Epifania, cioè manifestazione del sacro nel quotidiano, dell’eternità in un tempo qualsiasi. La nascita di Gesù fu un’epifania quando la Saggezza dell’epoca si inchinò davanti ad uno strappo della storia. Fu un’epifania con il suo primo battesimo e il primo miracolo. In Massoneria è un’epifania il finale del terzo grado in Loggia e soprattutto l’Arco Reale, che completa e sublima il massimo grado di consapevolezza raggiungibile dagli uomini. È come una distillazione, giù resta lo sporco di quanto ancora è soggetto a divenire. E si separa qualcosa che eternamente è. Guardare in faccia questo segreto è quella ricchezza che tutti da sempre stiamo cercando.
Agostino ebbe a scrivere sull’Epifania: «Non molto tempo fa abbiamo celebrato il giorno in cui il Signore è nato dai Giudei; oggi celebriamo il giorno in cui è stato adorato dai pagani. Poiché la salvezza viene dai Giudei; ma questa salvezza (sarà portata) fino agli estremi confini del mondo. In quel giorno lo adorarono i pastori, oggi i magi; a quelli lo annunciarono gli angeli, a questi una stella. Tutti e due l'appresero per intervento celeste, quando videro in terra il re del cielo, perché ci fosse gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha unito i due in un popolo solo. Già, fin da quando il bambino è nato e annunziato, si presenta come pietra angolare, tale si manifesta già nello stesso momento della nascita. Già cominciò a congiungere in sé le due pareti poste in diverse direzioni, chiamando i pastori dalla Giudea, i magi dall'Oriente: Per creare in se stesso dei due un solo uomo nuovo e ristabilire la pace; pace tanto a quelli che erano lontani tanto a quelli che erano vicini. I pastori accorrendo da vicino lo stesso giorno della nascita, i magi arrivando oggi da lontano hanno consegnato ai posteri due giorni diversi da celebrare, pur avendo ambedue contemplato la medesima luce del mondo».