giovedì 31 marzo 2016

La scelta e i suoi enigmi



SICoF Sede di Roma e SICoF Sede di Verona organizzano un Seminario-Workshop  «La Scelta e i Suoi Enigmi. Esistenza, Sfondo, Azione». Conduttori: Giancarlo Marinelli (SICoF) e Elisabetta Zamarchi (SICoF). A Roma, 9 Aprile 2016, Via di Santa Teresa, h 10-13,30 e 15-18.30:  «Scelta, realizzazione di sé e progetto esistenziale. Una nuova creazione». A Verona, 12 Settembre 2016, 10-13,30 e 15-18.30: «La Scelta e la Trasformazione». Info:347.6373803

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martedì 29 marzo 2016

Fichte e la Massoneria

di Marco Rocchi


In questa tavola del F.llo L.C. viene affrontato il tema dell'etica massonica, prendendo le mosse dall'opera di Fichte "Lezioni sulla Massoneria".

Per leggere clicca qui.

Conto alla rovescia per la Gran Loggia di Rimini


Nuovo appuntamento a Rimini dall’uno al tre aprile per la Gran Loggia 2016, l’assemblea annuale della Massoneria del Grande Oriente d’Italia che riunisce le logge italiane e le principali autorità della Istituzione liberomuratoria nazionale più importante.

L’appuntamento è al Palacongressi con il collaudato palinsesto di attività pubbliche a margine dei lavori dedicati agli iscritti.

Mostre, dibattiti, presentazione di libri, esposizioni di filatelia, arte massonica, rassegne editoriali delle più note case editrici che si occupano di Massoneria, un radio dramma, novità assoluta di quest’anno, e anche un concerto classico con musicisti di fama internazionale, sono eventi a disposizione di tutti. In evidenza la mostra del Servizio Biblioteca per i 70 anni della Repubblica e l’esposizione su Massoneria e Art Nouveau che celebra il massone Alfons Mucha.

L’allocuzione pubblica del Gran Maestro Stefano Bisi, per l’apertura del tempio ai non massoni nel primo giorno di lavori, sarà il momento centrale della tre giorni riminese. “I doveri dell’uomo, i diritti del mondo” è il tema generale della Gran Loggia di questa primavera.

Come di consueto ci sarà anche la Fiera del Libro, dedicata alla Massoneria e agli Studi Tradizionali. Da segnalare lo stand della Tipheret, una delle più importanti case editrici di settore, che ha pubblicato tra l'altro l'ultimo studio di Massimo Agostini ("In nome della Dea"), Mauro Cascio ("Contributo alla critica del tempo e di me stesso"), le opere di Pasqually, Saint-Martin, Willermoz, Bricaud, Encausse, Prunelle de Lière, "Il segreto delle nozze di David e Betsabea" di Joseph Gikatilla e il saggio di Tiziano Busca sul Rito di York.

Fonte: GOI

venerdì 25 marzo 2016

Auguri


Auguri agli affezionati lettori del nostro Blog e a tutti i Compagni dal Sommo Sacerdote e tutto il Gran Capitolo dello York, dalla Gran Segreteria e dalla redazione.

Chiesa di S.Maria Assunta in Pieve Torina. Il Romanico nelle Marche

di Valentina Marelli


Tanto tempo fa, quando iniziai a capire che le chiese non erano solo luoghi di culto, facendo frequenti viaggi nelle Marche, appena possibile mi ritagliavo sempre del tempo, in compagnia di amici, alla perenne ricerca di luoghi da visitare. Le Marche, oltre ad essere una regione magnifica, è ricca di chiese, abbazie e chiesette risalenti al periodo Romanico. Se questo all'apparenza offriva una fonte inesauribile di materiale su cui lavorare, in realtà dava non pochi disagi visto che la maggior parte è prevalentemente chiusa; solo poche vengono aperte per il culto domenicale. Quindi si organizzavano dei veri e propri raid; eravamo diventati espertissimi: si entrava ad ascoltare la messa ed intanto si approfittava per dare un'occhiata intorno per cercare di identificare i particolare di maggiore interesse, a messa finita si faceva un giro con la macchina fotografica per “rubare” qualche scatto, e si usciva. Postumo era il momento della riflessione e dell'analisi dove puntualmente ti accorgevi che qualcosa ti era sfuggito e quindi toccava ritornarci e rifare tutta l'operazione. Ma era bello, ti dava proprio il senso della ricerca.

Un po così è successo per questa Chiesa, di cui pochissime sono le informazioni storiche che siamo riusciti a reperire; come infatti leggiamo “La Chiesa di Santa Maria Assunta si compone di due distinti corpi architettonici; la parte più antica risalente al XII secolo e la Parte nuova prospiciente la piazza. Gli interventi realizzati hanno interessato entrambe le porzioni del complesso, nella parte più antica sono stati eseguiti lavori di restauro delle coperture e dei paramenti in muratura in pietra, nella parte nuova è stato realizzato un pronto intervento nell’immediato post sisma del settembre 1997 che aveva provocato notevoli danni alle murature della Chiesa in particolare nella zona absidale e dell’altare maggiore (notevole lesione dell’arco) Da rimarcare che la Chiesa di Santa Maria Assunta di Pieve Torina è stata il primo edificio adibito al culto della zona riaperto al pubblico dopo il sisma del settembre 97, difatti è stata restituita al culto dei fedeli nei primi giorni del dicembre del 1997.”

È evidente, anche dalle immagini questa spaccatura architettonica, tanto che in effetti sembra formata da due differenti chiese. In effetti sembra proprio di parlare di due chiese differenti letteralmente attaccata l'una all'altra. La parte nuova è purtroppo quella meno interessante da un punto di vista simbolico in quanto era ridotta talmente male che evidentemente non è stato possibile la ricollocazione dei capitelli originari. Nella parte vecchia invece sono conservati un ciclo di affreschi estremamente interessanti, sono quelli di cui cercheremo di raccontare, cercando di evidenziare quelli che hanno attirato la nostra attenzione.

Da quello che ci ha raccontato il sacrestano la parte affrescata doveva in origine essere la cripta della chiesa e quindi trovarsi all'origine al di sotto del livello stradale; adesso visti i rimaneggiamenti è a livello quasi stradale; in poche parole adesso si può entrare anche da li. L'unica cosa che siamo riusciti a sapere è che la costruzione della cripta, realizzata con tre navate voltate, risale al XIII secolo. Poco sappiamo in termini storico /artistici circa il ciclo di affreschi, o meglio su di essi ci sono informazioni contrastanti: da una parte c'è chi sostiene che siano coetanei alla costruzione della cripta, altri invece che siano risalenti ad un paio di secoli successivi. Cerchiamo di attivare le sinapsi e di capirci qualcosa in più, anche perché poi quello che ci interessa maggiormente sono i significati che queste immagini avevano il compito di trasmettere.



Qui vediamo una bellissima immagine del 'Cristo Pantocratore', che è una raffigurazione di Gesù tipica tra l'altro dell'arte Medievale, in genere era collocata in una zona molto in vista della chiesa come ad esempio l'abside; in quanto è ritratto in atteggiamento maestoso e severo, seduto su un trono, nell'atto di benedire con le tre dita della mano destra, secondo l'uso ortodosso. È una raffigurazione molto comune, ne troviamo esempi nell'arte Bizantina ed in chiese sparse in tutta Italia, da Pisa a Capua, ed aveva una suo significato specifico; Il Cristo nel V secolo era considerato il principio organizzatore del cosmo, generato e non creato da Dio Padre, la chiave di comprensione della realtà e la risposta al mistero dell'esistenza. Il desiderio umano di ordine aveva trovato il suo esaudirsi in Gesù, il Logos incarnato, la ragione e la struttura del cosmo. Le implicazioni intellettuali e spirituali di questo significato di Cristo Cosmico sono avvertite ancora oggi, in quanto forniva una visione più “scientifica” del mondo, che è un concetto caratteristico proprio della teologia del V secolo. Particolare molto interessante, in quanto epoca in cui storicamente viene collocato l'inizio della ricerca della Pietra Filosofale da parte degli Alchimisti ad esempio. Molto in linea con il Vangelo di Giovanni che recita “in principio era il Verbo”.



