.
Gesù rimanda formalmente la propria autorità di compiere miracoli e rimettere i peccati proprio al battessimo ricevuto da Giovanni.
Gesù sancisce che il battesimo avviene non tramite un potere degli uomini fra gli uomini, ma attraverso un'influenza spirituale celestiale, superiore ad essi.
Quindi è utile ribadire, con il rischio di divenire ripetitivo ma trattasi di punto fondamentale, come ogni atto miracoloso o di autorità spirituale di Gesù deriva formalmente dal battesimo, la cui importanza non può essere semplicemente ridotta alla stima che Gesù nutriva nei confronti di Giovanni il profeta, in quanto si inserisce all'interno di un preciso quadro di continuità iniziatica tradizionale. Non è questo il luogo per discorrere se Giovanni il Battista sia stato o non sia stato il Maestro di Gesù, in parte ho già trattato questo argomento mostrando come la vita e la morte dei due personaggi pare essere coincidente sotto molti punti di vista, basti però ricordare che l'attività pubblica di Gesù ha inizio dopo l'atto rituale del battesimo. Ricorda però il nuovo testamento come l’opera pubblica di Gesù ebbe inizio dopo il battesimo, e come entrambe le figure sono legate non tanto al mondo del deserto e della periferia, rispetto al cuore della tradizione ortodossa ebraica.
Il battesimo è iniziazione
La parola battesimo trova il suo etimo nel greco "immergere nell'acqua". Le acque rimandano sia l'atto di mondare i peccati, che così come la sozzura e la polvere si attaccano al corpo, così essi si attaccano all'animo dell'uomo. Trova però anche espressione nell'immersione nell'acqua, che simboleggia la rinascita a nuova vita, così il bimbo esce dalle acque del ventre materno a nuova vita, così il battezzato emerge dalle acque dello spirito. Siamo quindi all'interno di un paradigma simbolico e rituale che agisce per "simpatia", così l’acqua per il corpo, così l’acqua consacrata per l’anima, in virtù dell'influsso spirituale che il sacerdote trasmette al battezzando.
In effetti all'interno dello stesso nuovo testamento vi è una pluralità di effetti associati al sacramento del battesimo:
Atti 1:22 «Incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione».
Atti 13:24 Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di penitenza a tutto il popolo d'Israele.
Atti 19:4 Disse allora Paolo: «Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù».
Atti 22:16 E ora perché aspetti? Alzati, ricevi il battesimo e lavati dai tuoi peccati, invocando il suo nome.
Romani 6:4 Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.
Efesini 4:5 un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.
Colossesi 2:12 Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.
1Pietro 3:21 Figura, questa, del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo,
Effetti spirituali che vanno dalla purificazione del corpo e dell'anima, alla rinascita, fino all'accoglimento nella comunità cristiana. Quindi la tradizione cristiana, tramanda attraverso il battesimo, ha un'azione che si sviluppa su diversi piani, agendo sui corpi sottili dell'individuo. Colui che volesse vederci un'eterogeneità (purificazione, rinascita ed accettazione) che inficia il potere del battesimo, avrebbe da interrogarsi attorno alla propria miopia. In quanto è fatto noto, o dovrebbe esserlo, che nessuna reale ammissione all'interno di una struttura iniziatica avviene in difetto di una purificazione precedente, a cui segue l'accettazione attraverso il rito associato, e la rinascita in una nuova dimensione o prospettiva spirituale (con imposizione del nome iniziatico). Il difetto di uno solo di questi elementi, provoca inevitabilmente il collasso della cerimonia iniziatica o associativa a semplice messinscena.
A coloro che sostengono come il battezzato a differenza dell'iniziato è privo di volontà, in quanto subisce il sacramento del battesimo, si può obiettare quanto segue.
Da un lato un potere reale si esprime a discapito dell'accettazione volontaria di tale potere, esso se è espressione di una fonte spirituale tradizionale è pervasivo della forma umana e della volontà umana. Dall'altro a seguito della mia frequentazione in ambito iniziatico ho molti dubbi attorno alla consapevolezza da parte di un associato o di un apprendista del rituale a cui è sottoposto, degli equilibri simbolici e delle energie che esso esprime. Se fosse a conoscenza di questi pesi e misure, di questi dinamismi, e comprendesse i passi, le movenze, le parole, i simboli e i gesti dell’iniziazione, sarebbe ovvio che non fosse lui l’iniziato, bensì l’iniziatore. In verità possiamo invece notare come il rituale di associazione o iniziazione accoglie l’iniziando/associando quando è già “aperto”, e si chiude ben dopo il formale atto di associazione/iniziazione.
