di Valentina Marelli
Escher nasce il 17 giugno del 1898 a Leewarden e muore a Laren il 27 marzo del 1972, in realtà il suo è un nome meno conosciuto rispetto alle sue stesse opere che invece sono di fama mondiale; capita spesso infatti quando lo si nomina vedere disegnato sul volto degli interlocutori la perplessità che svanisce appena gli si mostrano i suoi disegni.
Era un incisore e grafico olandese, e per molto tempo si è discusso sul fatto se definirlo o meno un artista, quello che resta invece argomento indiscusso è la sua genialità.
Indipendentemente dall’etichetta stilistica e dalla definizione che vogliamo attribuirgli, Escher è un genio/visionario che ha saputo guadagnarsi l’immortalità ed un posto d’onore nell’Olimpo degli Dei riservato a pittori, scultori, scrittori e artisti di varie discipline che hanno saputo, con le loro opere, segnare un epoca, non necessariamente quella nella quale sono vissuti.
Le sue opere sono a tutt’oggi amate da scienziati, matematici e fisici che apprezzano il suo uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche, e originali interpretazioni di concetti appartenenti alla scienza, che ad Escher servono per ottenere effetti paradossali. Cruciali per i suoi studi fu il soggiorno in Italia, l’artista olandese era letteralmente innamorato dei paesaggi del sud tanto da usali sovente nei suoi disegni. Basti pensare al paesaggio di Atrani, cittadina della costiera Amalfitana che ha ritratto nella Metamorfosi, opera che si ispira alle leggi della termodinamica;
«Nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma».
Parlare della produzione artistica che ha caratterizzato la sua vita è quasi impossibile, sono talmente tante le sue opere che per poterle anche sono elencare ci vorrebbero mille pagine, ma verso la metà del 1900 Escher raggiunge una maturità artistico/matematica talmente elevata da permettergli di produrre tra le sue opere più complesse ed interessanti, sono quelle sulle quali ci vorremmo soffermare in questa sede, magari prendendo un paio da esempio.
È pur vero che non ci è dato di conoscere con esattezza i reali rapporti intercorsi tra Escher e la Massoneria, ma a ben vedere le sue opere il sospetto che quel mondo non gli fosse totalmente estraneo viene, riportiamo la risposta che diede in una intervista rilasciata prima di morire:
Anche la sua predilezione esclusiva per il bianco e nero potrebbe far assumere alle sue opere un significato massonico :
Ah, certo, questo è fuori dubbio. Da un lato, va detto che essendo io un incisore, non potevo far altro che giocare sul bianco e nero, le pare? Però è vero che avrei potuto passare alla pittura, ad esempio, o basarmi sulle mezzetinte. Invece il gioco delle scacchiere impossibili di figure bianche e nere incastrate in un gioco perfetto è uno dei miei marchi di fabbrica. Albedo e Nigredo, come nell’antica Alchimia. E in alcuni casi il gioco è effettivamente, almeno potenzialmente, esoterico: pensi al contrasto tra angeli e demoni, ad esempio.
Per secoli la “Sezione Aurea” ebbe molta fortuna diciamo all’interno del mondo dell’arte, la cui logica primitiva era la resa geometrica di un numero irrazionale che di volta in volta diventava il Pantheon e la Gioconda o, perché no, una Cattedrale. In questo modo il numero Irrazionale 1,6180 si è fatto concreto nel marmo del Tempio; non c’è quindi da stupirsi se le opere di Escher siano applicazioni concrete di Curve di Koch e dei nodi semplici di Dehn.
Parliamo di Escher attraverso due sue opere solo perché sono le mie preferite e divertiamoci a perderci nei suoi mondi impossibili e a fare congetture sulle loro implicazioni socio-filosofico-massoniche.
Il Nastro di Moebius deve il suo nome al matematico August Ferdinand Moebius (1790-1860) che fu il primo a studiare le sue caratteristiche, topologicamente molto interessanti. Escher lo utilizò per creare quest’opera nel 1961.
Esso rappresenta l’Infinito che è una linea che si può tracciare senza mai staccare la penna dal foglio, è un simbolo che ha molte connotazioni massoniche in quanto è il simbolo che rappresenta il rapporto tra il Creato e la Creazione; ma è anche il simbolo dell’introspezione e della meditazione, lo stesso Escher diceva dei nastri senza fine: "Sono convinto che la loro efficacia stia in parte nel loro valore simbolico; essi sono modelli per la riflessione e la contemplazione".
Nel Nastro di Moebius che è un infinito bi/tridimensionale Escher non a caso vi posiziona delle formiche in movimento, le formiche percorrendo il nastro non si limitano a camminare in tondo come in un cerchio che simboleggia la conclusione di un percorso, il compimento potremo dire dell’opera; simbolo che userà nella litografia “ Pessimista e Ottimista”, percorrono un nastro in cui il loro cammino passa da un interno ad un esterno, percorso che richiama più di tutti il lavoro del massone dei primi due gradi di apprendista e compagno. Nel primo, quello di apprendista, agisce su se stesso sgrossando la sua pietra, fa un lavoro di introspezione, quindi potremmo dire che percorre la parte interna del nastro; nel secondo, quello di compagno, si rapporta, dopo la maturazione mutuata dall’introspezione, in un modo del tutto nuovo con il mondo che lo circonda e con gli individui che fanno pare della sua struttura di plausibilità, rappresentato dalla formica che percorre il lato esterno del nastro. Il completamento del percorso potrebbe essere visto come il terzo grado quello di maestro in cui capisci che in realtà l’opera non potrà mai ritenersi compiuta, in termini assoluti, anche se paradossalmente è compiuta a tappe diciamo. Il percorso è un percorso infinito appunto, come infinito è il percorso di elevazione del Maestro massone, non a caso infatti si dice che si resta apprendisti tutta la vita, con la differenza che il maestro ha una visione del processo nella sua interezza elemento che l’apprendista ancora non ha.
È lo stesso percorso mentale del Nodo di Salomone che veniva usato, tra le varie cose, per aiutare la concentrazione nei processi meditativi che sono quei processi in cui si raggiunge quello stato estatico che riconcilia l’Uomo a Dio e all’Universo intero. Non a caso questo simbolo si trovava inciso nelle sale capitolari delle Abbazie Benedettine.
La relatività è una litografia che Escher realizza nel 1953, rappresenta quello che sociologicamente potremmo definire il Relativismo dello sguardo, tutto cambia a seconda della prospettiva in cui lo osserviamo. Da questo risulta evidente che i giudizi di valore che mutuiamo dal nostro punto di osservazione vengono messi in discussione nel medesimo spazio bi dimensionale.
Il relativismo si sa è da sempre nemico del pregiudizio, ed il pregiudizio è uno dei “Metalli” dai quali è possibile liberarci attraverso la pratica massonica.
Come dicevamo prima potremmo andare avanti su questa strada per molto tempo ancora ma ci fermiamo qui anche perché è possibile ammirare direttamente le opere di Escher in una mostra che sta facendo il giro di tutta Italia. Fino al 19 luglio 2015 è a Bologna a Palazzo Albergati..