In quest'altro punto abbiamo quella che a tutti gli effetti una raffigurazione della Sindone e poco più in basso appena sotto l'arco sembra esserci raffigurata il Mandylion o “Immagine di Edessa”. Di per se ad un primo e superficiale sguardo non sembra esserci nulla di strano se non fosse per il fatto che anche la Sindone ha una reputazione controversa; su di essa si dividono coloro che la credono essere il sudario del Cristo e chi invece la ritiene una reliquia Templare a conferma di cui esisterebbe la datazione del Carbonio 14 che la colloca in un periodo che va dal 1260 al 1390.

Ma l'immagine che ho adorato più di tutte è questa:


Una rappresentazione, dal mio punto di vista, della discendenza del Cristo e di Maria Maddalena. La figura che tiene in mano il bambino è senza dubbio il Cristo in quanto richiama l'immagine del Cristo Pantocratore; reca nelle mani una culla a forma di barca contenente un bambino. Siamo abituati oggigiorno ad interpretare l'immagine di una figura maschile con in mano un bimbo come quella di San Giuseppe; infatti questa raffigurazione potrebbe tranquillamente essere scambiata per la raffigurazione classica della Sacra Famiglia, ma ad osservatori esperti non può sfuggire che l'artista ha caratterizzato i due personaggi con abiti degli stessi colori: il Rosso ed il Verde, collocandoli in tal modo all'interno della stessa famiglia ma dando a Lei le caratteristiche cromatiche di Maria Maddalena che veniva appunto rappresentata con vesti rosse o verdi e con lunghi capelli rossi, fu imposto infatti per diversificare le due Marie, la sposa di Cristo Maria Maddalena quindi e Maria la madre, di caratterizzare la seconda con i colori del Bianco e dell'Azzurro.

Se a questo punto tutti i dubbi sull'identità dei personaggi sono fugati eccoli che, secondo l'uso in voga nelle famiglie regali, “presentano” la prole alla comunità, al popolo. Diversa è la Presentazione al Tempio che invece avviene alla presenza del Sommo Sacerdote.

Se vogliamo divertirci ancora un po' e cavalcare questa interpretazione potremmo spingerci a identificare la pianta che reca nella mani Maria Maddalena con L'Amaranto che nel vocabolario simbolico medioevale, e più precisamente in quello di interpretazione e costruzione dei simboli araldici, ha come significato: così si indica la pianta che non può marcire e simboleggia l'immortalità, la costanza; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa l'amore costante e fortunato.

Se, come siamo abituati a fare, collochiamo l'unione di Maria Maddalena ed il Cristo nell'abito simbolico dell'Unione Sacra delle Nozze Ierogamiche attraverso cui si ritorna l''Unità mediante l'Amore ecco che il percorso del nostro ragionamento si chiude in un cerchio perfetto.

Il bello della ricerca è quello di permettere ad ognuno di divertirsi a dare ai simboli l'interpretazione che più sente confacente al proprio percorso di senso; in linea con la logica di questa rubrica invitiamo chi ne avesse voglia di non prendere queste informazioni come Verità ma come spunti per costruire la propria di Verità.

Ecco il primo libro completo sul Rito di York




È finalmente disponibile il primo libro organicamente e coerentemente dedicato al Rito di York. Un testo destinato a diventare un punto di riferimento, con tutte le implicazioni esoteriche, cabalistiche, ebraiche della simbologia dei rituali di un Rito che, in Massoneria, è costretto a fare la differenza essendo il più antico tra quelli praticati e, soprattutto, il più diffuso nel mondo. «Rito di York» di Tiziano Busca è il quinto titolo della collana De Lantaarn, pubblicata dalla casa editrice Tipheret. Il libro sarà disponibile alla Fiera del Libro della Gran Loggia di Rimini, l'1, il 2 e il 3 aprile e presto sarà in distribuzione. È già possibile, però, ordinarlo dal sito dell'editore.

www.tipheret.org

giovedì 24 marzo 2016

Il libro sacro nel grado di Maestro del Marchio

di Marco Galler

Il volume della Legge Sacra

Questo lavoro è dedicato all'approfondimento dei passi e dei riferimenti biblici sui quali il rituale di Maestro del Marchio è fondato; rispetto alle succinte riflessioni esposte al seminario di Almenno San Salvatore, tenterò qui di delinearne un "quadro" più completo e, se mi riuscirà, maggiormente ragionato.

I Lavori del grado si svolgono con il Libro aperto su Matteo XX, che narra la parabola degli operai mandati a lavorare nella vigna; tale passo, recitato per intero dal Venerabilissimo, fa tra l'altro parte integrante del rituale di iniziazione. In esso si racconta del proprietario di una vigna che consegna in tempi diversi, a più operai, il lavoro nel suo campo, concordando con ciascuno una giusta retribuzione; e del malcontento e del reclamo di coloro che più hanno lavorato, quando a fine giornata si accorgono che a tutti viene pagato lo stesso salario. Si deve qui intendere, ovviamente, che il proprietario della vigna è Dio, gli operai siamo noi, e la retribuzione ha carattere spirituale.
Ho sempre pensato a questa parabola nei termini di distanza, abissale, tra la giustizia divina e la giustizia degli uomini (nella cui ottica appare insensato premiare allo stesso modo il maggiore ed il minor lavoro). Una lettura solo un poco più attenta mi ha però condotto ad una "scoperta" sorprendente, che può anche assumere carattere di conferma per colui che ne possa aver già "sentore": essa è che in realtà non esistono due giustizie, diverse, una degli uomini e una di Dio; bensì una, una sola giustizia, la Sua. E se le cose stanno così, la difficoltà degli operai – la nostra, difficoltà - consiste in definitiva nella sola capacità di conoscere, e riconoscere, quest'unica giustizia.
Anche a cercarla, nella parabola non v'è traccia alcuna di ingiustizia. Ciò che illumina è la risposta data dal proprietario della vigna ad uno degli operai, in special modo l'inizio: «Amico mio, io non ti faccio alcun torto; non abbiamo pattuito un denaro? Prendi quello che ti è dovuto e vattene». Le lamentele degli operai non sono causate da inadempienza del datore di lavoro, né parziale né totale, verso alcuno di loro; egli rispetta pienamente l'accordo pattuito con ciascuno. Le lamentele nascono piuttosto dal sentimento di invidia provato da alcuni operai verso altri di loro ritenuti più fortunati, in ragione di un arbitrario confronto operato tra il caso proprio e quello altrui.
Mi pare si possa qui scorgere con discreta evidenza l'espressione di due principi, uno di divisione ed uno di unità: il primo è naturalmente assegnato al mondo degli uomini, caratterizzato com'è dalla tendenza alla separatività, alla difesa di una effimera esistenza, con tutto il bagaglio di illusori diritti che le fanno da contorno; il secondo è quello di Dio, che tratta tutti allo stesso modo, non riconosce superiorità né alterità di sorta, e paga ciascuno con la stessa identica 'moneta'. Nel testo non viene contestata la realtà del molteplice (più operai), né della diversità (il maggiore ed il minor lavoro); solo, vien posto l'invito a superare questo campo di separazione (individuale), per giungere ad appropriarsi di un punto di vista più universale, secondo il quale 'tutto è uno'. Ne dà conferma il rituale, ponendosi come fa nell'ottica del principio divino, laddove chiarisce quale debba essere l'insegnamento da trarre da questo racconto: «Che fra noi regna l'assoluta [sottolineo: 'assoluta'] uguaglianza. Né per anzianità, né per cariche, alcuno di noi ha maggiori diritti o minori doveri».
Se poi ci si sofferma sul "prendi quello che ti è dovuto e vattene", possiamo anche operare un collegamento con uno dei due fondamenti che caratterizzano l'iniziando al grado, il quale si rivela dapprincipio per la sua impostura: mi riferisco alla richiesta di un salario non dovuto (l'altro fondamento, per inciso, consiste nella presentazione di una pietra non lavorata da lui). Le condizioni nei due casi si potranno fors'anche considerare diverse, ma la 'morale', se vogliamo dir così, appare sostanzialmente la medesima: accettare quel che ci vien dato, senza lamentele, e non chiedere nulla che non ci spetti, sembrano molto le due facce di una stessa medaglia.
E per finire con la parabola della vigna, ecco cos'altro aggiunge il proprietario nella sua risposta all'operaio: «Io voglio dare a questi ultimi quanto ho dato a te. Non mi è lecito fare quello che voglio dei miei beni?». Come non riflettere che tutto quel che siamo, tutto quel che abbiamo, sia interamente dovuto alla Volontà del Principio Unico, o, se si vuol dire diversamente, Sua manifestazione? I 'beni', egli dice, sono suoi; se è così, come non compenetrarsi fin nel midollo della prospettiva per cui 'tutto è dono'? Di che lamentarsi, dunque! «O vedi di mal occhio che io sia buono?».