Altra obiezione che può essere mossa è attorno alle qualifiche necessarie per imporre il battesimo. Può un sacerdote moralmente e spiritualmente corrotto amministrare un valido sacramento? La Chiesa risponde affermativamente a questo quesito, sostenendo che è la cerimonia che esprime gli effetti, e che le mancanze del sacerdote sono supplite dalla comunione dei Santi e della Chiesa stessa. Del resto identica osservazione si potrebbe muovere ai nostri tanti iniziatori o venerabili maestri, i quali non hanno neppure dalla loro parte duemila anni di continuità rituale. Il negare questi aspetti di semplice e logica osservazione delle cose, da parte di iniziati dovrebbe far loro riflettere attorno alla pochezza di conoscenza sulla meccanica del rito di iniziazione, e l'illusione dei requisiti formali e sostanziali di coloro che amministrano e ricevono il rituale. Del resto è tragico e castrante separare l'aspetto esoterico da quello religioso, mentre una corretta comprensione ed integrazione di entrambi comporta indubbi benefici sotto il profilo operativo e magico.
Inoltre volendo limitare il battesimo a semplice accettazione all'interno della comunità religiosa, si dovrebbe però considerarlo come una progressione che attraverso il sacramento della cresima dove il fedele conferma i voti espressi durante il battesimo, ed accetta l'imposizione delle mani del vescovo a simboleggiare la discesa dello Spirito Santo.
Personalmente ritengo però già valido ed efficace come rituale iniziatico il semplice battesimo. Oltre per i motivi esposti in precedenza , anche perchè questi conferisce la possibilità di partecipare all'eucarestia, la quale, si noti, avviene in genere a cavallo fra il battesimo e la cresima. Rappresentando, l'eucarestia, un sacramento dove il fedele è in comunione (dal greco koinonia) con i Cristo ed i suoi discepoli: ingerendo ed assimilando il corpo di Cristo egli diviene cosa unica con esso, e con tutti gli altri cristiani.
All'obiezione che si potrebbe muovere attorno a ciò che crediamo, si ribatte tranquillamente che formalmente il battesimo ha in se tutti gli elementi formali richiesta al rituale iniziatico, e se fanno difetto i requisiti sostanziali di un rito che affonda le proprie radici in duemila anni di storia, mi chiedo dove risieda la "verità e regolarità" iniziatica.
Del resto credo che si abbia compreso che il sottoscritto ritiene l'iniziazione non un atto universale ed estendibile, eguale ma in forme diverse, ma un rito che avviene con eguali o similari meccanismi e che fornisce qualifiche ed abilità diverse. Diverse in guisa del contesto culturale/religioso/spirituale in cui è inserito, e diverse in riferimento alle persone che da esso sono investite. Così che l'arte di seminare è eguale, ma essendo diversi i semi, l'abilità dei contadini, il terreno che li riceve, e il clima a cui sono sottoposti, avremo pur sempre difformi espressioni vitali e spirituali.
Inoltre dobbiamo aver riferimento non solo all'atto, ma ciò che l'atto permette nel suo proseguire. Ecco qui la volontà che emerge e dispiega le proprie azioni. Inutile essere volonterosi ma primi di possibilità di agire, meglio attendere di essere posti nella condizione di agire. Per cui l'iniziazione è reale se conferisce la possibilità di operare realmente, a colui che è in grado di operare nella forma e nella sostanza. Abbiamo qui l'ingresso in una comunità spirituale che perdura da oltre duemila anni e raccoglie patrimonio simbolico ed operativo di altre tradizioni, la possibilità di partecipare al rituale eucaristico (centrale nell'alimentazione spirituale e magica del mago-sacerdote), ed infine è il seme che ha in potenza ogni altra qualifica compresa quella sacerdotale ed episcopale. Vi è altro da pretendere ?
