di Davide Riboli
Il primo contributo di questo minuscolo appuntamento fisso non poteva non essere un omaggio a Mnemosine, Dea della Memoria e madre delle Muse.
Questa «laminetta orfica», interamente in oro, risale al al V-IV secolo a.C. ed è conservata presso il Museo Archeologico Statale di Vibo Valentia. Si tratta di una sorta di totenpass ovvero una serie di istruzioni su ciò che un defunto dovrebbe fare dopo la propria morte (simile ai “Libri dei Morti” egiziani o tibetani). Il testo (nella traduzione di Giorgio Colli) recita:
Di Mnemosine è questo sepolcro. Quando ti toccherà di morire andrai alle case ben costrutte di Ade: c’è alla destra un fonte, e accanto a essa un bianco cipresso diritto; là scendendo si raffreddano le anime dei morti.
A questa fonte non andare neppure troppo vicino; ma di fronte troverai fredda acqua che scorre dalla palude di Mnemosine, e sopra stanno i custodi che ti chiederanno nel loro denso cuore cosa vai cercando nelle tenebre di Ade rovinoso.
Di’ loro: sono figlio della Terra e del Cielo Stellato, sono riarso di sete e muoio; ma date, subito, fredda acqua che scorre dalla palude di Mnemosine.
E davvero ti mostreranno benevolenza per volere del re di sotto terra; e davvero ti lasceranno bere dalla palude di Mnemosine; e infine farai molta strada, per la sacra via che percorrono gloriosi anche gli altri Iniziati e i posseduti da Dioniso.
Dissetarsi con l'acqua della Memoria più scura permette di mettersi in cammino su una “sacra via” iniziatica che principia dopo la morte. Sulle lamine d'oro orfiche Giovanni Pugliese Carratelli ha scritto un bel volume per i tipi di Adelphi.