Veniamo ora alle letture veterotestamentarie recitate dal Venerabilissimo durante il compimento da parte del candidato dei quattro viaggi iniziatici. Dal Libro di Ezechiele, XLIV (44):
1° viaggio: «Egli mi fece ritornare per la via della porta esterna del santuario che si trova di fronte all’Oriente. Ma essa era chiusa».
2° viaggio: «Jehova mi ha detto: questa porta resterà chiusa; essa non sarà aperta e nessuno vi entrerà, perché Jehova, Dio d’Israele, vi è entrato. Essa resterà chiusa».
3° viaggio: «Solo il principe eminente potrà sedersi per mangiare il suo pane davanti a Jehova. Egli entrerà dal vestibolo della porta del Tempio ed uscirà per la stessa strada».
4° viaggio: «Jehova mi ha detto: Figliolo dell’Uomo, sforzati, con tutto il tuo cuore [mark well], a vedere con i tuoi occhi e ad ascoltare con le tue orecchie tutto quello che sto per dirti sulle disposizioni della Casa di Jehova e delle sue leggi. Tu farai attenzione con tutto il cuore all’entrata della Casa ed a tutte le uscite del santuario».
Queste letture, insieme ai viaggi cui sono intimamente legate, rese solenni dalla progressione dei colpi di maglietto delle tre Luci (da uno a quattro, numero simbolo del grado), ritengo possano con buona ragione venir considerate il 'cuore' stesso dell'iniziazione a Maestro del Marchio.
Nel rituale, esse si trovano tra due 'momenti' che a mio parere ne evidenziano la centralità. Ciò che precede è la fase di preparazione del candidato: scoperta la sua duplice impostura - come ricordavo: presentazione di una pietra non sua, e richiesta di un salario non dovuto -, egli viene ricondotto alle cave per ricevere istruzione "sulle regole alle quali obbediscono gli operai onesti"; reintrodotto quindi nel Tempio avvolto da quattro spire di una cordicella rossa, gli viene simbolicamente 'aperto' il cuore con altrettanti colpi di scalpello e mazzuolo. Mentre quel che avviene successivamente è la comunicazione dei segreti del grado, ma ancor più e soprattutto, il giuramento prestato all'ara, ginocchia a terra e mani incrociate sul compasso, sulla squadra, e sul Libro Sacro.
E cosa ci dicono queste quattro letture? Proviamo a dare una risposta.
Anzitutto, si potrebbe dire che non noi abbiamo scelto la Massoneria, ma la Massoneria ha scelto noi: «Egli mi fece ritornare per la via della porta esterna del santuario». Poi, che la via da noi intrapresa è, fra tutte, la più ardua e difficile, perché la sua mèta è, fra tutte, la più ardua e difficile (ché anzi: a rigor di termini, essa non ha in realtà comune misura con alcun'altra impresa): «Questa porta resterà chiusa; essa non sarà aperta e nessuno vi entrerà, perché Jehova, Dio d’Israele, vi è entrato». Quindi, che questa chiamata è davvero un'elezione, un dono che il Cielo nasconde alle moltitudini: «Solo il principe eminente potrà sedersi per mangiare il suo pane davanti a Jehova». Infine, che quel 'pane' da mangiare al cospetto di Jehova è nientemeno che 'divina conoscenza', Dio stesso che parla, e squaderna l'intero Universo – la Sua Casa - al nostro intelletto: «Jehova mi ha detto: Figliolo dell’Uomo, sforzati, con tutto il tuo cuore, a vedere con i tuoi occhi e ad ascoltare con le tue orecchie tutto quello che sto per dirti sulle disposizioni della Casa di Jehova e delle sue leggi».

Affrontando i passi biblici legati ai quattro viaggi, m'è incorso di parlare di centralità, di 'cuore' del rituale iniziatico; ciò nondimeno, non può esser posto in discussione che il senso ultimo della promozione - come viene chiamata - a Maestro del Marchio, debba individuarsi nel ritrovamento di quella pietra né rettangolare né quadrata, dapprima gettata tra gli scarti, eppure destinata a coronare la principale cupola del Tempio: la chiave di volta.
Nel rituale del grado abbiamo due passi della Bibbia che vi si riferiscono; non essendovene poi altri da trattare, m'avvio a concludere così queste riflessioni.

Il primo riferimento alla chiave di volta lo troviamo all'inizio dei lavori, allorché il Venerabilissimo, prima di dichiarare aperta la Loggia, si rivolge ai Compagni con una esortazione che conclude in questo modo: «Nel Libro Sacro sta scritto: "Sappiate che Io ho posto in Sion una preziosa pietra angolare, una solida fondazione; la pietra che non contava nulla per i costruttori diventa la chiave di volta del Tempio"». Il passo biblico riportato si divide in due distinte affermazioni; prendiamole brevemente in esame.
La pietra preziosa di cui si parla, indipendentemente dal riconoscimento degli uomini, è detta essere 'una solida fondazione'; ebbene, come prima cosa possiamo rilevare che tale qualità di 'fondazione', con l'annesso rafforzativo, viene attribuita alla pietra che nella costruzione è destinata ad occupare il punto più elevato. Una fondazione che sta in alto: tale è la chiave di volta. Come non pensare immediatamente al simbolo dell'albero rovesciato, ed alle sue radici celesti?
Vien detto poi dei costruttori, del loro gettar via quel che in seguito si rivela, anche letteralmente, fondamentale. Non è la pietra a mutare di qualità, né funzione: essa è e rimane il termine del Sacro Tempio, il punto focale su cui l'intero edificio poggia, e grazie al quale vive; e ciò, è da intendere, anche quando non venga riconosciuta, e si ritrovi abbandonata tra gli scarti. A cambiare sono invece i costruttori: da ottusi e ciechi, pensano di poter edificare la Casa del Signore soltanto con pietre rettangolari e quadrate, contrassegnate da un marchio conosciuto (ovvero: con le sole forze e capacità umane, individuali); accortisi però che il lavoro così concepito non può bastare, che il Sacro Tempio non potrà in tal modo venir mai ultimato, si mettono alla ricerca, e ri-trovano, quella sola ed unica pietra capace di conferire unità e completezza, e senso, alla costruzione divina (ovvero: non si giunge a Dio, che per mezzo di Dio).

Che la chiave di volta sia una 'pietra celeste', come si è implicitamente inteso, non può quindi già dubitarsi; ne abbiamo ad ogni buon conto ulteriore e definitiva conferma nell'ultimo passo biblico che ci rimane da considerare, inserito nel discorso che il Venerabilissimo rivolge al candidato allorché la pietra, da perduta che era, è ritrovata. In esso si afferma esplicitamente che la chiave di volta viene direttamente da Dio, non solo; è detto anche che essa vivifica e rinnova segretamente l' 'edificio' costruito secondo le regole dell'Arte: «A colui che vincerà, Io darò da mangiare della manna nascosta, Io gli darò una pietra bianca e su questa pietra sarà scritto un nome nuovo, che nessuno conosce, solo colui che la riceverà».
Sarà poi nell'Arco Reale, che la pietra scartata dai costruttori troverà giusta e perfetta collocazione, ma è qui, nel grado di Maestro del Marchio, che avviene il suo ritrovamento. Con essa, riceviamo nutrimento di un insegnamento più nascosto; e una nuova identità, affrancata da ogni ulteriore scarto e abbandono, perché è la – ritrovata - chiave di volta del Tempio.