L'immagine del Battesimo: la volontà
La volontà non rappresenta la centralità della ritualità, ma bensì quell'azione di pensiero e potenza che permette di uscire da uno stato inerziale, e mutare l’esteriore o l’interiore. Ogni iniziazione tradizionale conferisce degli elementi che agiscono a prescindere della volontà dell'iniziato, ma è attraverso la volontà dell'iniziato che dispiegano ogni loro espressione di potenza. Tale concetto è ottimamente espresso da questo passo del Vangelo di Marco che vede come protagonisti Giacomo e Giovanni da un lato, e Gesù dall'altro:
Marco 10:35 E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo».
Marco 10:36 Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero:
Marco 10:37 «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Marco 10:38 Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo».
Marco 10:39 E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete.
Marco 10:40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Alla domanda da parte dei due fratelli di potere essere ammessi non solo al suo seguito, ma essere "iniziati" alla sostanza del suo insegnamento, Gesù chiede loro se comprendono quanto stanno chiedendo, e se sono in grado di bere ed essere battezzati. Ora è evidente che non si riferisce alla forma delle cose. Chiunque in apparenza è in grado di capire in cosa consista il battesimo, o sollevare alle labbra un calice e bere; ma sostanzialmente si è in grado di penetrare questa sfera simbolica ? Di andare oltre il manto dell'apparenza ? La risposta dei due fratelli è lo possiamo. Ecco quindi l'atto di volontà, che si traduce nell'azione, la quale è espressione iniziatica e magica in quanto avviene all'interno di un perimetro tradizionale.
Del resto nel catechismo cattolico il battezzato è colui che si immerge nel « lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo » (Tt 3,5), in assenza del quale nessuno « può entrare nel regno di Dio » (Gv 3,5). Il catecumo si immerge nell'acqua e da essa riemerge quale « nuova creatura » (2 Cor 5,17; Gal 6,15) che risorgee dalla morte con Cristo. Quali potenti immagini, quali arditi e profondi simbolismi nel rito del battesimo, e quali chiavi di attivazione giacciono in noi in attesa di un nostro chiaro e distinto LO POSSIAMO, così come Giacomo e Giovanni ebbero a dire a rispondere a Gesù.
Conclusioni
Sono ben consapevole che malgrado ogni sforzo prodotto, il buon senso che nasce dall'osservazione e dallo studio, la constatazione dello stato delle cose, niente potrà modificare quell'idea che nasce dalla presunzione e dall'odio verso ciò che è cristiano e che tanti malanni porta nell'ambito dell'esoterismo occidentale. Non è però possibile contrastare l'evidenza della strutturazione del battesimo come un rituale iniziatico. Questo è stato dimostrato in virtù dell'antecedenza di tale rito rispetto allo stesso Battista, e alla sua collocazione quale parte integrante dei culti misterici del bacino del mediterraneo. Tale antecedenza oltre a testimoniare la presenza di elementi rituali estranei alla tradizione ebraica, e aprire interessanti riflessioni attorno alla reale genesi del cristianesimo, costituisce quella continuità tradizionale del rito che è indice di collegamento fra forma e sostanza spirituale. Rendendo di fatto il battesimo stesso, così come l'Eucarestia, una di quelle chiavi di passo atte a raccoglie, a modo di catalizzatore, potenti influenze spirituali che da sempre accompagnano la dimensione sacerdotale e magica dell'uomo. Omettendo di ricapitolare le eventuali risposte alle varie obiezioni, mi limito velocemente a sostenere perchè è importante e necessario considerare il battesimo come forma di reale iniziazione, e ciò non solo in virtù di verità, ma anche di utilità e necessità.
È tramite il battesimo che nello spirito del cristiano viene tramandato l'alfabeto dell'anima, che permetterà, una volta disvelato tramite il battesimo del fuoco, di comprendere la pienezza dei riti e dei simboli del cristianesimo. Ecco perchè è una tragedia quando una persona abbandona la propria natale religione, in quanto essa recide ogni possibilità di parlare con se stessa, nella forma culturale e spirituale marcata fin dalla nascita.
È inoltre utile e necessario in quanto il battesimo rappresenta il Seme attraverso cui tutta la pianta sacramentale cristiana fiorisce nelle sue varie parti e nei suoi rigogliosi frutti. Il battesimo precede necessariamente ogni altro sacramento, e ogni altro sacramento trae da esso linfa e possibilità di esistenza.
