Noi, ancora discriminati perché massoni
Gentile direttore,
vorrei approfittare della sua cortesia per affrontare, ancora, una questione – dal nostro punto di vista di capitale importanza – su cui la stampa nazionale, con varietà di toni e di argomenti, si sta soffermando in questi giorni.
Mi riferisco al caso spiacevole e preoccupante del quotidiano il “Corriere di Livorno” che, in nome di una malintesa trasparenza della politica, delle istituzioni e della società, ha pubblicato dapprima gli elenchi degli iscritti al Grande Oriente d’Italia e poi quelli della Gran Loggia d’Italia, dando il via a una vera e propria campagna antimassonica.
Di fronte a siffatta emergenza, come Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia, sento il bisogno di ribadire: la libertà di coscienza, di cui sono corollario la libertà di espressione e quella di stampa, è uno dei capisaldi del nostro pensiero.
Lungi da noi, quindi, il desiderio di operare una qualsiasi forma di censura. Ma nel caso in questione la libertà di stampa non c’entra niente. Che senso ha, infatti, pubblicare liste di privati cittadini quando questo non risponde ad una pubblica utilità? Sarebbe come divulgare i nomi di aderenti a comunità religiose, a partiti politici, ad associazioni sindacali, ad ordini professionali.
A meno che, ed il sospetto è molto forte, non si voglia gettare discredito, additare come diversi… come minoranza i membri di un’associazione che ha svolto, e svolge, nella società un ruolo di promozione culturale e spirituale.
Piuttosto, sarebbe il caso di ricordare che sulla pubblicazione di privati ed ignoti cittadini vi sono in Italia inquietanti precedenti storici.
Si pensi, per esempio, alla campagna contro i massoni, avviata fin dal 1924 da “Il Tevere”, “Battaglie fasciste”, “Roma fascista”.
E si pensi all’edizione del 1938 dei Protocolli dei Savi di Sion con contributi di Preziosi e di Evola e appendice con l’elenco di 9800 famiglie ebraiche.
Insomma quando si lede in modo arbitrario uno dei diritti fondamentali dell’uomo, quello della riservatezza, vengono in mente le liste di proscrizione, che poi fossero affisse da commissari politici, o da federali della milizia poco importa, nell’uno e nell’altro coso ciò che scompariva era la libertà, quella di tutti. L’Opinione Edizione 119 del 13-06-2008
(precedenti postic 9 e 11 giugno 2008)