Tiziano Busca illustra il simbolismo del Marchio in ebraico

mercoledì 23 marzo 2016

Tiziano Busca sui fatti di Bruxelles: «Non è tempo di mostrare debolezza»



Il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Maestri dell’Arco Reale - Rito di York Tiziano Busca è intervenuto in merito agli attacchi terroristici che hanno provocato decine di morti e centinaia  di feriti a Bruxelles.

« Sono giorni di terrore,di rumore, di paura, di dubbio. Il dubbio, da iniziati, dovrebbe farci sentire anche quello spiffero che vuole diventare vento. Come Maestri dell'Arco Reale dobbiamo trovare, nello spazio della emozione, la via dialogo e da qui ripartire. Noi abbiamo la forza dei nostri valori, e la forza delle nostre tradizioni.  Anche in momenti come questi  il nostro spirito dialogante deve affermarsi nella storia e nella cronaca. Dobbiamo recuperare la nostra anima di viaggiatori e di cercatori e raccogliere lo spirito vero della accoglienza e della multiculturalità. Noi siamo per l’incontro delle differenze, non per la morte delle differenze. Noi siamo per la valorizzazione delle culture e per la esaltazione della tolleranza. Noi siamo per il rispetto della uguaglianza, che non vuol dire essere appiattiti da uniforme grigiore. In questi giorni di terrore e di parole noi dovremmo sentire nei nostri cuori riecheggiare un rimprovero, quello di non essere tolleranti verso l’intolleranza. In questi giorni di terrore e di parole noi dovremmo manifestare la forza di essere guardiani e critici verso culture e azioni che non conoscono il dialogo. I fatti di Bruxelles sono un crimine contro l’umanità, come lo sono stati Londra e Parigi. Mai e in nessun modo dobbiamo dimostrare debolezza contro questi mostri della ragione, ma sappiamo che la soluzione si trova nella stretta via della Saggezza della Forza e della Bellezza»..

Il primo passo per ottenere dalla vita le cose che volete è decidere cosa volete



Nella loro apparente ovvietà, queste parole di B. Stein suggeriscono una grande verità: come posso ottenere ciò che voglio se non ho chiaro di cosa si tratta? Ma forse la difficoltà è proprio qui, nell’avere il coraggio di lasciar parlare la nostra Anima e decidere con onestà e franchezza quali sono i nostri veri obiettivi, senza lasciare che la decisione venga presa in base al “ciò che conviene” o al “ciò che gli altri si aspettano da me”. Posso ottenere ciò che voglio davvero soltanto nel momento in cui smetto di volere solo ciò che penso di poter ottenere.

Gli strumenti sono tutti sul tavolo, a nostra disposizione. E a noi, Demiurghi della nostra esistenza, non resta che scegliere cosa realizzare e dare inizio alla Creazione!

«L’uomo che acquisisce la coscienza e la padronanza del proprio desiderare amplia all’infinito il suo potenziale e governa senza sforzo il processo che dalla potenza conduce all’atto».
G. Policardo, Desideriologia. La Scienza della Vita
(in uscita per Spazio Interiore, aprile 2016)

martedì 22 marzo 2016

Un antico rituale massonico giovanile

di Marco Rocchi



Un raro documento: il rituale originale (in inglese) dell'Ordine delle Api (Order of Bees), un ordine massonico giovanile istituito nel 1921.

Il Commentario del Mutus Liber



Il Mutus liber rappresenta un testo enigmatico di alchimia in quanto composto di sole immagini senza alcun commento. Rappresenta il percorso da seguire per compiere la Grande Opera attraverso la “via umida” L’iconografia, da sola, dovrebbe bastare per capire quali sono i procedimenti necessari per arrivare a questo agognato traguardo. Non si potrebbe dare alcuna spiegazione se non si interpretano i simboli in maniera corretta. L’autore di questo commento non pretende di dare una esaustiva esplicazione in quanto, implicitamente, ammetterebbe di aver ottenuto la famosa “pietra filosofale”, cosa in realtà non vera, ma sulla scorta di commenti precedenti da parte di autori che hanno scritto il loro nome nella storia dell’alchimia, mette a disposizione del lettore la sua esperienza evidenziando, non soltanto l’aspetto materiale ma quello animico spirituale ,sperando che questo suo sforzo possa dare animo ad una riflessione sul messaggio che l’autore del Mutus Liber ha inteso inviarci attraverso le varie raffigurazioni. Per Tipheret in uscita questa bella edizione commentata da Rosario Marcello Puglisi.

Pittura Museo Città

di Valentina Marelli


Inaugurata il 13 febbraio scorso nella città di Viadana, nel Mantovano, presso la Galleria Civica d'Arte Contemporanea la mostra dal titolo: Pittura Museo Città.

Ma questa non è una mostra come tutte le altre, ha una particolarità che la rende quasi unica nel suo genere, perché rappresenta un Ritorno al Futuro dei 12 artisti le cui opere saranno visibili fino al 10 Aprile, furono esposte esattamente 25 anni fa. Paolo Conte, il direttore della Galleria Civica d'Arte Contemporanea di Viadana, alla presentazione ha spiegato i motivi di questa scelta: erano i giorni dell'impegno sociale, quelli degli anni 70, e noi allora eravamo giovani e di belle speranze. Io li conoscevo tutti o quasi i ragazzi del palazzo Bentivoglio; li conoscevo perché avevamo frequentato insieme lo stesso Liceo Artistico, come allievi i più giovani, come docenti e assistenti i più vecchi. Il clima allora era molto diverso e come clima non s'intende solo quello atmosferico, ma quello culturale, sociale, economico e naturalmente artistico. Era il tempo dell'impegno, il tempo delle piazze, il tempo di Mao Tse Tung, il tempo delle rivendicazioni sociali e salariali, del movimento studentesco, il tempo dell'impegno; il tempo in teatro del Living Theatre, di Eugenio Barba, di Jerzy Grotoswki e Carmelo Bene.

In arte era il tempo della Pop Art, dell'Iperrealismo, dei Murales di Siqueiros, dell'Arte Povera e Astratta, della Body Art e degli Happening. Ovunque si facevano studi urbanistici per la riqualificazione dei quartieri anonimi delle periferie con inserimento di sculture e dipinti sulle strade, nei parchi, nei giardini, era il tempo in cui si dava all'Arte il compito di denunciare la presunzione di risolvere i problemi di una società industriale contraddizione, in continua evoluzione.

In questo contesto gli artisti del Palazzo Bentivoglio agivano, e si confrontavano tra loro, con gli altri e con il pubblico, segnando un momento significativo della storia artistica bolognese, dimostratosi allora importanti in quella realtà ed oltre. 

Riproporre questa stessa mostra oggi, a 25 anni di distanza, con lo stesso nome e la stessa copertina di allora è un modo come un'altro forse, non solo di ricordare quei tempi di contestazione, ma forse più quello di rivivere quello stesso senso di appartenenza al tessuto sociale che nella società contemporanea sempre inesistente. Oggi , e lo diciamo con un velo di malinconia, non si parla più di impegno sociale, figuriamoci di contestazione; queste opere ci possono aiutare a rivivere lo spirito di coloro che, a livello sociale, credevano e combattevano in e per degli ideali. 

lunedì 21 marzo 2016

L'avventura filosofica del Capitolo De Lantaarn

Il logo del Capitolo De Lantaarn

Tutto nacque per caso, come tutte le cose importanti. In principio fu la voglia di fare, di studiare, e di condividere i propri studi. Furono due filosofi e un matematico ad agitarsi. Era il 2011. I filosofi, Mauro Cascio e Antonio Cecere, erano già impegnati in una importante attività editoriale e nell’organizzazione di eventi culturali (avevano appena vinto insieme il Premio Nazionale di Filosofia e fatto iniziative filosofiche con Gianni Vattimo). Il matematico, Marco Rocchi, ha sempre protestato contro questa etichetta. Ha una laurea in filosofia pure lui, e soprattutto all’Università insegna altro, in fondo. Statistica medica. Ma ha a che fare coi numeri e questo basta. Che fai? Ti metti a litigare con le etichette? Con loro c’è anche Andrea Ghiaroni. Ma è fondamentale l’incontro con Tiziano Busca. C’era l’anima. Mancava il corpo. «Un capitolo di studio all’interno del Rito di York». L’idea venne a tavola. A Pesaro.