Il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d'ingresso alla vita nello Spirito (« vitae spiritualis ianua »), e la porta che apre l'accesso agli altri sacramenti. Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione: « Baptismus est sacramentum regenerationis per aquam in verbo – Il Battesimo può definirsi il sacramento della rigenerazione cristiana mediante l'acqua e la parola »
(dal Catechismo della Chiesa Cattolica)
Ha quindi in numero ed in potenza ogni altro sacramento, fra cui il sacramento dell'ordine nei suoi tre gradi: l'Episcopato, il presbiterato e il diaconato. Da cui discende che non è necessario cercare assurdi e funambolici collegamenti per esercitare i misteri e i riti cristiani, ma basta rivolgere la nostra capacità di comprensione a quel collegamento tradizionale che in noi vive da oltre 2.000 anni, e viene a noi traghettato proprio dal battesimo.
Concludo ricordando che l'iniziazione è la possibilità che viene concessa ad ognuno di noi di operare all'interno di un perimetro tradizionale, in accordo con determinate energie ed utilizzando gli appositi strumenti. Sta poi ad ognuno di noi di prendere coscienza che non solo è possibile operare, ma che è necessario operare. Ovviamente l'Opera stessa non solo risentirà della volontà e del genio dell'iniziato, ma anche della sua effettiva capacità di operare. Ecco perchè nei fatti sul piano spirituale, e non sto qui a parlare dell'ambito formale, ad ognuno di noi è concesso esclusivamente il ruolo che per merito ed audacia può ricoprire. Quindi ad ognuno di noi l'audacia e la capacità di poter operare con gli strumenti e i riti della tradizione di cui portiamo il sacramento del battesimo.
Del resto la stessa Chiesa Cattolica nel suo Catechismo che sostiene:
Da sempre la Chiesa è fermamente convinta che quanti subiscono la morte a motivo della fede, senza aver ricevuto il Battesimo, vengono battezzati mediante la loro stessa morte per Cristo e con lui. Questo Battesimo di sangue, come pure il desiderio del Battesimo, porta i frutti del Battesimo, anche senza essere sacramento.
giovedì 9 febbraio 2017
Ancora sulla croce
di Antonio Biviano
La Croce è uno sei simboli universali più antichi e più diffusi al mondo. La ritroviamo in tutte le tradizioni antiche, con significati molteplici, ed ecco perché Essa non può e non deve essere considerata solo come un simbolo cristiano.
Simbolo antichissimo, ne sono stati rinvenuti reperti preistorici anche dell’era neolitica (10.000 a.C.), per poi arrivare alla croce Ansatica dell’antico Egitto (che rappresentava e rappresenta tutt’oggi la vita eterna) ed ancora dello Swastica che appare nelle aree Indo-mediterranee dell’epoca tardo Neolitica (circa 4000 a.C.) prima e dell’area egeo-anatolica dopo. Da qui, si arriva, nei secoli susseguenti, ad indicare la manifestazione di tutte le cose, nel buddismo, da un punto centrale generatore, o ancora la croce azteca di Tlaloc, detta la croce di Quetzalcoatl, nel 200 d.C.; ed ancora, scorrendo lungo i secoli, presso i Celti, la Croce è iscritta in un cerchio, a rappresentare il rapporto esistente tra macrocosmo e microcosmo, e cioè il rapporto tra Dio e Uomo, concezione propria della religione Druidica.
Sull’origine e sull’attribuzione cristiana, possiamo dire che nei primi secoli d.C. il simbolo del Cristianesimo era il pesce, in greco si dice Icthus, ma è dal II secolo, con gli scritti di Marco Minucio Felice, che essa viene associata come simbolo di Cristianesimo, come appare in dei papiri del 200 d.C., dove appare lo staurogramma formato da Tau e Rho .
Al fine di non dilungarci in una più lunga disamina storica sui molteplici significati attribuiti nell’antichità alla Croce, e diciamo che: come per ogni altro simbolo, il suo significato è percepito in funzione delle posizioni filosofiche e religiose di ciascuno di noi. Essa è, a nostro avviso, il simbolo che meglio di ogni altro, svela il mistero della divinità.
La realizzazione dell’uomo universale, è infatti simboleggiata in tutto il mondo, dalla maggior parte delle dottrine tradizionali, sempre col medesimo segno: il segno della Croce. – Esso si ricollega alla tradizione primordiale, e rappresenta come gli stati dell’essere umano, siano l’orizzontale, materiale, appartenente al mondo reale e tangibile, collegati all’asse discendente , verticale della spiritualità, in cui il verbo si cala in noi qualora lo evochiamo, incrociandosi nel punto di maggiore importanza: sul cuore.