La richiesta di costituzione, tenuta a battesimo da Tiziano Busca e Emilio Attinà 

Al gruppo si aggiunge Ferdinando Marchiani, un punto di riferimento per tutti. Massimo Agostini, un altro big. E Giordano Bruno Galli. Busca ed Emilio Attinà sono membri onorari. L’idea è quella di studiare come nella Massoneria in generale e nel Rito di York si siano sedimentate le correnti filosofiche più importanti dell’Occidente. Il piano era quello di sviluppare il contenuto di «Filosofia massonica», il testo uscito l’anno prima per Bastogi con l’introduzione di Alessandro Cecchi Paone. Nasce ufficialmente il Capitolo De Lantaarn. Il primo Gran Sacerdote è Mauro Cascio.

Gennaro Natale consegna la dispensa


Il Capitolo si mette subito a lavoro. Una rassegna nazionale con una decina di ospiti del mondo delle università per parlare di simbolismo, tradizione occidentale, scienza e fede (tra gli altri Giancarlo Rinaldi, Claudio Saporetti). Un convegno internazionale all’Università di Oxford (per presentare un inedito di Robin Collingwood su estetica e filosofia della religione). Quasi tutto viene registrato e reso disponibile a un pubblico più esteso da Radio Radicale.

Oxford

«La Massoneria. Una simbologia in movimento» inaugura la collana De Lantaarn della Tipheret. Seguiranno «Un Dio che riposa tra i fenomeni del mondo» di Mauro Cascio (con uno scritto inedito del Premio Strega Antonio Pennacchi), con una proposta di riforma del Marchio, «Massoneria e Orgonomia. I centri di consapevolezza nell’ordine e nel segno nei gradi simbolici e nell’Arco Reale» di Cristiano Turriziani e «Rinato nella Pietra» di Marco Rocchi.

Il titolo di esordio della collana

«La massoneria è un po' una storia d'amore. È l'amore per una conoscenza che desideri e che non hai. Noi la cerchiamo in lei perché, nei secoli, nei suoi simboli si è depositata la saggezza dell'umanità. Il neoplatonismo, l'ermetismo, la Qabalah e la tradizione ebraica, la gnosticismo. La Massoneria è fatta di simboli. Vive perché si muove. La complessa ritualità, articolata tipicamente in tre gradi, e completata nel cosiddetto Arco Reale, non è altro che una simbologia in movimento. Svolgere un rituale vuole corteggiare la massoneria, fare sì che i simboli si innamorino di noi, e li amiamo, li scaldiamo, li nominiamo, li invitiamo apposta per averli, per possederli, per farli nostri una volta e per tutte. Per adattarci il nostro significato, la nostra idea del mondo. Perché a questo serve il metodo massonico: non darci una verità precostituita, fatta una volta per tutte, dogmatica. Ma stimolarci continuamente a metterci in gioco, ad essere filosofi per davvero. Essere seduttori. Diventare tutti dei don Giovanni».

Michele Polini con Mauro Cascio e l'ex GM Gustavo Raffi, Sommo Sacerdote onorario del Rito di York

2015. Michele Polini è il nuovo Gran Sacerdote del Capitolo. E una grande novità editoriale è all’orizzonte «Storia e metastoria del Rito di York» di Tiziano Busca, il primo titolo in Italia che illustrerà  simbolismo, natura e scopi del Rito massonico più numeroso al mondo.



Il primo titolo in uscita nel 2016

domenica 20 marzo 2016

Buon equinozio di primavera


«Uovo cosmico» di Vladimir Kuš (Mosca, 1965)


Il primo giorno di primavera di quest’anno 2016 ha avuto ufficialmente inizio oggi, 20 marzo 2016, alle 5:30 ora italiana. Si tratta dell'equinozio di primavera più "precoce" – in termini di orario – dal 1896, e ciò è dovuto principalmente al fatto che il 2016 è un anno bisestile.
Esattamente a quell'ora il Sole attraverserà uno dei due punti, nella sfera celeste, in cui l'eclittica e l'equatore celeste si intersecano: il cosiddetto punto vernale o equinozio di primavera (l'altro corrisponde all'equinozio d'autunno). Il Sole apparirà perfettamente allo zenit per un osservatore posto all'equatore, e la durata del dì in quel luogo sarà pari a quella della notte: 12 ore esatte.

venerdì 18 marzo 2016

Il 18 marzo il rogo di Jacques de Molay

Il 18 marzo il Gran Maestro dei Templari veniva messo al rogo, per volere dell'Impero e con la complicità del Papato. Un simbolo di libertà dalle tirannie, sarebbe diventato nei secoli a venire Jacques de Molay. Noi lo ricordiamo così, nel nostro Blog, con questa splendida creatura di Gian Luigi Zampieri.


In Arkansas la Grande Assemblea dello York


Jarrod Adkisson

Si è svolta qualche giorno fa la Grande Assemblea del Rito tenutasi  dal 10 al 13 Marzo. È stato eletto il nuovo Sommo Sacerdote Jarrod Adkisson e il nuovo Gran Maestro dei Criptici Joe Rouse. A entrambi un buon lavoro da parte del Sommo Sacerdote italiano Tiziano Busca e del Gran Maestro Mario Pietraccioli. Nel frattempo fervono i preparativi per la Grande Assemblea italiana, che si terrà a maggio a Rimini. Per maggiori informazioni, e per essere aggiornati in tempo reale, si può cliccare i link qui a sinistra della pagina del Blog.


Joe Rouse

Viaggio esoterico con il Presidente Tiziano Busca nei simboli della Cattedrale di Lisbona

di Valentina Marelli


Sono passati esattamente due anni dalla prima volta che, con il Rito di York, ci recammo a Lisbona. La prima volta su suggerimento di Tiziano abbiamo scoperto dei luoghi ricchi di storia, fascino e soprattutto di simboli, questa volta abbiamo avuto la fortuna di avere il Presidente del Clan come guida esoterica d’eccezione in questi luoghi che molto hanno da raccontare. Per questo motivo si è deciso di redigere questa sorta di “diario di viaggio” che racconti le sue riflessioni e gli insegnamenti che solo chi percorre i sentieri della Conoscenza è in grado di poter trasmettere.

Se mi è concessa una piccola riflessione personale devo ammettere che Tiziano è una persona che ho imparato ad apprezzare con il tempo e con la frequentazione; perché non è una di quelle persone a cui piace ostentare la propria conoscenza, anzi, si pone sempre un passo dietro gli altri consapevole del fatto che poi alla fine ognuno di noi deve percorrere la propria strada. Alle mie insistenti domande, da curiosa ed irruente profana, molto spesso non ha risposto direttamente, anzi il più delle volte non ha risposto proprio, imponendomi di ricercare e di studiare per poi ritornare da lui con una interpretazione, con delle ipotesi che sono state la chiave per accedere a discussioni nelle quali mi ha fornito spunti per approfondimenti e riflessioni, solo allora sono arrivati dei suggerimenti, quasi a voler dire, parafrasando il suo modo di esprimersi “bene!, adesso prova a collegare questo che mi stai dicendo con quello che sai della storia dei Templari” e li poi arrivava in genere una perla, o un piccolo regalo; una citazione di un pezzo delle Scritture ad esempio. Ma nulla più.

Qualche volta invece si limitava a notare ad alta voce un particolare esclamando  “bellissimo! Due animali che mangiano il fiore della vita!” e poi il silenzio.

 Ecco alla fine quando frequenti Tiziano devi studiare per forza, ed ogni pezzo di Conoscenza te lo guadagni con fatica ed ore passate davanti al PC o sui libri, quando basterebbe un' ora nella quale ti spiegasse quello che sa. Invece no, lui quello che sa non te lo dice nemmeno sotto tortura! All’inizio reputavo odioso questo atteggiamento, poi chissà ormai sarà l’abitudine o meglio la rassegnazione ho imparato a conviverci, e vi dirò che forse ho anche imparato ad apprezzarlo in un mondo nel quale tutti soffrono di sindrome di protagonismo e vogliono a tutti i costi riversarti addosso quanto sanno non tanto per permetterti di crescere, ma molto spesso per dimostrarti che “loro” sanno. Ecco a Tiziano, purtroppo per me, non importa dimostrare nulla.

Ora vi starete chiedendo dove voglio andare a parare con questo preambolo e che ha che vedere con Lisbona, era solo per dire che quello che leggerete è il frutto di questi ami lanciati nel mare della interpretazione dei simboli e dei pesci che hanno abboccato.




Forse è solo frutto di coincidenze, o più probabilmente il fatto di essere il Presidente di un Clan come quello dei Sinclair la cui storia familiare si intreccia con quella dell’Ordine del Tempio è una sorta di Vip Pass per elementi strettamente connessi con i Templari. Nonostante due anni fa avessimo visitato il Castello de S. Jorge la statua di Alfonso il Conquistatore proprio non l’avevamo vista. Il Re portoghese Alfonso I il Conquistatore (1139-1185) infeudò i cavalieri del Tempio della regione montuosa delimitata dai corsi del Nabão, dello Zêzere e del Tago per ricompensarli del ruolo avuto nella guerra di Reconquista a partire dal 1147.
Come sappiamo il Portogallo, al pari della Scozia, dopo la soppressione dell’Ordine da parte della corona francese, accolse i Templari superstiti, gli anni in cui si svolsero i fatti appena citati mostrano una relazione con l’Ordine del Tempio già a partire dal loro periodo d’oro e le fattezze della statua sono evidente segno che Re Alfonso fosse un appartenente all’Ordine; lo possiamo vedere dall’abbigliamento, la tipica cotta da Cavaliere, e dallo scudo di foggia templare su cui fa bella mostra di se la croce patente simbolo da sempre degli appartenenti all’Ordine.

 

Non deludendo le nostre aspettative, anche la Cattedrale di Lisbona ci ha regalato momenti di crescita, avevamo già parlato di lei in un precedente articolo di questa rubrica “i luoghi della leggenda” da cui prenderemo qualche informazione giusto per ricollocare i simboli su cui ci siamo maggiormente soffermati.

Due accenni storici sono doverosi:

Nel 1150 Alfonso I il Conquistatore fece costruire, sul terreno dove sorgeva una Moschea, una sontuosa Cattedrale il cui destino e la cui architettura furono segnati da ben tre terremoti; motivo per il quale quello che ci ritroviamo ad ammirare oggi è un mosaico di architetture molto diverse motivate da azioni di restauro e di manutenzione o addirittura di ricostruzioni successive. La facciata principale di questa Cattedrale è in stile Romanico, ma contiene elementi che richiamano più lo stile Gotico di ispirazione squisitamente Francese, perché a questa facciata romanica, sono affiancati due torri campanarie gemelle, e al centro ed in altro, in corrispondenza del portale, il grande rosone circolare. Le parti più antiche restano quindi il deambulatorio ed il chiostro; perché sono le uniche rimaste integre dopo il terremoto, sono risalenti quindi all’epoca della costruzione. Il deambulatorio nascosto dietro l’abside, è costituito da nove cappelle gotiche, il chiostro del XIII secolo custodisce importanti scavi archeologici, come manufatti in pietra del VI secolo A.C., una cisterna medievale, botteghe e fondamenta islamiche. Nella cappella dei Santi Cosma e Damiano,  troviamo i sarcofagi del XIV secolo di Lopo Fernandes Pacheco, compagno d’armi di Alfonso IV, e di sua moglie Maria Villalobos, tra i migliori esempi di sarcofagi della Cattedrale e di tutta la produzione tumulare portoghese. Lopo Fernandes Pacheco fu elevato Cavaliere dallo stesso Alfonso IV, e scelse personalmente come dimora per il suo sonno eterno la Cattedrale di Lisbona in modo da poter essere sempre al fianco del Re che aveva in vita servito con onore e lealtà.


L’effige del suo sarcofago lo dimostra in quanto lo ritrae con la sua spada da Cavaliere ed un cane ai suoi piedi. Nell’antichità il cane era uno dei simboli che rappresentavano il Male solo nel Medioevo venne associato alla fedeltà.




Ma è un particolare di non poco conto che ci riporta all’Ordine del Tempio; la lunga barba di Lopo Fernandes Pacheco, infatti i Templari portavano come segno distintivo la barba lunga.



Ma un altro particolare presente sul sarcofago ha attirato l’attenzione di Tiziano; l’immagine di due cani che sembrano aver divorato un terzo animale di cui si intravede solo una zampa.

 

Tutto lascia pensare che si tratterebbe di un Gallo, che cosa potrebbe voler significare? Ad un primo e frettoloso sguardo potrebbe sembrare una scena cruenta, ma da un punto di vista simbolico, spiega Tiziano, l’atto di “Mangiare” divorando qualcosa o qualcuno ha a che vedere con l’atto stesso di appropriarsene. I cani, nel momento in cui lo mangiano si appropriano simbolicamente delle caratteristiche esoteriche rappresentate dal gallo. Le fanno letteralmente proprie.

Da sempre Il Gallo è un animale strettamente legato al Sole, di cui annuncia il sorgere. E' il simbolo della rinascita ed è un alleato delle forze benefiche e protettrici, in tal modo molto probabilmente i due animali, che sono coloro deputati a vegliare per l’eternità il Cavaliere, nutrendosi del Gallo vogliono appropriarsi delle sue caratteristiche protettrici. Sicuramente questo sarà oggetto di studi e riflessioni più approfondite una volta tornati in Italia.

Immersi in un Universo simbolico composto fa Green Man, pentalfa e sigilli di Salomone, nel chiostro una statua lignea di una Maddalena evidentemente gravida, tanto che viene chiamata la Madonna “riempita”.
 


Non poteva mancare il misterioso capitello di cui avevamo parlato nel precedente articolo, di cui riportiamo qualche frase:


Infervorata dalle allora recenti letture sulla più famosa Cappella di Rosslyn nelle vicinanze di Edimburgo edificata dai Templari, mi sembrava di aver scoperto qualcosa di eccezionale e di molto simile al mais presente nella cappella, ovviamente senza tralasciare tutto il discorso che ne consegue. Ho quindi sottoposto l’immagine ad altri per averne un parere, e con mio sommo piacere si è intavolata una lunga ed accesa discussione sui simboli; alla fine arrivammo ad un compromesso più che ad una vera e propria conclusione, poteva trattarsi di “frutti” di Agave, più precisamente assomigliava al bulbo della pianta che viene lavorato al fine di estrarne il succo. Prima che esistesse la tequila, gli aztechi mischiavano succo d’agave e sale come rimedio per diverse infezioni della pelle. Studi recenti hanno confermato che l’agave ha effettivamente molte proprietà curative, ma noi ne sfruttiamo quelle alimentari nelle diete ipoglicemiche e ipocaloriche. Il succo o sciroppo d’agave si ricava dall'agave blu (Agave Tequilana), appartenente alla famiglia delle Agavaceae, una pianta succulenta del deserto del Messico. Ha radici lunghe e numerose, fusto breve, con rosetta di foglie carnose dotate di molte fibre, se tagliate presentano una struttura gelatinosa. Nelle foglie è quasi sempre presente la spina apicale, a volte le spine compaiono anche lungo i margini. Fiorisce presentando un'alta infiorescenza ai 7-8 anni di età della pianta, che in genere alla maturazione dei frutti secca. La zona dove si registrano le migliori condizioni ambientali per la coltivazione dell’agave è l’area geografica di Jalisco, vicino a Tequila. L'agave è piantata in territori estesi, dove i contadini la fertilizzano e la nutrono per diversi anni. Dopo i primi tre anni, le cime delle foglie vengono tagliate per accelerare la crescita e farla così maturare in 8 - 11 anni, per poter ricavare il miglior succo d'agave Lo sciroppo d'Agave è prodotto dall'amido della pianta, contenuto nelle radici a bulbo simili ad ananas, e chiamate dalle popolazioni locali "cuore". Si ottiene con un processo di estrazione e concentrazione totalmente naturale. Il succo viene filtrato dalle parti solide, poi lo si fa scaldare in modo da trasformare i carboidrati (l'amido) in zuccheri (fruttosio) e poi viene concentrato fino a ottenere uno sciroppo, leggermente più fluido del miele, ma senza sapore, in grado di dolcificare il 25% in più dello zucchero bianco. 
La cosa curiosa è che effettivamente c’erano dei parallelismi con Rosslyn, infatti anche l’agave era una pianta originaria della porzione meridionale del Nord America, delle isole caraibiche, e della parte settentrionale del Centro America, con una maggiore concentrazione di varietà e diffusione nell'attuale Messico. Solo A partire dal XVIII secolo furono esportate dapprima in Europa, per motivi di studio e come piante ornamentali; successivamente furono esportate per le loro capacità produttive soprattutto in colonie di paesi europei che avessero caratteriche climatiche simili a quelle dei paesi d'origine. Come poteva essere conosciuta in Portogallo nel 1100? 
Arrivati a questo punto del racconto credo che tutti noi conosciamo la risposta.