La dimensione orizzontale rappresenta quindi l’ampiezza , la base terrena della realizzazione individuale durante lo scorrere della sua esistenza; mentre la dimensione verticale, rappresenta una molteplicità di mondi possibili e di stati interiori via via sempre più spiritualmente elevati.
Per il Cavaliere il simbolo della Croce deve essere considerato come la rappresentazione dell’uomo universale. L’orizzontalità corrisponde all’ampiezza o estensione, come base dell’individualità umana, mentre la verticalità corrisponde alla gerarchia di molteplici mondi, spirituali e cognitivi, all’insieme di tutte le possibilità che l’universo può offrire.
Ed ecco quindi che la Croce è l’Uomo, con il suo asse verticale, attivo, spirituale, sacro, che discende come Verbo in Lui e come tale lo rende elevabile verso l’alto, in una rappresentazione che come la scala, secondo Cusano, può essere al tempo stesso discesa o risalita; L’Uomo però possiede anche un asse orizzontale, passivo, legato ai metalli, alla sua vita quotidiana, alle sue incertezze, alle sue paure, ai suoi bisogni, alle sue passioni.
La Croce ci rappresenta perfettamente, la Croce è l’Uomo Universale.
Infatti, Essa è costituita da due segmenti posti a 90°: quello orizzontale rappresenta il negativo, la terra. Quello verticale mette in comunicazione il mondo celeste con quello terreno, congiungendo l’alto con il basso. E quindi,
Dio che si unisce con la natura, come il Verbo che discende per emanare la Parola Vivifica.
Il punto centrale è il luogo del Principio Universale, il Cuore, il Gral.
Essa può ancora essere intesa come l’albero della vita dei cabalisti, ed ancora, in essa vi sono forze centrifughe e centripete, poiché da essa si diffonde e verso essa si ricapitola. -Altro significato importante è quello dell’ascensione e quindi la simbologia legata al ponte e alla scala.
I due assi della Croce possono essere anche intesi come, la virtù, l’asse verticale, e la conoscenza, l’asse orizzontale. Da cui scaturisce che essi debbano sempre essere nel giusto equilibrio fra loro, pena una disarmonia della figura e quindi dell’Uomo stesso. Ma perchè l’armonia sia sempre perfetta, bisogna ottenere un equilibrio tra l’essere ed il divenire.
Dal punto di vista strettamente Cristiano, la Croce è legata al numero 3 ed al principio di Trinità. Ed ecco che quando il cristiano traccia con le mani il segno della Croce, pronunciando la fatidica frase “in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, procede con la mano destra, quella che opera attivamente, congiungendo il capo col ventre, e quindi la spalla sn con quella dx. -Simbolicamente quindi il segno verticale rievoca la discesa di Dio dal cielo alla terra, che si esprime con la venuta del Figlio , opera che si espleta attraverso l’intervento dello Spirito Santo e cioè il Verbo stesso di Dio, che col segno orizzontale, esso si diffonde sulla terra quale logos vivifico di Dio stesso. Ed ecco come in questo semplice gesto noi possiamo ritrovare un intero concetto sul significato del Nuovo Testamento, dove, il Padre, cioè la Coscienza Universale, si fa Verbo, o Logos, cioè Cristo, per discendere su tutte le cose, sotto forma di energia vitale, azione stessa di Dio. Possiamo quindi concludere tale ipotesi col dire che :la Croce, dal punto di vista Cristiano, rappresenta Dio sotto forma di Suo Pensiero, Sua Parola e Sua Azione.
Da un punto di vista Massonico, possiamo dire che nella Croce l’asse verticale è un simbolo di vita, mentre l’asse orizzontale che la attraversa è un simbolo di morte; e quindi, si potrà dire che l’iniziato non potrà accedere alla vita eterna se non dopo avere superato la barriera della morte.
Con la morte, egli vince la morte stessa.
Ed ancora che l’asse verticale rappresenta allora un luogo metafisico della manifestazione della volontà Divina, la quale interseca ciascun piano orizzontale nel suo centro. L’asse verticale, quindi nella sua discesa può essere inteso come la parola vivifica che ci investe singolarmente, creando, per ognuno di noi massoni, il nostro destino su questa terra.