Nella colonna della foto, di cui purtroppo non abbiamo informazioni, sembrano rappresentate le tre processioni della consacrazione del Tempio di Salomone. Ma la colonna è incompleta o fortemente danneggiata e fa parte di un gruppo di reperti in marmo bianco abbandonati in un angolo del chiostro. Sembrano far parte di un blocco unico ma non sappiamo la loro funzione ne tanto meno la collocazione originaria, sugli altri sono rappresentate scene che richiamano ad episodi del Vecchio Testamento, ma visto lo stato in cui si trovano è difficile ricostruirne il percorso di senso.

 

Interessante è anche il sarcofago abbandonato quasi rivenuto in una nicchia del chiostro accanto a tanti altri in pessimo stato conservativo, curiosa è la rappresentazione di due diversi tipi di bastoni; il primo che richiama il bastone vescovile che ha il nome di Pastorale che è simbolo dell’autorità ecclesiastica e spirituale del Vescovo. Accanto un bastone che potrebbe essere una rappresentazione simbolica del Bastone Fiorito di Aronne.

Sebbene molti sono gli spunti di riflessione emersi da questa visita e nonostante forte sia il senso di appagamento tante restano le domande che non hanno una risposta, tanti i simboli su cui lavorare ed interrogarci. Nonostante nella nostra visita abbiamo perso il senso del tempo, come conviene che accada in un luogo sacro, siamo consci di aver percorso appena pochi passi sul cammino della conoscenza.

giovedì 17 marzo 2016

Il Sommo Sacerdote Tiziano Busca ricorda la strage degli Albigesi



Il Sommo Sacerdote Tiziano Busca del Rito di York, il Rito con la Camera Tempare, ricorda la strage degli Albigesi. «La memoria si ricongiunge alla sua natura originaria e testimonia come le violenze subite dagli Uomini nel manifestare il proprio spirito non trovano nemmeno dopo 772 anni giustificazione alcuna, anzi il giudizio diviene sempre più critico e le ammissioni di errore ancor più gravi perché in tempi e modi si sono costantemente ripetute non a difesa di principio di libertà ma di difesa di un potere da nessuno concesso e gestito unicamente in nome della religione. La strage degli Albigesi del 16 marzo 1244 è il solo motivo per cui la storia ricorda il papa Innocenzo III. La più profonda e ricca conoscenza gnostica doveva essere distrutta in nome di un fanatismo dogmatico di una chiesa corrotta e timorosa degli uomini liberi».
Ricordare questo giorno ha valore particolare per il nostro corpo rituale – ha affermato Tiziano Busca - perché colloca un chiaro riferendo nella confusione, a volte voluta, tra il mondo Templare ed i Crociati. Due ambiti distinti non sovrapponibili e opposti. Nella storia catara si ritrovano quelle vicende che sono costitutive del mondo templare e che anche per questo diverrà, come per gli Albigesi,  la parte scomoda di un pensiero libero e profondo verso una dimensione di spiritualità e conoscenza. La storia ricorda e gli uomini liberi ancora oggi trovano nella ricerca di quei valori il senso di un percorso che sposta lo sguardo verso dimensioni universali per dare forza a tutto ciò che di buono e utile si manifesta per la libertà, la tolleranza, e la fratellanza».

La stella fiammeggiante e le sue origini platoniche

di Diana Bacchiaz

Nei dizionari massonici la stella fiammeggiante è il pentagramma raggiante della franco-massoneria moderna che verrà adottato solo nella seconda metà del secolo XVIII. È una stella cinque punte attorniata di raggi e con al centro la lettera G.



Prima di diventare un simbolo operativo massonico, il pentagramma era uno simboli favoriti dei pitagorici, ed era sotto il nome di Ugeia (o Ygia, dea della salute) che acquistava anche un valore terapeutico essendo il pentalfa della vita e della salute.
Nella Mitologia greca, la stella di Ygia va vista come un simbolo protettivo/preventivo, come un invito permanente a conservare la forza interiore, condizione indispensabile per mantenere uno stato di salute soddisfacente.
I pitagorici la scelgono per emblema e ne fanno il centro delle loro meditazioni. Iniziati, filosofi e geometri, i pitagorici sono i primi cercatori ed i primi teorici delle leggi generali dell’armonia. Nato a Samo nel VI secolo a.c., Pitagora fu iniziato ai misteri egizi e visse più di vent’anni nei templi faraonici accanto a sacerdoti che gli rivelarono i loro segreti.



Cinque è il primo numero che risulta dall’addizione di due e di tre cioè dei numeri primi pari e dispari. Il numero pari rappresenta il principio femminile ed il numero dispari rappresenta il principio maschile.
Tre + due rappresenta dunque il risultato dell’addizione del maschile e del femminile, la vita manifestata, la generazione, e più precisamente il prodotto ultimo della generazione: l’uomo.
Molto importante per il Fr.˙. Compagno è questo numero: cinque sono i suoi anni simbolici, cinque sono i viaggi che deve compiere durante la sua iniziazione, cinque sono i sensi che deve studiare e conoscere.
Il pentagramma ha sempre rappresentato per l’uomo antico le leggi dell’armonia essendo strettamente legato al numero che per eccellenza sublimizza questo concetto: la sezione aurea o proporzione divina, che si esprime col numero d’oro. Il numero d’oro è 1.618 (matematicamente simboleggiato da Φ) e il suo inverso 0.618 : emtrambi trovano innumerevoli applicazioni in natura. E’ un numero dalle caratteristiche eccezionali, il numero dell’armonia e della perfezione che si ritrova ovunque nella natura come nell’arte. Storicamente nasce dal pentagramma, o stella a cinque punte. Il pentagramma o pentacolo è anche uno dei simboli magici più noti dell’occidente, adottato già dai pitagorici come segno di riconoscimento degli appartenenti alla loro comunità.
Il pentagramma ha la particolarità che tutti i suoi segmenti sono una applicazione della divina proporzione, rendendolo un perfetto simbolo di sintesi dell’armonia.



                 




Per questa ragione la stella cinque punte è sempre stato il simbolo della bellezza e della perfezione associato alla dea Venere e al femminino sacro. Furono probabilmente i Babilonesi a scoprire le prime proprietà geometriche del pentagramma, studio successivamente approfondito dai pitagorici; tuttavia, fu Euclide a definire matematicamente il numero d’oro.
Inoltre, il pentagramma rappresenta l’insieme dei corpi viventi, vedi la stella di mare, i fiori di un pero, il taglio di una mela di cui si vedono i semi a stella a cinque punte, come l’uomo ha cinque dita, cinque sensi ecc.