Ma l’asse verticale lo si deve anche intendere come la via iniziatica, la via personale, la via del samurai. E cioè gli stati crescenti dell’essere, lungo l’incessante via della ricerca della perfezione.
Indicheremo allora come perfezione passiva, quella che ci discende dal Cielo come asse verticale divino, il destino di ognuno di noi; e perfezione attiva, quella che mettiamo in atto quotidianamente nel perseguire la nostra via iniziatica.
Ed ecco perché la risposta che un sacerdote ebbe a dare ad un bambino che gli chiedeva “cosa vuol dire farsi il segno della Croce ” fu: per significare la discesa di Cristo in noi.
Tale frase può essere, da noi Cavalieri e Massoni del terzo millennio, perfezionata col dire che, farsi il segno della Croce rappresenta sicuramente la discesa di Cristo in Noi, la quale però ci stimola nella ricerca di perfezione lungo un'ascesa mistica degli stati superiori del nostro essere, e che tale ascesa è attiva e consapevole. Giammai dunque una semplice accettazione di una dogmatica dottrina cristiana che ci discende dall’alto e che dobbiamo accettare passivamente e inconsapevolmente.
Un’ultima considerazione, prima di concludere: la Croce latina, nella sua rappresentazione ideale è raffigurata con una linea verticale che è di circa tre quinti di quella orizzontale. Tale proporzione è una proporzione aurea. Essa infatti ricade nel rapporto di circa 1:1,61, tipica delle cose perfette della natura quale la periodicità con cui si dipartono le foglie del ramo, la rotazione della spirale del nautilus, rapporto ben conosciuto dagli artisti di ogni tempo. Tale proporzione aurea, no è a caso, ma vuole rappresentare, a nostro avviso, che ci deve sempre e comunque essere una giusta proporzione tra il braccio materialista e quello spiritualista nell’Uomo che la incarna.
In Esso, dunque, i due bracci dovranno sempre conservare tale divina proporzione, in un perfetto equilibrio, dove la spiritualità sia sempre 3/5 e la materialità non superi mai i 2/5.
Riteniamo infine che tutti noi Cavalieri del terzo millennio dobbiamo aspirare a divenire come l’Uomo Ideale o Aureo, colui che idealmente rientra in questa Divina proporzione.
mercoledì 8 febbraio 2017
Mystica Aeterna. In libreria i rituali del culto cognitivo di Rudolf Steiner
Con la forza del mito, così Rudolf Steiner interpretava la metastoria di Caino e Abele. Abele era il prediletto di Dio, offriva in sacrificio animali, cioè qualcosa che già vive, in cui vi è già la vita. Caino offriva i frutti della terra, il frutto del suo duro lavoro, creando in qualche modo il "vivente dal non vivente". «Abele era un pastore: si dedicava alla vita che già c'era. È il simbolo della forza divina ereditata che nell'uomo agisce come saggezza, che non conquista da solo, ma che fluisce in lui. Caino crea il nuovo da ciò che l'ambiente gli offre». Da una parte chi ascolta, guarda, riceve quello che lo circonda, dall'altra chi è attivo, chi produce. «Abele [...] accoglie l'elemento divino che lo compenetra, che fluisce nelle sue intenzioni, e tutto questo è simboleggiato dal suo essere 'guardiano' [...] che nutre e cura la vita, come l'intuizione cura la vita della sapienza divina. Caino ha la sapienza maschile che accoglie dall'esterno, che si occupa del suolo per coltivarlo. La materia è all'esterno e lui diventa il 'coltivatore dei campi'». I suoi doni hanno richiesto l' 'Arte Reale', il sapere, la saggezza dell'uomo. La chiesa cattolica, la casta sacerdotale, è della stirpe di Abele. La Massoneria, come società iniziatica che raccoglie e forma 'artigiani', 'operai', come Hiram, come Tubalcain, è di quella di Caino. Chi sa e chi ricerca. La fede e la filosofia.
La Mystica Aeterna era la Loggia di Steiner di cui Tipheret propone i rituali in prima edizione italiana, a cura di Mauro Cascio (in libreria tra qualche settimana). Steiner aderì infatti al Memphis Misraïm per circa nove anni e ne fu addirittura a capo, in Germania, raccogliendo attorno a sé seicento ‘fratelli’. Un’avventura della coscienza che, in tre gradi, si rischiara finalmente Spirito.
Rudolf Steiner (1861-1925) è stato un filosofo e pedagogista che tanti contributi ha dato nel mondo nell’arte, dell’architettura, delle medicina. È l’ispiratore dell’agricoltura biodinamica. In italiano sono pubblicate quasi tutte le sue opere, prevalentemente le trascrizioni delle sue tantissime conferenze.
martedì 7 febbraio 2017
Siamo tutti figli dello stesso Dio
di Paolo Callari
In questo tempo di propensione alla chiusura ed emarginazione piuttosto che l'apertura del"senza frontiere" che ha timidamente proposto il periodo di presunta globalizzazione che è alle nostre spalle mi hanno appassionato due articoli letti nella rivista GNOSIS numero 4 del 2016.
Claudio Cerreti ed Alessandro Guerra riconoscono al motto della Compagnia di Gesù, Ad Majorem Dei Gloriam, come un nulla osta alla evangelizzazione dei popoli con qualsivoglia modalità anche politica.
Nella simbologia medica il caduceo mostra come l'equilibrio della razionalità sia fondamentale per qualunque relazione pacifica, ma, a quanto mi sembra di capire dalla storia dei nostri giorni, l' Ordine dei Gesuiti, che per tradizione è considerato l'insieme delle menti eccellenti del Cristianesimo, è inviso a chi è come se avesse paura di una razionalità così elevata da pacificare tutti i popoli radendo al suolo le frontiere appunto "Ad Majorem Dei Gloriam", pertanto, non vincendo con-vincendo ma attraverso quella somma che fa la differenza che Cristo si è fatto uomo per ogni uomo.
Ancora da notare come il termine "politica" sia visto come di "Regno dell'Aquila" piuttosto che di "Regno della Croce".
Rimane certo il Vangelo recita : "Date a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare".
È un po come dire che Cesare è un uomo senza Dio e che Dio disconosce la Sua creatura Cesare.
Ma torniamo alla simbologia intesa come minimamente estesa massimamente comprensibile.
Il caduceo,l'aquila, il serpente.
Quanti demoni ha dovuto guarire Gesù perchè la razionalità e l'equilibrio prevalesse sulla follia degli "invasati" ?
Mi chiedo e propongo a ciascuno la domanda: perchè la razionalità fa paura e l'emotività viene utilizzata da chi trascina le cosiddette "masse", mi vergogno ad utilizzare questo termine per definire uomini degni di ogni rispetto, a rilevare del messaggio del Cristianesimo la valenza trascendente propria del Vangelo di Giovanni piuttosto che la valenza politica del tentativo di sconfiggere la casta dei sommi sacerdoti da parte di Cristo? E ancora, perché l'apertura dell'Ordine dei Gesuiti è malevolmente tacciato di connivenze con la Massoneria? I Massoni non sono figli del medesimo Dio che si è fatto uomo per Cristo?.
lunedì 6 febbraio 2017
A Reggio Calabria le emozioni del Rito di York
Tiziano Busca
Una tornata di quelle che rimane scolpita nella memoria, un'altra testimonianza, vera, viva, di un Rito che c'è, che esiste, che ha una forte identità iniziatica e che cresce, entusiasma, convince. «Oggi abbiamo intensamente vissuta la Massoneria», ha detto il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Muratori dell'Arco Reale - Rito di York in Italia Tiziano Busca, «Un momento magico corale con una energia e un eggregore che solo un percorso sacro e rituale può suscitare. Ma nel cuore resta il sorriso e l'abbraccio di ciascuno, le parole di stima e di incoraggiamento sussurrate nell'orecchio, come ad una fidanzata, l'applauso corale e il viso stupito di Enzo per festeggiare il suo compleanno insieme allo sguardo commosso di Maurizio, sorpreso per una onorificenza come le parole emozionate del GS di Scalea, il primo dei Capitoli in Calabria. L'occhio attento di Salvatore, il sorriso di Marco, di Gilberto, di Rino, la commozione vissuta abbracciando Pino, il calore dell'abbraccio di Nando, la voce roca del Prelato e il ritmo di Mimmo e del padrone di casa, il GS di Reggio. Ecco, torno a casa così pieno di emozioni e carico di energia. Un abbraccio a ciascuno, esortandovi a essere quella luce naturale che solo i compagni dello York sono in grado di manifestare».