L’uomo ha sempre cercato di imitare la perfezione della natura e non ci deve sorprendere il fatto che quasi tutte le antiche costruzioni rispettassero la divina proporzione: i pitagorici parlano di “euritmia” delle costruzioni architettoniche basate sul numero d’oro (ad esempio pensiamo all’uomo di Vitruvio di Da Vinci, alle proporzioni delle grandi piramidi di Giza, ecc.).
La stella è anche un simbolo biblico che ritroviamo sulla grotta di Betlemme per raffigurare il mistero dell’Incarnazione. Il sale della saggezza alchemica è rappresentato dalla stella a cinque braccia con al centro un cerchietto. La stella è inoltre sempre presente nella costruzione di chiese medievali, nelle ogive, nei rosoni delle vetrate.


La Stella Fiammeggiante viene posta ad Oriente sopra il trono del M.˙.V.˙.  nel tempio di secondo grado; al centro del pentagramma é presente la lettera G : l’interpretazione del significato di questa lettera ha dato vita a diverse teorie, ma la più accreditata assegna ad essa cinque significati specifici (specialmente nei rituali francesi).
Geometria: riferimento evidente ai pitagorici ed alla loro scuola iniziatica, é la scienza fondamentale per la muratoria operativa; “ma anche alla geometria interiore, che é puro lavoro spirituale, forza di ritenzione e di controllo dei desideri, della loro giusta valorizzazione e dalla corretta motivazione delle azioni, dei pensieri delle intenzioni”.
Generazione: risultato dell’unione tra il maschile e il femminile (due+tre).
Gnosi: conoscenza intesa come esperienza di contemplazione del G.˙.A.˙.D.˙.U.˙..
Genio: riferito alla scintilla divina del Creatore.
Gravitazione : le cinque braccia della stella sembrano essere emanate dal centro, che le trattiene e le direziona; quel centro che attraverso il lavoro iniziatico il massone deve ricercare e riscoprire  in se stesso.
Altri autori riferiscono il significato della lettera G alla parola inglese God (traduzione di Dio) o direttamente come G.˙.A.˙.D.˙.U.˙..
Molto é stato detto e molto altro si potrebbe dire su questo argomento, ma preferisco concludere con una frase sintetica ma molto eloquente (tratto dal libro di Prociatti):
“La Stella Fiammeggiante che appare al Compagno vincitore delle attrattive terrene è la stella del Genio Umano; ha cinque punte che corrispondono alla testa e alle quattro estremità dell’Uomo; è la Stella del Microcosmo che in Magia impersonifica il segno della Volontà Sovrana, cioè dell’irresistibile mezzo di azione dell’Iniziato”.

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Catania segreta: domani la presentazione a Castello Ursino



Per venerdì 18 marzo 2016, alle 19.30, è fissato un nuovo appuntamento del ciclo di incontri letterari di CUB - Castello Ursino Bookshop organizzati dalle blogger Matte da leggere ed Officine Culturali.

In Sala delle Armi, a Castello Ursino, verrà presentato il libro di Rosario Leonardi Catania segreta. Guida esoterica alla città, pubblicato da Tipheret nella collana Aleph.

Il libro è un saggio attraverso il quale Rosario Leonardi, affascinato da Catania pur non essendovi nato, analizza la città osservandone ogni suo particolare. Definendola una “fenice” più volte rinata in seguito alle catastrofi naturali che l’hanno colpita nel corso dei secoli, la descrive nei suoi lati più segreti. Attraversando in maniera ideale il centro storico di Catania, l’autore svela i messaggi di insospettabile derivazione iniziatica ed esoterica

Rosario Leonardi, dopo la laurea in lettere e filosofia ad indirizzo storiografico, è stato docente di lettere nella scuola media inferiore e superiore e di storia e filosofia nei licei. Dal 1987 al 1997 è stato coadiutore della cattedra di Storia dell’educazione Fisica e degli Sport alla facoltà di Scienze del Movimento di Catania. Ha pubblicato: Lezioni di Educazione Fisica e degli Sport, M. Cuccaro 1988; Storia di un insegnante a tempo indeterminato, Autorinediti 2011; Oi Esotericoi Logoi, Autorinediti 2011; Diciotto tavole massoniche, Autorinediti 2012. Ha, inoltre, curato la trilogia di poesie in lingua siciliana di Giuseppe Leonardi: La Sapienza di L’antichi (2009), Rondò (2009), Lu libbru (2010).

L’autore sarà accompagnato da Mariangela Di Stefano, blogger di Matte da Leggere..

mercoledì 16 marzo 2016

Il complesso mistero dell'uomo



“Il complesso mistero dell’uomo” è il titolo del convegno organizzato a Roma il 19 marzo dal Collegio Circoscrizionale del Lazio del Grande Oriente d’Italia presso il Teatro Vascello (Via Carini 78). L’appuntamento è alle 10,15 e sarà presente il Gran Maestro Stefano Bisi al quale è stata affidata la conclusione dei lavori. Porteranno contributi specialisti in vari rami del sapere: il genetista Giuseppe Novelli, Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata; Rosa Rago, psichiatra e psicoterapeuta; Gabriele La Porta, filosofo, scrittore e giornalista; Paolo Balmas, scrittore e studioso di cultura giapponese; Guido Ferrantelli, esponente del Grande Oriente d’Italia.

Messaggio per un'aquila che si crede un pollo



Un uovo d'aquila, messo nel nido di una chioccia si schiuse e l'aquila, cresciuta insieme ai pulcini, per tutta la vita fece quel che facevano i polli nel cortile. Un giorno vide sopra di lei un magnifico uccello: «Chi è quello?», chiese al vicino. «È l'aquila, la regina degli uccelli, ma non ci pensare. Tu ed io siamo diversi da lei». Così l'aquila non ci pensò e morì pensando di essere una gallina... (Antony De Mello)

Si riunisce a Bergamo il Capitolo La Culma



Il prossimo 22 marzo si riunirà il Capitolo La Culma di Bergamo. La tornata si svolgerà nel grado di Maestro del Marchio. All’ordine del giorno la lettura di una tavola dal tema «Il libro sacro nel grado di Maestro del Marchio».

martedì 15 marzo 2016

Tiziano Busca in Portogallo

Tiziano Busca

A Lisbona il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell'Arco Reale del Rito di York in Italia Tiziano Busca ha partecipato ai lavori della Grande Assemblea dello York portoghese. Un'attenzione per la 'politica estera' che ha contraddistinto l'operato di Busca sin dal suo insediamento.
«Nella nostra via di cercatori di senso la via della pietra ci distingue e ci arricchisce. È un percorso non facile ma vi sono luoghi dove si registra una particolare spinta alla ricerca. Lisbona è uno di questi luoghi dell'anima. È la percezione del 'fado' è l'alfabeto segreto delle pietre ma chi è pronto a ricevere la musica del segreto e della gnosi trova la chiave della elevazione e della spiritualità. La spiritualità che segna il valore del nostro essere maestri reali e che nella distinzione del nostro lavoro ci trova pronti a raccogliere e riconoscere quelle parti della maestria che diventano opere per la elevazione dell'Uomo. Il nostro tempio diviene forza ed energia di trasformazione che è strumento anche per il mondo profano. Il Gallo, simbolo del Portogallo, ci invita a vigilare e distinguere sulla strada della luce il bene dal male. In questo tempo in cui sono tanti e diffusi i malesseri e le complessità critiche del mondo sociale economico politico religioso la nostra attenzione deve essere alta e la funzione di vigilanza dei maestri reali piena di positività e ricchezza nelle proposte e nei progetti iniziatici. Non trasformiamo il nostro viaggio in superficiale osservazione ma penetrano la pietra come camminatori che raccolgono il simbolo e  lo consegnano ad un per coso di energia e di armonia. Diveniamo maestri del 'profumo' maestri di purezza. Buon lavoro e ci vediamo a Rimini alla Grande assemblea del Rito di York Italiano».